La fatale distorsione tedesca dell’Italia: è questo il titolo dell’articolo pubblicato sul Der Spiegel che ha fatto molto discutere nel Paese dell’Europa Occidentale. Sì, perché a far clamore è anche la fonte stessa in cui l’editoriale è stato riportato: non un magazine di dimensione locale, ma la rivista settimanale tedesca con la maggior tiratura in Germania. Una testata storica – uscì per la prima volta ad Hannover il 4 gennaio 1947 – di stampo liberal-progressista (come definita da Berlino Magazine) che, negli anni, non si è mai risparmiata a critiche e satira al nostro paese. Questa volta, però, l’editoriale a firma di Thomas Fricke difende a spada tratta l’operato dell’Italia durante la pandemia e, allo stesso tempo, attacca l’opinione distorta che – a suo dire – la Germania ha della nostra penisola.
L’autore, analizzando una serie di dati e studi sociologici, delinea le possibili prospettive per l’Unione Europea, non rosee se non si attueranno dei cambiamenti. E il colpevole che potrebbe mettere a repentaglio la solidità dell’UE, secondo Fricke, sarebbe la stessa Germania. In questo processo che porterebbe l’Europa a cadere, difende lo stato dello stivale dalle accuse della classe politica tedesca “la Germania ha una caricatura fatale dell’Italia” e allo stesso tempo sostiene l’opzione eurobond, argomentando che “il vero dramma dell’euro risiede nel cliché erroneo dell’Italia spendacciona. Questo non ha nulla ha che fare con la realtà e sta per disintegrare l’Europa”, come specificato nel sommario dell’articolo. “La lagna tedesca – ha incalzato – ha a che fare con la realtà della vita degli italiani quanto i crauti hanno a che vedere con le abitudini alimentari dei tedeschi”.
L’articolo, addirittura, addita ai film sulla mafia le colpe della visione distorta che si è insinuata a livello sociale. Ma poi l’autore si spinge oltre l’ambito cinematografico, andando a colpire direttamente i suoi connazionali. La causa di questa visione distorta? La gelosia. “Forse – ironizza – è semplicemente l’invidia per il fatto che l’Italia abbia un tempo migliore, un cibo migliore, più sole e più mare”. Insomma, Fricke, scherzando, prova a individuare la possibile causa scatenante che ha portato la Germania a mostrarsi agli occhi del mondo più responsabile rispetto alla nostra penisola.
Come accennato, il topic di riferimento dell’editoriale è la questione economica ai tempi del Covid-19, e in particolare l’indebitamento italiano in questi mesi di pandemia. In quest’ottica, non si può non prendere come riferimento gli eurobond: “La lite sull’eventuale partecipazione dei tedeschi agli eurobond è imbarazzante. Si fantastica sul fatto che gli italiani avrebbero dovuto risparmiare prima”. Un messaggio chiaro da parte di Fricke: “C’è una mancanza di zelo da parte della Germania nel far partire al vertice Ue di questa settimana una storica azione di salvataggio”. Per argomentare le sue uscite, l’autore ha fatto riferimento anche al passato, riportando alla memoria il post Seconda Guerra Mondiale: “Se noi tedeschi non avessimo avuto all’estero amici tanto cari che nel 1953 ci abbuonarono una parte dei nostri debiti, staremmo ancora oggi con un pesante fardello in mano. E come va a finire quando le persone devono continuare a pagare debiti nati storicamente, la Germania lo ha dimostrato alla fine della Prima Guerra Mondiale, quando alla fine il sistema si rovesciò, come da anni rischia di succedere anche in Italia”.
La difesa alla nostra penisola non si ferma, anzi, nell’editoriale si individuano le motivazioni alla base dell’emergenza economica del nostro paese: “Se lo Stato italiano in una crisi come questa finisce sotto pressione dal punto di vista finanziario, dipende – se proprio deve dipendere dagli italiani – dal fatto che il Paese ha una quota di vecchi debiti pubblici, ossia dai tempi passati. Solo che questo non riguarda la realtà della vita di oggi, ma una fase di deragliamento degli anni ’80, il che ha a sua volta a che vedere con gli interessi improvvisamente schizzati in alto”. La tesi dello Spiegel, che trova riscontro nell’analisi da loro riportata, è che quindi la colpa dell’emergenza attuale sarebbe da ricondurre agli errori commessi dalla sua classe politica di quarant’anni fa. Nelle ultime tre decadi, inoltre, fatta eccezione per il 2009, come riporta Fricke c’è stato un ulteriore indebitamento; se non ci fossero stati i tassi di interesse alle stelle che gravano sul debito da pagare annualmente, i bilanci italiani sarebbero stati ottimi.
Nell’editoriale, poi, viene puntato il dito contro chi “agisce come vate dell’economia o che lascia che ci sia spazio ai risentimenti. E di chi, per spiegare le mancanze degli altri, preferisce usare i cliché della pigrizia piuttosto che affidarsi a semplici analisi e statistiche macroeconomiche. Non è sufficiente dire il vecchio rapporto debito / PIL italiano. Se il debito pubblico italiano è risalito dopo la crisi dell’euro, non è dovuto alla mancanza di risparmio. Chi per affrontare le crisi è costretto ad aumentare le tasse finisce con il peggiorare tutto. Bisogna che questo venga spiegato chiaramente e con buona volontà anche in Germania”. Fricke auspica e chiede quindi che gli eurobond arrivino subito. Non solo: attacca alcuni economisti tedeschi, rei di non essere stati in grado di analizzare lucidamente la situazione.
Certo è che, dal nostro punto di vista, è innegabile come i tagli alla sanità dal 2010 (mentre in Germania si investiva in quest’ambito) abbiano sensibilmente contribuito ad acutizzare una criticità sanitaria già di per sé drammatica. “Non una colpa diretta della politica tedesca. Chiaro. Ma è giunto il tempo – specifica Fricke – di smetterla con insegnamenti errati”. L’editoriale si chiude con una speranza, o meglio, un appello a mettere in luce la verità affinché a capo degli stati europei non arrivino figure politiche inadeguate: “È giunto il momento di fermare questo dramma. E che lo si faccia con gli eurobond, del resto abbiamo già una valuta comune… Altrimenti l’Unione Europea non ci sarà più tra qualche anno. In Italia e in Francia al potere arriveranno persone come Donald Trump o Boris Johnson che non hanno alcun desiderio di prendere parte a questo gioco, un gioco su cui la Germania ha costruito la sua prosperità per decenni”.