Mettere in luce e porre sotto i riflettori i territori senza voce (ma con tante cose da dire) con una festa che coinvolge tutta la città di Roma: è questo, in sintesi, l’obiettivo del Festival delle Periferie di Roma, evento phygital, multidisciplinare e gratuito in programma per il 21, 22 e 23 maggio nella capitale. La rassegna è promossa dal RIF – Museo delle Periferie, che, in questa occasione, si presenterà con il network attivato nei suoi primi mesi di attività. L’iniziativa – organizzata nell’ambito di Roma Culture e con il contributo di Fondazione Charlemagne attraverso il programma Periferia Capitale – è dedicata a 360 gradi al tema della periferia romana e delle altre metropoli e, in quest’ottica, prevede programma di incontri, performance artistiche, videoarte, concerti, film, documentari, lezioni e tavole rotonde. Per l’occasione, artisti, musicisti, urbanisti, architetti, antropologi, filosofi e registi offriranno contributi e punti di vista sul tema della periferia, favorendo il dialogo tra pezzi di città che non si parlano e spesso non si conoscono, contribuendo a ricucire il tessuto urbano, rilanciando la socialità e un’idea di cultura inclusiva e partecipata.
Come riportato nella pagina Facebook dell’evento, il festival propone oltre 200 eventi e 400 personalità, studiosi e artisti coinvolti, per un totale di oltre 90 ore di contenuti in streaming presso il Teatro di Tor Bella Monaca, oltre a centinaia di eventi dai diversi luoghi della città e del mondo. “Un evento ibrido, in cui spazi fisici e digitali si fondono per restituire una grande esperienza”. Per vivere in modo dinamico e coinvolgente l’esperienza del festival, i contenuti saranno veicolati su una piattaforma multicanale interattiva dal design innovativo, attiva 24 ore su 24. Si può dunque partecipare al festival online, su https://iperfestival.it/ (accesso gratuito e senza registrazione), o in presenza (iscrivendosi) al Teatro di Tor Bella Monaca di Via Bruno Cirino 5 a Roma. “Il Festival – ha affermato Giorgio de Finis, direttore artistico e curatore del RIF – è un modo per far vedere che la periferia non è morta, non è un dormitorio, non è triste, grigia e pericolosa. È come se decidessimo di mandare un segnale luminoso nello spazio accendendo nello stesso istante tutte le realtà che quotidianamente operano nei territori attraversati dal GRA: l’effetto sarà di un grande anello luminoso intorno alla città”.
Giorgio de Finis e Saverio Teruzzi durante la conferenza stampa di presentazione del festival.
Foto di Matteo Della Porta.
Tra le numerose proposte in programma, domenica 23 maggio verrà mostrata una videointervista a Michelangelo Pistoletto, in collegamento dall’opera 100 Panchine per Roma ubicata nel sito archeologico di Gabii. Per l’occasione interverranno anche Daniela Porro, Soprintendente Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, Roberto Romanella, Presidente del Municipio VI Roma delle Torri, Alessandro Marco Gisonda, Vicepresidente e Assessore Scuola Cultura Sport Politiche Giovanili Turismo e Beni Archeologici del Municipio VI Roma delle Torri, e Francesco Saverio Teruzzi, coordinatore degli ambasciatori Rebirth/Terzo Paradiso, che presenterà l’installazione. Nel contesto del Festival, inoltre, sarà proposta una lectio di Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte, intitolata Dalla società degli automi alla società degli autori. Dalle periferie ai pericenti. Si tratta di una conversazione con Cristina Gabetti – vicepresidente Yale Club of Italy e inviata di Striscia La Notizia – sul ruolo della creatività, della curiosità, dell’impegno e dell’intento nelle dinamiche di marginalità o riappropriazione della propria vita.
La conversazione è preceduta da una lecture di Paolo Naldini sui fattori abilitanti la demopraxia: “La natura – si legge nella presentazione del talk – spinge verso diverse forme di automatismo per renderci più efficienti. Cedere eccessivamente sovranità a questo agente normativo tende però a trasformarci in automi. Ogni egemonia sociale in genere e il capitalismo neoliberista specificatamente assumono l’automatizzazione come principale strumento di controllo sociale. L’accelerazione tecnologica di quest’epoca tecnicistica porta a uno stadio ancora più profondo questa atavica pressione alla monodimensionalità, parafrasando l’uomo a una dimensione di Marcuse. Quali capacità coltivare per controbilanciare l’inasprimento soffocante di questa forza che tende a impossessarsi completamente di noi? Ci sono 4 farmaci, almeno, con cui attrezzarsi: creazione, ricerca, dialogo e impegno civico. Coltivare queste capacità apre la strada a una declinazione della vita democratica fondata sull’attivazione diretta dell’individuo nella propria comunità di pratica, ciò che chiamiamo demopraxia. Di quest’arte si cura Cittadellarte”.