Italia, ecco la lista dei cibi più contaminati importati dall’estero
La maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell'agricoltura italiana ha reso noto uno studio che ha rivelato quali sono gli alimenti con più irregolarità: tra i cibi più pericolosi per la salute - per la presenza di pesticidi - figurano i peperoncini provenienti da India e Repubblica Dominicana e le bacche di goji originarie della Cina. Vi proponiamo l'elenco completo.

Mangiare sano è una delle azioni quotidiane più importanti per salvaguardare la nostra salute: la famosa dieta varia ed equilibrata è alla base del benessere del nostro organismo. Ma ciò che risulta fondamentale non è solo il consumo di verdura e frutta a discapito di cibo spazzatura, prodotti confezionati o insaccati, ma anche la provenienza di ciò di cui ci cibiamo. Mangiare una grande quantità e varietà di ortaggi potrebbe non dare gli stessi benefici se questi sono consumati fuori stagione o arrivano da nazioni distanti dalla nostra. Il cibo locale, stagionale e naturale è sempre la soluzione migliore. Ma quando e se non è possibile fare acquisti di questo tipo, è fondamentale almeno verificare la provenienza degli alimenti leggendo con attenzione l’etichetta.
Non sono considerazioni da medico o nutrizionista, ma suggerimenti generalisti che sono l’abc di uno stile di vita sano. E queste riflessioni trovano nuovo fondamento nella Black list dei cibi più contaminati presentata dalla Coldiretti sulla base degli ultimi rapporti elaborati dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sui Residui dei Fitosanitari in Europa e dal Ministero della Salute sul ‘Controllo ufficiale sui residui dei prodotti fitosanitari degli alimenti’.

Da questa ricerca – presentata in una nota nel portale web dell’associazione – risulta che è un campione su cinque (il 20%) dei peperoncini piccanti provenienti da Repubblica Dominicana e India presentano residui chimici pericolosi, al punto da renderlo “il prodotto alimentare meno sicuro presente sulle tavole dagli italiani”, secondo Coldiretti. Un altro esempio sono le bacche di goji, note per le loro numerose proprietà benefiche, che, però, passano in secondo piano di fronte agli elevati livelli di contaminazione di quelle provenienti dalla Cina. Infine, al terzo posto di questa classifica dei pesticidi figura il riso dal Pakistan. La maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana ha inoltre specificato che nella classifica dei dieci prodotti più contaminati sono presenti anche i melograni dalla Turchia con un quasi un campione irregolare su dieci (9,1%), il tè dalla Cina, l’okra (chiamato anche gombo), il dragon fruit proveniente dall’Indonesia, i fagioli secchi provenienti dal Brasile ed i peperoni dolci e le olive da tavola provenienti dall’Egitto.

Si tratta di prodotti – ha spiegato la Coldiretti – arrivati in Italia con elevati livelli di irregolarità perché contaminati dalla presenza di insetticidi, che spesso non sono neanche più ammessi dalla legislazione nazionale ed europea, come avviene nel caso di Dicofol, Acephate, Permethrin, Chlorfenapyr, Methamidophos riscontrati nei peperoncini, del Tricyclazole nel riso dal Pakistan, del Isoprothiolane negli esotici dragon fruit e di Fenpropimorph, Procymidone, Propoxur, Methamidophos nei fagioli secchi brasiliani. Non si tratta tuttavia di casi isolati poiché dai risultati delle analisi risulta che i prodotti alimentari importati in Italia, con l’1,9% di campioni esaminati irregolari, sono ben 3 volte più pericolosi dei prodotti di origine nazionale per i quali solo lo 0,6% dei prelievi è risultato non conforme ai limiti di legge consentiti. La situazione è ancora più rischiosa per quelli di origine extracomunitaria per i quali la percentuale di irregolarità secondo l’Efsa sale al’5,8%, ben otto volte superiore ai prodotti Made in Italy”.

I consumatori, per ovviare a questa criticità, possono verificare il Paese di origine in etichetta, che in Italia è indicato per la maggioranza degli alimenti in vendita, dalla frutta alla verdura fresca, dalla pasta al riso, dalle conserve di pomodoro ai prodotti lattiero caseari, dal miele alle uova, dalla carne bovina a quella di pollo fino ai salumi. “È necessario – ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della sicurezza dei consumatori. Dietro gli alimenti italiani e stranieri in vendita sugli scaffali ci deve essere la garanzia di un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore”.


Crediti tabella: Coldiretti. Fonte: Elaborazione Coldiretti su dati Ministero della Salute ed EFSA.

Al di là della black list proposta (nell’immagine sopra), perché acquistare prodotti non sicuri provenienti da paesi lontani o ignoti? È il caso, ad esempio, del miele e dell’olio extravergine di oliva, che spesso – anche a causa di un packaging ingannevole – non sono italiani, ma “provenienti dagli stati dell’UE e non UE”. Insomma, quel prodotto potrebbe provenire da dovunque, a discapito della qualità e della sua genuinità. Il miele e l’olio sono esempi non casuali: la nostra penisola è ricca di produttori di queste eccellenze e sostenerli favorirebbe anche l’economia locale o nazionale. Basta leggere l’etichetta e fare una scelta consapevole: sarà la nostra salute la prima a guadagnarci.

 


Prima foto di copertina di Janet Burton da Pixabay
Seconda foto di copertina di Franck Barske da Pixabay.