Il Kazakistan, non appena verrà ratificata la legge, diventerà ufficialmente il 107esimo Paese stato ad aver abolito la pena di morte. La notizia è stata resa nota dopo la sottoscrizione di Kairat Umarov, Rappresentante permanente del Paese presso le Nazioni Unite, del secondo protocollo del Patto Internazionale sui diritti civili e politici. La firma di Umarov era stata in precedenza annunciata dal neopresidente kazako, Kassym Jomart Tokayev, durante il suo discorso al Dibattito Generale della 75a sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU. Alle parole sono seguiti i fatti e l’ambasciata del Paese dell’Asia centrale ha messo in luce i dettagli in una nota ufficiale, spiegando che “il documento è un riflesso delle riforme politiche effettuate in Kazakistan in materia di protezioni dei diritti dei cittadini, con lo scopo di stabilire un dialogo permanente tra il Governo e la società per la costruzione di uno Stato armonioso. Questo era uno degli aspetti chiave del messaggio del presidente Tokaev pronunciato il 2 settembre 2019, finalizzato alla graduale e ponderata trasformazione politica del Paese attraverso la realizzazione del concetto di ‘uno Stato che ascolta”. Ora tra i paesi euro-asiatici la pena di morte è praticata solo in Bielorussia.
Come riportato da Ansa, Amnesty International ha fornito un quadro della cronistoria delle uccisioni nella nazione: tra il 1990 e il 2003 sono state 536, mentre nel 2003 erano state 19 – prima dell’entrata in vigore del provvedimento presidenziale -, in calo rispetto ai due anni precedenti quando le esecuzioni tramite plotone erano state 32 e 33, mediamente una ogni quindici giorni. Gli ultimi episodi di pena capitale risalgano comunque a novembre 2003, quando furono cinque i morti con questa pratica in un solo mese. A livello globale, invece, sempre secondo i dati di Secondo Amnesty International, alla fine dell’anno 2018 si è registrato un calo del 31% nell’utilizzo della pena (690 uccisioni sono state eseguite in 20 Paesi) rispetto al 2017 (993); l’anno scorso il numero è stata registrata un’ulteriore diminuzione: 657 casi. Le statistiche in questione sono solo una stima, visto che alcune nazioni non rendono noti i numeri ufficiali.
Come riportato nel comunicato, inoltre, la firma del Secondo protocollo opzionale è la continuazione del percorso teso a restringere gradualmente il campo di applicazione della pena di morte e ad umanizzare la legislazione penale del Kazakistan. La pratica della pena di morte nella Repubblica del Kazakistan è stato completamente sospesa dal decreto del presidente della Repubblica già il 17 dicembre 2003 con l’introduzione di una specifica moratoria. “La posizione nazionale sulla pena di morte – viene specificato nel comunicato – è un criterio importante per valutare l’adempimento da parte degli stati dei loro obblighi in materia di diritti umani ai sensi della revisione periodica universale delle Nazioni Unite. La decisione del presidente Tokayev di firmare il secondo protocollo opzionale è stata presa nel quadro delle riforme politiche in corso nel paese volte a proteggere i diritti dei cittadini”.
La novità, infatti, segue la linea suggerita dall’Assemblea generale e dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, che, nelle loro risoluzioni, invitano regolarmente gli Stati membri a intraprendere azioni efficaci per abolire la pena capitale. In quest’ottica, inoltre, le esecuzioni di questo tipo sono in contrasto con la Dichiarazione dei Diritti Umani approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 a Parigi.
Le buone notizie dal Kazakhstan non si fermano qui: il governo sta affinando la legge elettorale per rafforzare i diritti delle donne e dei giovani nella partecipazione alla vita politica del paese con l’introduzione obbligatoria della quota del 30% per le donne e per i giovani sotto i 29 anni nelle liste di partiti elettorali.
L’abolizione della pena di morte potrebbe alimentare la scintilla di una rinascita sociale.