“Mal’Aria 2022”: ecco la classifica delle città più inquinate in Italia
Legambiente ha reso noto il report “Mal’aria di città. Quanto manca alle città italiane per diventare clean cities”, in cui è tracciato un bilancio sulla qualità dell’aria nella nostra penisola. I dati emersi sono allarmanti: su 102 capoluoghi di provincia analizzati nessuno rispetta i valori suggeriti dall’OMS per PM10, PM2.5 e NO2. La situazione peggiore a livello di polveri sottili è stata registrata ad Alessandria, seguita da Milano, Brescia, Lodi, Mantova, Modena e Torino.

Respirare: nel vocabolario online della Treccani, viene indicato, in un estratto, come “compiere il processo fisiologico della respirazione, riferito a organismi viventi (…); con uso estens., riferito a un luogo dove ci sia aria buona o dove si stia larghi e comodi”. In riferimento alla seconda definizione dovrebbe sorgere spontaneo lasciar spazio a un dubbio: in questo periodo storico, in Italia, stiamo davvero respirando? La risposta, al confine col metaforico, non è così scontata. Ad alimentare e a dare adito a questa suggestione volutamente iperbolizzata e provocatoria c’è il nuovo report di Legambiente Mal’aria di città. Quanto manca alle città italiane per diventare clean cities, realizzato nell’ambito della campagna Clean Cities, in cui si fa il bilancio sulla qualità dell’aria in città confrontando il valore medio annuale di PM10, PM2.5 e NO2 con i parametri suggeriti dall’OMS, ossia una media annuale inferiore a 15 microgrammi per μg/mc (metro cubo) per il PM10, 5 μg/mc per il PM2.5 e 10 μg/mc per l’N02. I risultati sono allarmanti: su 102 capoluoghi di provincia analizzati, nessuno è riuscito a rispettare tutti e tre i valori limite* suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Senza dimenticare, inoltre, che l’Italia è la prima in Europa per morti da biossido di azoto secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente. “Nonostante negli ultimi dieci anni si sia registrato un netto miglioramento della qualità dell’aria in Europa, compresa l’Italia, nelle ultime valutazioni annuali effettuate dall’EEA – sottolinea Legambiente – è emerso come l’esposizione al particolato fine causi circa 400mila morti premature all’anno nei 41 Paesi europei, di cui circa 50mila solo in Italia”. Anche la pandemia ha una profonda e ramificata ‘relazione’ con lo smog: “Il problema dell’inquinamento atmosferico – viene specificato nel report – non è un problema esclusivamente ambientale ma anche, e soprattutto, sanitario. La recente pandemia ci ha insegnato quanto importante sia la salute delle persone e quanto questa dipenda dall’ambiente che ci circonda. Ad esempio uno studio dell’Università degli Studi dell’Insubria di Varese riporta come ci siano forti correlazioni tra l’esposizione cronica ad elevati livelli di inquinamento atmosferico – e conseguente fragilità delle popolazioni – e l’aumento della sintomatologia da Covid-19”.

I dati
L’emergenza smog per quanto concerne le polveri sottili vede tristi protagoniste 17 città, che, come si evince dall’analisi effettuata dalle 238 centraline per il monitoraggio, superano i valori dell’OMS per più del doppio da quelli raccomandati. A comandare la classifica negativa, riferito al 2021, figura Alessandria (media annuale di PM10 pari a 33 µg/mc rispetto al limite OMS di 15 µg/mc), seguita da Milano (32 µg/mc), Brescia, Lodi, Mantova, Modena e Torino (tutte con 31 µg/mc). Come riportato in una nota di Legambiente, sono inoltre 11 le città più inquinate da PM2.5 che superano di oltre 4 volte i valori OMS (Cremona e Venezia con una media annuale 24 µg/mc contro un valore OMS di 5 µg/mc) e sono 13 le quelle con più biossido di azoto NO2. Tra queste ultime figurano Torino e Milano: il capoluogo lombardo nel 2021 ha registrato una media annuale di 39 µg/mc contro un valore OMS di 10 µg/mc, mentre la città di Torino 37 µg/ mc. La panoramica risulta ancora più preoccupante considerando che le città virtuose da questo punto di vista sono pochissime: rispettano i valori suggeriti dall’Oms per il PM10 solo Caltanissetta, La Spezia, L’aquila, Nuoro e Verbania); per il biossido di azoto solo Agrigento, Enna, Grosseto, Ragusa e Trapani; addirittura nessuna per il PM2.5. A Biella, invece, la situazione è la seguente: concentrazione media annuale nel 2021 di Polveri sottili (PM10 e PM2.5) e di Biossido di azoto (NO2) rispettivamente di 20, 11 e 21 µg/mc.

Le proposte
Legambiente, nell’ottica di ovviare alla criticità e ambientale accelerando la transizione ecologica, ha messo in luce nel report sette proposte/azioni chiave: ridisegnare lo spazio pubblico urbano a misura d’uomo; aumentare la dotazione del trasporto pubblico elettrico; puntare sulla Sharing mobility; fermare la commercializzazione dei veicoli a combustione interna al 2030; pensare a un piano di qualificazione energetica dell’edilizia pubblica sul fronte del riscaldamento domestico; rendere sostenibile l’ultimo miglio della distribuzione delle merci; garantire l’effettivo monitoraggio delle pratiche agricole. “Per il nostro Paese – si legge nel report – è l’ora di uscire dalla logica dell’emergenza e delle scuse che ha caratterizzato gli ultimi decenni fatti di piani, parole, promesse quasi sempre disattese e scuse per non prendere decisioni, anche impopolari, per cambiare faccia alle nostre città e abitudini alle persone. Un argomento complesso come l’inquinamento atmosferico deve essere affrontato in maniera trasversale e integrata. Le azioni da mettere in campo – ammonisce Legambiente – devono essere efficaci, incisive e durature per invertire stabilmente la rotta in una logica di miglioramento continuo. Nell’ambiente urbano i due settori che incidono maggiormente sono la mobilità e il riscaldamento domestico. Un cambio di paradigma è quanto mai necessario sicuramente a partire da questi due settori tenendo conto che il tema della decarbonizzazione per la lotta ai cambiamenti climatici e quello della transizione ecologica verso città e territori più salubri e vivibili sono indissolubilmente legati e vanno affrontati con una visione unitaria. Senza tralasciare il settore dell’agricoltura e della zootecnia che sono altrettanto cruciali in questa visione integrata. Le aree urbane, soprattutto del nord-centro Italia, sono cinte da attività agricole e allevamenti spesso intensivi che, seppur chiaramente non interne ai centri urbani, concorrono in modo rilevante alle emissioni in atmosfera”.

È possibile partecipare – con una firma cliccando qui – alla campagna di Legambiente ‘Ci siamo rotti i polmoni. No allo smog’.

 



Crediti report e statistiche: Legambiente.

* Media annuale di 15 microgrammi per metro cubo (μg/mc) per il PM10, una media di 5 μg/mc per il PM2.5 e 10 μg/mc per l’N02.