Michelangelo Pistoletto intervistato da “la Repubblica”: “L’arte è la capacità umana di creare”
Sul canale YouTube della testata giornalistica è stata pubblicata un'intervista al maestro biellese curata dalla giornalista Valentina Tosoni, proposta nel contesto del format "Testimoni". Il fondatore di Cittadellarte, nel servizio (riprese e montaggio di Gianluca Pichierri) ha messo in luce i suoi esordi d'artista, rivelando l'influenza artistica avuta dal padre, per poi soffermarsi sul Terzo Paradiso e sul ruolo della cultura nell'attuale momento storico. "L'artista - ha affermato Pistoletto - non deve pensare solo all'espressione individuale, ma usarla al massimo per eccitare la creazione come fenomeno collettivo".

L’arte è la capacità umana di creare, quindi tutti noi siamo artisti che creiamo questo mondo. Quest’ultimo, però, sta diventando pericoloso per noi stessi, quindi noi ora dobbiamo usare la nostra arte, quindi l’artificio, per avere equilibrio, armonia, pace con la natura, non più conflitto”. Ha esordito così Michelangelo Pistoletto nell’intervista a lui dedicata che la Repubblica ha pubblicato sui propri canali; il video-servizio della rubrica Testimoni, che vi proponiamo in fondo alla pagina, è stato realizzato da Valentina Tosoni, mentre le riprese e il montaggio sono stati curati da Gianluca Pichierri. “Come sono stati – così la giornalista – i suoi esordi d’artista? Che aspirazioni lo accompagnavano all’inizio?”. Il maestro biellese ha quindi proposto un focus sulla sua genesi creativa:  “Io all’inizio non sapevo che sarei diventato un artista, perché essendo figlio di un pittore mi è entrato nel sangue subito questo fenomeno. Poi pian piano, vivendo con mio padre che dipingeva e con mia madre che aveva sposato il padre per imparare a dipingere, mi sono trovato a vivere in un ambiente dell’arte come pittura. Poi, crescendo, sono diventato allievo di mio padre: mi ha insegnato il disegno, l’architettura e la pittura… quindi ho avuto una bella esperienza. Poi, lui, facendo restauro di quadri antichi, mi ha incluso nel suo laboratorio: lavorando con lui ho imparato moltissimo dell’antico. Poi mia madre mi ha iscritto in una scuola di pubblicità, perché a suo avviso rappresentava il futuro. Dunque ho imparato l’arte moderna attraverso la pubblicità. Quindi ho potuto unire la tradizione del padre al futurismo della madre, visto che la pubblicità guarda verso l’attrazione futura degli avvenimenti”.

Pistoletto, su questo tema, si è soffermato sul suo maestro: “Ho avuto la fortuna di essere allievo di Armando Testa, che era il miglior pubblicitario. Lui affermava: ‘Se volete fare pubblicità dovete conoscere molto bene l’arte moderna e quella contemporanea, perché l’arte è espressione di vivacità e quindi anche di comunicazione’. Io ho avuto subito la possibilità di sperimentare quello che Armando sosteneva. Quindi ho cominciato a lavorare nella ricerca di una mia identità”. Quest’ultima si è poi rivelata elemento chiave dell’arte di Pistoletto: “L’arte moderna – ha sottolineato – offriva all’artista la possibilità di trovare sé stesso, di esprimersi profondamente e quindi nella mia ricerca io mi sono trovato davanti a me stesso e dunque davanti all’autoritratto. Ho dovuto pensare che io esistevo in quanto mi vedevo. Quindi l’autoritratto è diventato il fil rouge del mio percorso. Nell’autoritratto c’è lo specchio, che non era più per me soltanto uno strumento, ma l’elemento vivo nel quale io mi dovevo ritrovare. Quindi, pian piano, ho trasformato la tela in una materia specchiante. I primi lavori sono stati dei fondi oro, ma l’oro non era abbastanza specchiante, ricordava le icone antiche. Era un’idea di trascendenza spirituale che però non mi accontentava: io non potevo sostituirmi a un elemento religioso, dovevo fare di me stesso un elemento umano che però arrivava a vivere qualcosa che non avevo mai vissuto nella sua complessità come è visibile nello specchio. Quello è stato il motivo per me di trasformazione della tela che è diventata pian piano specchiante. In quel momento io mi sono riprodotto, dipingendomi, guardandomi direttamente dentro allo specchio del quadro. Quindi io ero davanti, dentro e sulla superificie dell’opera. Ero trinamico”.

La giornalista ha poi posto l’accento sull’aspetto temporale: “È importante il passato, ci deve essere per poter guardare e avere una visione di futuro…
Nel mio lavoro – ha replicato Pistoletto – c’è il passato: nei quadri specchianti, l’immagine che io fisso diventa immediatamente passato. Ma se io non avessi quell’immagine che ricorda tutto quello che è stato il vissuto del tempo che ha permesso di rappresentare attraverso le immagini, la scrittura e le parole tutto quello che c’è stato, noi non sapremmo dove e chi siamo e non avremmo un’idea di cosa possiamo fare per il futuro. Ecco che il quadro specchiante ha tutto questo concetto di memoria insieme al divenire. La memoria sta anche nell’immagine che io fisso: oggi siamo tutti col telefonino in mano per cercare di lasciare la nostra memoria. Il quadro specchiante è un selfie ante litteram: tu sei dentro all’opera e l’opera riflette tutto quello che ti sta intorno”. Il maestro biellese si è poi soffermato sul Terzo Paradiso specificando l’importanza sociale del simbolo trinamico: “Gli esseri umani generano conflitto tra loro senza rendersi conto che esiste sempre una dualità, un confronto che deve essere portato a una creazione equilibrata e armonica, oppure… è guerra”.

A questo proposito, Valentina Tosoni a domandato a Pistoletto quali sentimenti provasse alla luce del conflitto russo-ucraino. “La guerra che stiamo vivendo – ha affermato Pistoletto – è politica, economica, culturale. Per pensare a un Terzo Paradiso bisogna partire dalla cultura, da un pensiero che poi guida le azioni. Il conflitto porta dei benefici a una parte o all’altra; dovrebbe essere la massima espressione della propria capacità di dare il meglio, ma l’altro non dovrebbe essere il nemico, ma l’amico che collabora a portare avanti una condizione di società comune. Come nel football, per esempio: io faccio la mia azione portando la palla verso un mio obiettivo, do il meglio di me. L’altro non è il nemico, è l’amico che serve per fare il gioco, ma darà il meglio di sé. La partita deve essere un match dove c’è sempre un vincitore, ma quello che conta è dare il meglio per essere umanamente al massimo della nostra espressione, che non deve portare all’uccisione dell’altro, altrimenti manca l’amico per far la partita”. La giornalista ha concluso chiedendo al maestro cosa possono fare l’arte e la cultura in un periodo così complesso: “L’arte può fare quello che sto facendo io con Cittadellarte, ovvero non pensare solo all’espressione individuale, ma usarla al massimo per eccitare la creazione come fenomeno collettivo”.