Innestare una sensibilizzazione sociale e porre sotto i riflettori mediatici il tema dello spreco attraverso la diffusione di nuovi dati dell’Osservatorio Waste Watcher International: è questo uno degli obiettivi cardine della Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, istituita nel 2014 dalla campagna Spreco Zero di Last Minute Market* col Ministero dell’Ambiente e col Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna per iniziativa dell’agroeconomista Andrea Segrè, coordinatore del PINPAS – Piano Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare del Ministero dell’Ambiente. Anche quest’anno si celebrerà l’appuntamento, con una serie di eventi ufficiali promossi sulla scia della campagna Spreco Zero di Last Minute Market con il patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica e di RAI per il sociale. Uno degli appuntamenti più rilevanti organizzati per la nona edizione della giornata – che ricorre come sempre il 5 febbraio – si terrà a Roma oggi, venerdì 4 febbraio, nello Spazio Europa presso la sede della Rappresentanza Permanente della Commissione Europea (via IV Novembre, 149): un incontro che sarà dedicato alla prevenzione e alla riduzione degli sprechi come elemento chiave a presidio della salute dell’uomo e dell’ambiente. Per l’occasione si terrà la presentazione del nuovo report dell’Osservatorio Waste Watcher International con i dati del Caso Italia 2022, un’indagine promossa dalla campagna Spreco Zero in sinergia con l’Università di Bologna e IPSOS, dedicata come sempre allo spreco alimentare e alle abitudini di fruizione e gestione del cibo.
Non solo, saranno messe in luce alcune best practice di enti pubblici, imprese, scuole e cittadini attraverso un monitoraggio “che spazia – si legge sul sito di Spreco Zero – dalla dimensione domestica a quella dei sistemi di produzione che devono garantire un basso impatto ambientale e il rispetto della biodiversità”. Non per caso, il tema/slogan scelto per la giornata di quest’anno è One health, one earth. Stop food waste e si riferirà, nei suoi obiettivi e contenuti, all’Agenda 2030. “Studiare l’evoluzione dei comportamenti dei cittadini in rapporto agli sprechi – ha affermato Andrea Segrè in una nota sul sito di Spreco Zero – permette di tracciare un monitoraggio sugli stili di vita e di alimentazione, evidenziando le implicazioni in tema di salute dei cittadini e dell’ambiente, insieme agli effetti della pandemia sui comportamenti di consumo e sugli sprechi. L’analisi dei dati è quindi essenziale in chiave di sensibilizzazione per lo sviluppo sostenibile e la prevenzione degli sprechi”.
Spreco Zero ha inoltre fornito una panoramica sui focus della Giornata basandosi, come accennato, sul report Il caso Italia di Waste Watcher International 2021: “Si spreca ancora, ma decisamente meno. L’indagine 2021 registra lo spreco di 27 kg di cibo a testa (529 grammi a settimana), quindi l’11,78% in meno (3,6 kg) rispetto all’anno precedente. Oltre 222.000 tonnellate di cibo si sono ‘salvate’ dallo spreco in Italia (per la precisione, 222.125 tonnellate). Vale 6 miliardi e 403 milioni € lo spreco alimentare domestico nazionale, e sfiora il costo di 10 miliardi € l’intera filiera dello spreco del cibo in Italia, sommando le perdite in campo e lo spreco nel commercio e distribuzione che ammontano a 3.284.280.114 €”. I numeri sono chiari: significa che sono andate sprecate, in Italia, 1.661.107 tonnellate di cibo in casa e 3.624.973 tonnellate se si includono le perdite e gli sprechi di filiera. Nonostante questi dati, otto italiani su 10, inoltre, hanno dichiarato di non sprecare quasi mai il cibo, o meno di una volta alla settimana. “Quando capita – viene concluso nella nota – è sempre la frutta fresca al top della nefasta ‘hit parade’ degli sprechi (37%), seguita da verdura fresca (28,1%), cipolle aglio e tuberi (5%), da insalata (21%) e dal pane fresco (21%). Colpisce comunque l’attenzione degli italiani al tema: l’85%, quindi una percentuale quasi plebiscitaria, chiede di rendere obbligatorie per legge le donazioni di cibo ritirato dalla vendita da parte di supermercati e aziende ad associazioni che si occupano di persone bisognose, in seguito all’aumento della povertà generato dalla pandemia””.