I tifoni devastano le Filippine
È allarme nel Paese del Sudest asiatico: dopo il passaggio dei tifoni Molave e Goni, Vamco - il terzo nell'arco di sole due settimane - si è abbattuto sull’isola di Luzon. Circa 50mila persone hanno evacuato le proprie abitazioni e le vittime continuano ad aumentare.

Una tragedia che sembra non avere fine. Un’avversità dopo l’altra, che sopraggiunge inesorabile, lasciando una scia di vittime, dispersi e danni. Le Filippine sono in ginocchio, dopo l’arrivo di tre tifoni in soli 15 giorni. Il Paese è in una zona geograficamente delicata ed è colpito da una media di 20 tempeste e tifoni all’anno, ma nonostante la calamità naturale fosse un’emergenza già affrontata, l’allarme Covid-19 ha complicato le azioni preventive per fronteggiare l’avversità meteorologica. Il primo tifone, denominato Molave, ha colpito le coste dell’arcipelago filippino e il Vietnam due settimane fa, diventando causa di decine di vittime e dispersi e oltre un milione di sfollati sparsi in diversi centri di evacuazione. Il 25 ottobre le piogge incessanti e intense hanno hanno allagato villaggi e terreni coltivati, interrotto la fornitura di energia elettrica e distrutto innumerevoli abitazioni.

Il peggio, però, doveva ancora arrivare: un secondo tifone, Goni, si è abbattuto sulle Filippine, considerato il più potente dell’anno e ritenuto il più forte dopo Haiyan, che nel novembre di sette anni fa causò oltre 6300 morti e 4 milioni di sfollati. Ha toccato terra in tre punti del Paese, colpendo inizialmente l’isola di Catanduanes il primo novembre, con venti a 215 km/h e raffiche fino a 295 Km/h e piogge torrenziali. Non ha risparmiato nemmeno la zona metropolitana della capitale Manila, dove il governo è stato costretto a chiudere scuole (alcune diventate strutture di emergenza), attività commerciali e l’aeroporto. Persino i centri di evacuazione, che venivano utilizzati come rifugi provvisori per i malati di Coronavirus, sono stati evacuati. Le vittime, questa volta, sarebbero una ventina e i danni alle infrastrutture (strade, ponti, ospedali ed edifici pubblici), alle case sono gravi, così come tutta l’attività produttiva della nazione; da considerare, infatti, che attualmente sono numerose le aree allagate, irraggiungibili, senza elettricità o segnale telefonico. In quest’ottica la Caritas Italiana, che già aveva aiutato il Paese del Sudest asiatico in occasione della tragedia del 2013, ha reso nota una raccolta fondi lanciata dalla Conferenza Episcopale Filippina, per portare aiuti di emergenza in tutto il paese.

Si arriva poi a due giorni fa, con il terzo – e si spera ultimo – tifone, Vamco (denominato Ulisses dagli enti meteorologici locali) che è addirittura la 21ma perturbazione ciclonica a colpire le Filippine dall’inizio del 2020. Abbattutosi sull’isola di Luzon e quella di Catanduanes, ha già causato una vittima (e si sono perse le tracce di altre tre persone). Si sono registrati venti di 155 chilometri orari che hanno sollevato onde alte quasi 10 metri e folate sino a 255 chilometri orari, che hanno devastato la provincia di Quezon, a sud della capitale Manila, per tre volte a partire da mercoledì. Circa 50mila persone, residenti sulla zona che ha attraversato del tifone, sono state costrette a lasciare le loro abitazioni, secondo le indicazioni del portavoce regionale della Protezione civile, Gremil Alexis Naz. Ora il pericolo Vamco riguarderà il Vietnam, come riportato da 3B Meteo, dove è atteso un nuovo landfall sul finire della settimana.

 


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