La Convenzione ONU sulla Diversità Biologica definisce la biodiversità come la varietà e variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono ed include la diversità a livello genetico, di specie e di ecosistemi. È quindi evidente l’importanza che la sua tutela debba ricoprire a livello ambientale e non. Eppure, in Italia, si trova in una situazione critica, nonostante la nostra penisola rappresenti un contesto unico per la ricchezza e varietà di specie: lo rivela il WWF con il dossier La biodiversità in Italia: status e minacce*, elaborato sulla base del report dell’Agenzia Europea dell’Ambiente. Lo studio mette in luce una serie di dati preoccupanti: ad esempio, oltre il 50% delle specie protette dalle Direttive Natura sono in cattivo stato di conservazione, un numero che sale all’89% per gli habitat tutelati. Il rapporto ha evidenziato quali sono le cause e le minacce alla base dell’emergenza, ovvero l’agricoltura, che mette a rischio ben il 68% degli habitat tutelati, lo sviluppo di infrastrutture e gli effetti sempre più drammatici dei cambiamenti climatici. “Il risultato è una natura spezzettata – si legge in una nota del WWF – come tanti pezzi preziosi di un puzzle che fa fatica a ricomporsi e che non riesce a rendere, nel suo insieme, quel servizio ecosistemico che solo la connessione tra gli elementi può garantire. L’assedio alla natura non ci permette di raggiungere gli obiettivi di conservazione previsti per il 2020. Eppure la biodiversità, ovvero la ricchezza e la varietà delle specie che vivono ed interagiscono in un dato territorio, è fondamentale per la nostra esistenza: l’ossigeno che respiriamo, il cibo che mangiamo, e addirittura molti medicinali derivano dalla natura”.
L’analisi fornisce ulteriori dati significativi: il 52% delle 570 specie di fauna italiana protette dalla Direttiva Habitat mostrano uno stato di conservazione inadeguato o sfavorevole, che raggiunge il 55% per gli invertebrati di interesse comunitario, il 64% per gli anfibi e l’80% per i pesci, molti dei quali presentano anche trend di popolazione in diminuzione. Anche a livello di habitat i numeri non sono positivi: l’86% degli Habitat in Direttiva hanno uno stato di conservazione inadeguato (47%) o sfavorevole (39%), con percentuali particolarmente preoccupanti per gli habitat dunali (71%). Il WWF ha riportato anche gli esempi delle specie in condizioni più critiche, come la lince, quasi scomparsa dalla nostra penisola, o il cervo italico, pressoché estinto in natura e sopravvissuto solo nel gran bosco della Mesola. Si registrano, fortunatamente, anche segnali positivi: l’aquila di Bonelli – conosciuta come aquila fasciata – era minacciata dalla caccia illegale, ma grazie al rafforzamento della sorveglianza dei nidi in progetti europei appare finalmente in ripresa, così come la lontra e la tartaruga marina ‘Caretta caretta’.
“Occorre cambiare passo – ha dichiarato Marco Galaverni, direttore scientifico WWF Italia – nella nostra capacità di conservare gli ecosistemi e le specie di casa nostra, vera base nascosta della nostra sopravvivenza e delle nostre economie. È evidente che in questi 10 anni non si è fatto abbastanza, ma investimenti seri in conservazione e ripristino degli ecosistemi degradati, finalmente possibili dedicando una quota adeguata del recovery fund, rilanciando le ambizioni della nuova Strategia Europea per la Biodiversità, possono invertire questi trend e restituirci un valore di gran lunga superiore. La crisi climatica è solo l’altra faccia della crisi biologica che stiamo vivendo: solo risolvendo entrambe potremo garantirci un futuro di prosperità. Non possiamo più ignorare questi temi perché non abbiamo più tempo, dobbiamo agire subito”.