A Cittadellarte la mostra fotografica “Corpimigranti”, quando si documenta il fenomeno migratorio con una prospettiva inedita
Le Sale Auliche della Fondazione Pistoletto ospitano l'iniziativa che verrà inaugurata venerdì 5 aprile. L'esposizione propone una serie di scatti che mettono in luce il dietro le quinte della gestione della morte e dei corpi dei migranti deceduti in mare.

Cittadellarte ospita una mostra che pone sotto i riflettori la cruda realtà che sta dietro al fenomeno migratorio, dinamica ormai tristemente ricorrente nel Mediterraneo. Una questione al centro dei riflettori mediatici, che, quotidianamente, mettono in luce tragedie che colpiscono persone di tutte le età, indistintamente. Una anormalità divenuta quasi normale, che non sempre tocca i cuori di chi viene a conoscenza delle disgrazie che avvengono nei mari. Possono sembrare episodi distanti, ‘sfortunate vicende’ che non riguardano l’interesse sociale. Non è così. Si tratta di morti, ingiuste. Sono storie di persone che cercano una nuova vita, ma, invece che giungere a un’agognata rinascita, vengono colpiti da un tragico destino.

Cosa accade, però, se non ci si limita a sentire una notizia in un telegiornale ma si scopre, con i propri occhi, la cruda realtà attraverso le fotografie? È possibile originare una scintilla di sensibilità? Gli scatti del fotografo Max Hirzel, autore della mostra Corpimigranti, documentano un angolo poco indagato del fenomeno migratorio: la gestione della morte e dei corpi dei migranti deceduti in mare e recuperati, sepolture, lavori di identificazione, il lutto impossibile da affrontare delle famiglie dei dispersi. Con una prospettiva inusuale, la mostra propone fotografie lontane da ciò che l’immaginario collettivo è abituato a vedere o a immaginare. L’esposizione consente di guardare al tema con altri occhi, aggirando l’attuale dicotomia dei ‘pro’ e dei ‘contro’ del fenomono migratorio, sempre più abusata maschera socio-politica.

È su queste tematiche che verte la mostra Corpimigranti, in programma a Cittadellarte dal 5 al 28 aprile. Venerdì si alzerà il sipario sull’esposizione, con l’inaugurazione presso lo spazio Hydro che prenderà il via con un incontro –  intitolato Tra realtà e percezione della realtà: l’immigrazione, da una prospettiva inusuale – che vedrà protagonista il fotografo Max Hirzel. Dopo il confronto con l’autore delle immagini, seguirà un rinfresco e la visita guidata. La mostra è già stata proposta a livello internazionale, facendo tappa in Francia, Spagna, Germania e, in Italia, a Ragusa, Palermo, Ventimiglia; dopo Biella, inoltre, l’esposizione sarà proposta a Londra. L’appuntamento artistico in questione è stato organizzato da Arci Biella e Associazione Thomas Sankara, in collaborazione con Hydro e Tavolo Migranti.

Ai nostri microfoni è intervenuto l’autore: “Ho provato – spiega Max Hirzela documentare il fenomeno migratorio con immagini che avessero un senso per me. Il tentativo, anche professionale, è stato di cercare un angolo buio di ciò che sta segnando la nostra epoca, in grado anche di fissarne in qualche modo l’essenza, o almeno uno degli aspetti essenziali. Sulla morte di queste persone, di norma, i media si fermano all’annuncio dell’ennesimo naufragio, notizia a cui siamo assuefatti, non si riesce più a vedere cosa significhi. Con questi scatti ho provato ad andare a vedere cosa c’è oltre, a restituire almeno attenzione a queste persone”.

L’autore di Corpimigranti, infatti, ha svelato il dietro le quinte delle tragedie del Mediterraneo, con una raccolta di foto che mostrano, ad esempio, il percorso di identificazione dei corpi, il lavoro dei medici legali e dei becchini, i cimiteri con vittime senza nome. “Nel 2015 – continua il fotografo – ho iniziato fotografando i cimiteri, volevo vedere come erano sepolti, quanti avessero un nome o quanti solo un numero. Da lì alle procedure di identificazione, ho constatato che le prassi erano e sono diverse, non esistono protocolli specifici per gestire una simile anomalia. Non ho poi fatto altro che seguire le storie delle persone che ho incrociato nel percorso; tutti coloro che hanno a che fare con questi giovani corpi, siano medici legali, addetti delle Procure o becchini, hanno una prospettiva unica su questa realtà, inimmaginabile per chi non la vive. L’ispirazione per questo lavoro è arrivata dopo un confronto con un ragazzo del Camerun, qualche anno prima a Bamako, quando mi confidò il suo timore di finire sepolto in un cimitero lontano, senza che i suoi cari potessero piangerlo”.


Didascalia foto, una delle immagini in mostra (crediti Max Hirzel): nell’hangar della base Nato di Melilli, due addetti ai servizi funebri assemblano le parti di zinco di alcune bare, in cui vengono depositati i corpi subito dopo essere stati esaminati nelle tende autoptiche. Si tratta delle vittime del naufragio del 18 Aprile 2015.

Max Hirzel continua focalizzandosi su alcune delle sue prime immagini di questa ricerca artistica: “All’inizio, nei cimiteri siciliani, è stato strano fotografare qualcosa di così fermo, non ero abituato a immortalare l’immobilità e l’assenza di vita. Le prime sono state scattate al camposanto di Pianogatta ad Agrigento, dove sono sepolte molte vittime del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, in occasione del quale persero la vita più 368 persone. Qualche settimana dopo, grazie a una ricerca condotta dall’Università VU di Amsterdam, sono riuscito ad accedere ai dati della Procura relativi a questi corpi. In particolare, una mi è rimasta impressa perché è stata la prima di cui ho letto i dati: la ‘numero 63’, una ragazza subsahriana – di cui non si sa il nome – di circa 25 anni, 75 chili, alta 1.70 metri, morta per annegamento. Queste informazioni sul corpo della giovane donna mi hanno dato idea della sua fisicità, me l’hanno fatta immaginare. È stato emozionante scrivere la sua didascalia”.

L’autore di Corpimigranti prosegue soffermandosi su un’altra tragedia che ha documento: “Il 18 aprile 2015 si è verificato il più grande naufragio del Mediterraneo, con quasi 800 morti. Un anno dopo, la Marina Militare ha recuperato l’imbarcazione per dare un nome ai corpi senza vita, era a 370 metri di profondità. Con il coordinamento del LABANOF – Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università di Milano, sono partiti i lavori di identificazione delle 458 vittime che giacevano nella stiva, ci sono voluti 5 mesi e il lavoro di medici legali di tutta Italia. Ho potuto documentare parte di questo enorme lavoro, eseguito nella base NATO di Melilli: i corpi passavano da un grande camion refrigerato della Corce Rossa alle tende autoptiche, quindi nelle bare. Ci furono delle polemiche al tempo, qualcuno diceva che fosse un lavoro inutile perché nessuno cercava questi corpi. Mi sono quindi recato in Senegal, dove, anche per circostanze fortuite, ho rintracciato una famiglia il cui ragazzo era con tutta probabilità proprio su quel barcone. Ho considerato concluso lì il mio lavoro, il cerchio si era in qualche modo chiuso”.

Qual è stato il feedback che ha avuto dai visitatori della mostra? “Gli spettatori – conclude Max Hirzelsono rimasti sempre colpiti dalle immagini proposte, forse perché mostrano un lato diverso da quanto si è fin troppo abituati a vedere. La mostra, quindi, si è rivelata un lavoro che si presta per riflettere sul tema dei migranti. Forse perché la morte, la sepoltura, l’elaborazione del lutto portano a immedesimarsi, sono dinamiche che toccano tutti”.


La mostra – che proporrà 36 foto in 30 pannelli – sarà aperta dal 05 al 28 aprile. Orari: giorni feriali 17-20, festivi 15-20; chiusa i lunedì. Indirizzo Cittadellarte: via Serralunga 27, Biella.
Didascalia foto di copertina, una delle immagini in mostra (crediti Max Max Hirzel): Ginevra Malta, tecnico d’autopsia, nella zona rossa della base Nato di Melilli, equipaggiata per l’analisi identificava delle vittime del naufragio del 18 Aprile 2015.