“Voglio creare bravi cittadini. Se un bambino ascolta buona musica dal giorno della sua nascita ed impara a suonarla da solo, allora svilupperà sensibilità, disciplina e pazienza. Ed otterrà uno splendido cuore”: parole di Shiniki Suzuki (1898-1998), musicista che ha ideato e perfezionato in anni di studio e esperienza sul campo il metodo Suzuki. Il violinista giapponese approfondì le sue conoscenze sul tema venendo a contatto con la cultura musicale europea e con le nuove idee sull’educazione di Maria Montessori e Jean Piaget e, tornato in Giappone, ebbe la sua grande intuizione, che è alla base della metodologia Suzuki: così come tutti i bambini imparano a parlare la loro madre lingua, allo stesso modo avrebbero potuto imparare a suonare uno strumento attraverso il principio dell’imitazione.
Il processo artistico e formativo a cui faceva riferimento si costruisce creando un ambiente musicale favorevole nella prima infanzia, fase in cui avviene l’ascolto dei brani di repertorio che, in seguito, andranno cantati e poi suonati. Come si articola? Attraverso tanti giochi e attraverso la paziente e continua ripetizione da parte dei più piccoli viene superata una difficoltà tecnica alla volta. Si arriva così a suonare il primo brano del repertorio, che il bambino già conosce per averlo cantato e ascoltato dalla registrazione di riferimento; in questo modo si impara in primo luogo a suonare lo strumento e successivamente a leggere la musica, esattamente come avviene in natura per il parlare e il leggere.
Il metodo Suzuki ha quindi come caratteristica essenziale il fatto di non proporsi unicamente come percorso finalizzato allo studio di uno strumento musicale, ma come percorso educativo più generale. Attraverso la musica e la pratica strumentale, infatti, il bambino può sviluppare la propria personalità in maniera armonica e completa: ogni persona è il prodotto del suo specifico ambiente e si considera il talento non come qualcosa di innato, ma come una capacità intrinseca che può essere ampliata in ogni essere umano.
Cittadellarte, a partire dal 2008, propone il corso di violino nei suoi spazi (tutti i dettagli in un nostro precedente articolo). L’iniziativa, nel tempo, ha visto la partecipazione di numerosi bambini, formati da docenti esperti del metodo Suzuki. Dopo anni di attività, è arrivato il momento della prima diplomata: Margherita Biollino (nella foto di copertina da bambina e ora), che, dopo quasi 13 anni di corsi, è arrivata alla fine del suo percorso musicale del metodo Suzuki. Il primo riconoscimento importante è arrivato il 10 marzo con l’esecuzione di un programma da concerto davanti a una commissione esaminatrice. Per ripercorrere la storia della musicista, Anais Drago, che ha affiancato la docente del corso Liana Mosca, ha intervistato la sua alunna. Vi proponiamo il loro confronto.
Cosa ti ha portato ad avvicinarti allo studio del violino e in particolare al metodo Suzuki?
Ero una bimba di quasi 5 anni quando a Biella nacque, presso la Fondazione Pistoletto, la scuola Suzuki. Iniziai quasi per gioco le lezioni di musica propedeutica, di teoria e solfeggio e dello strumento vero e proprio, ho fin da subito suonato anche in un’orchestra d’archi di bambini e ragazzi nel Canavese. Ho dedicato tanto tempo sia allo studio individuale sia con gli insegnanti, anche per preparare saggi e concerti; è stato a volte un sacrificio, ma in generale un piacere e divertimento che mi ha dato grandi soddisfazioni.
Se dovessi raccontare un aneddoto/momento/avvenimento particolarmente significativo legato alla tua esperienza di questi anni nel mondo Suzuki quale sarebbe?
Di momenti significativi e memorabili ne ho vissuti tanti, ma forse i più particolari sono stati i viaggi organizzati da varie associazioni Suzuki in Europa, in cui si riuniscono allievi Suzuki da tutto il mondo. Sono esperienze speciali di socializzazione, di condivisione della stessa passione, di crescita sia personale sia musicale, che danno l’opportunità di studiare con insegnanti di livello internazionale. Forse tra tutti l’evento più emozionante è stato il concerto con altri mille ragazzi al ‘tempio’ della musica mondiale: la Royal Albert Hall di Londra!
Quale ruolo hanno avuto la musica e il tuo strumento in questo anno difficile di pandemia?
Per fortuna, a differenza di altre attività e passioni, la musica si può coltivare e praticare quasi in qualsiasi momento e quindi è sicuramente una compagna di vita. Durante questo anno di pandemia ho infatti potuto continuare a studiare e fare videolezioni; mi è mancato però tantissimo non poter suonare con altri compagni e amici e in orchestra, insieme ad altri strumenti.
Quali sono i tuoi sogni e progetti per il futuro?
Per il momento non ho ancora progetti ben definiti legati alla musica. Tuttavia so per certo che non la abbandonerò mai e spero di migliorare sempre e di avere nuove occasioni per fare altre esperienze indimenticabili!
“Siamo molto orgogliose – hanno aggiunto Liana e Anais – che Margherita abbia raggiunto questo traguardo. Speriamo possa essere il primo di una serie di successi nella sua vita, a prescindere dal percorso che intenderà seguire dopo il liceo”.