“Qualcosa ci sta sognando”, un talk performativo di Manuela Gandini ad Accademia Unidee
Martedì 18 aprile, alle ore 18.30 nell'Aula 3 dell'Accademia Unidee della Fondazione Pistoletto a Biella, si terrà una lezione performativa di Manuela Gandini, docente della NABA e ambasciatrice Rebirth/Terzo Paradiso. “Qualcosa ci sta sognando” è un’incursione nella dark zone della nostra storia attraverso gli occhi spenti di figure grigie come Joseph Goebbels e di vulcaniche artiste e artisti tra i quali Leonora Carrington, a Maria Lai, Marina Abramovic, Alejandro Jodorowsky, Bo Zheng, Guy Debord, Joseph Beuys, Michelangelo Pistoletto e Bartolina Xixa.

Un’immersione nell’arte e nella vita dell’Europa dal 1929 al 2023, un viaggio nel tempo tra i falsi dèi del Novecento, gli spettri del Nazismo, le visioni surrealiste e contemporanee: sono queste, in sintesi, alcune delle tematiche chiave del talk performativo Qualcosa ci sta sognando, ideato e interpretato da Manuela Gandini. La lezione performativa della docente NABA e ambasciatrice Rebirth/Terzo Paradiso, in programma nell’Aula 3 dell’Accademia Unidee, in via Serralunga 27 a Biella, attraversa la magia nera del potere omologatore e il misticismo visionario dell’arte, i rituali, il crollo dei monumenti e i nuovi miti sino a giungere a una presunta, quanto improbabile, attuale ‘morte dell’arte’ o ‘nascita’ di una visione alternativa all’esclusività antropometrica. Il viaggio, concepito come lettura scenica, parte da due diverse città: Monaco di Baviera e Parigi. “È il 1929 – si legge nella nota stampa dedicata – e un’inquietante nebbiolina fende la luna. A Monaco, Eva Braun si spazzola i capelli sognando di diventare una diva, a Parigi Luis Buñuel, nel film ‘Un Chain Andalous’ affila un rasoio pronto a tagliare l’occhio di una donna aperto sul secolo breve. Il Novecento è una camera oscura dentro la quale sorgono le mura di Auschwitz, il fungo atomico, l’LSD, le solarizzazioni di Man Ray, il 68, la pecora Dolly, la morte dei Kennedy e la massificazione della Coca Cola e di Marilyn. Da un lato, i totalitarismi impongono ordine, propaganda, obbedienza, morte, alimentando la banalità del male. Dall’altro, una danza androgina nei territori leggeri e densi del Surrealismo, tramuta la tragedia in arte con potenti rituali volti a celebrare la vita al di là del bene e del male. Il racconto dell’amore bruciante, tossico e morboso di Eva Braun per il Führer si vaporizza il giorno del loro suicidio, in corrispondenza della profanazione simbolica, da parte di Lee Miller, dell’appartamento di Hitler”. La lezione si pone quindi come un’incursione nella dark zone della nostra storia attraverso gli occhi spenti di figure grigie come Joseph Goebbels e di vulcaniche artiste e artisti tra i quali Leonora CarringtonMaria Lai, Marina Abramovic, Alejandro Jodorowsky, Bo Zheng, Guy Debord, Joseph Beuys, Michelangelo Pistoletto e Bartolina Xixa.

Manuela, partiamo dal nome della lezione, Qualcosa ci sta sognando, che ribalta la visione onirica individuale. A cosa si riferisce il titolo?
Quando è nato il talk non c’era ancora il titolo che si è auto-generato in seguito. Nella nostra travagliata e pericolosa epoca mi è parso di essere viva in un grande teatro planetario o – come direbbe Jack Kerouac – nel “sogno vuoto dell’universo”. E mi sono chiesta: siamo dunque personaggi di un sogno fatto da qualcosa anziché qualcuno? E se così fosse, abbiamo la capacità di cambiarne la trama? Dove ci stiamo dirigendo tutti insieme e perché? Così ho tratto il titolo da una frase di Alejandro Jodorowsky e dalle credenze degli aborigeni australiani che affermano che il mondo è stato sognato dagli antenati e che ogni singolo oggetto sulla terra – dal ruscello, al serpente, alla montagna, al kalashnikov – è oggetto di un sogno. Così come ogni circostanza scaturisce da un sogno.

Una svastica tra le onde gialle, un paio di scarpe galleggianti, tu artista/capitano di una vasca da bagno che diventa imbarcazione. La locandina offre un’anticipazione simbolica dei contenuti del talk. Puoi illustrare il significo tessendo la rete di input forniti dall’immagine?
No, non posso. Il rischio è di spoilerare il talk. Dirò soltanto che Giuditta Zorzi, la grafica che cura tutti gli inviti, dopo aver assistito al primo talk a novembre scorso alla Galleria Artra a Milano, ha interpretato alla perfezione l’esistenza di due poli concettuali che emergono dalle acque gialle della storia, con un’interprete al centro. Si tratta di due oggetti antitetici che, nel talk, diventano pilastri narrativi. Curiosamente, potremmo anche collegare gli elementi – la svastica, gli anfibi e la narratrice nella vasca da bagno – alle parti del Terzo Paradiso. E, con la matita rossa, potrei tracciare direttrici di una mappa ancora inesistente tra l’oscurità e la luce. “Qualcosa ci sta sognando” è un percorso nel buio per vedere, comprendere le nostre responsabilità, trasformare il sogno e uscire a riveder le stelle. È una lezione, una performance, ma anche un rito di purificazione. 

Proporrai un viaggio tra politica e arte toccando alcune delle drammaticità degli ultimi 100 anni avvalendoti dello sguardo e della voce dell’arte. Perché l’incursione nella dark zone della nostra storia che curerai prenderà forma attraverso gli occhi artiste e artisti? Come articolerai la narrazione?
La lettura che può fornire l’arte non è mai didascalica. Non procede per schemi rigidi e interpretazioni inamovibili che incarnano le logiche ufficiali. L’arte spazia e produce squarci di realtà inaspettati e inimmaginabili. Genera ossigeno laddove la mente ha saturato ogni possibilità di emancipazione, aiuta a comprendere l’animo umano come i personaggi di Dostoevskij. In più, il nostro Paese da tre anni ha confinato o addirittura eliminato gran parte della produzione artistica dagli organi di informazione, privilegiando una narrazione emergenziale che non lasciava scampo. È stato svalorizzato il pensiero critico e la creatività. Se il sistema tecnocratico tende a sopprimere il pensiero soggettivo in favore di una visione omologata e meccanicista, l’arte è un corpo estraneo che si svincola da ogni costrizione pur nella consapevolezza della realtà. L’arte comunica attraverso altri canali rispetto a quelli ordinari. Così ritengo urgente mostrare, con la mia performance, il valore salvifico, universale e vitale del quale l’arte è portatrice anche nelle circostanze più critiche.

Quale obiettivo ti poni con il tuo talk, anche in riferimento al target di pubblico? È prevista, in quest’ottica, la partecipazione degli studenti della NABA e di Accademia Unidee, che ha organizzato l’incontro con te…
Se prima ho parlato della lettura della storia attraverso l’arte, ora ribalto il concetto e parlo della lettura dell’arte attraverso la storia. Come hanno interpretato gli artisti gli eventi della dark zone del ‘900? L’Olocausto, la marchiatura di Arte Degenerata e la crudeltà mentale di una società scivolata nel peggiore degli incubi possibili? Senza conoscenza non c’è futuro ma solo schiavitù. L’arte è come lo specchio di Michelangelo Pistoletto, ti sbatte in faccia la verità e, per sua stessa costituzione, non può mentire. Se pensavamo di esserci liberati dalla falsa coscienza dei nazionalismi e dall’ideologia macabra della superiorità della razza, dovremo rivedere le nostre convinzioni. Hannah Arendt ha profeticamente affermato che dopo il Nazismo e il Comunismo sarebbe sorto un nuovo tipo di totalitarismo tecnocratico e burocratico.  

La lettura scenica che proporrai partirà da Monaco di Baviera e Parigi, ma lo sfondo attivo dell’evento sarà Biella: l’incontro si svolgerà nella Sala 3 dell’Accademia Unidee della Fondazione Pistoletto. Che valore ha per il talk e per te, anche nelle tue vesti di ambasciatrice Rebirth/Terzo Paradiso, tenere l’incontro a Cittadellarte?
Portare in viaggio il pubblico partendo da Monaco e da Parigi, nel 1929, è come entrare nella macchina del tempo attivando suoni, immagini e parole. Cittadellarte è un luogo e un’opera allo stesso tempo. È l’incarnazione dell’autonomia dell’arte rispetto alle istituzioni e alla burocrazia ed è una rampa di lancio per un nuovo sogno nel quale le energie di ciascuno si possano liberare verso l’edificazione di una società buona. È un’utopia? Forse. Ma se la dimensione del pericolo epocale atomico e ambientale crea un senso di impotenza, dobbiamo mirare a un urgente risveglio della coscienza collettiva attraverso la spiritualità dell’arte, della politica e dell’economia. Solo cambiando tutti insieme il sogno che incombe sinistramente su di noi, potremmo arginare la rovinosa caduta narrata dai media e assurgere a una dimensione di auspicata felicità. Sono grata a Cittadellarte, a Michelangelo e Maria, agli ambasciatori e ai membri di tutti gli staff, per tutto quello che ogni giorno rimettono concretamente in moto.