“Copas para Cuba”, quando la sostenibilità passa anche dalle coppette mestruali
L'ambasciata Rebirth/Terzo Paradiso di Cuba - nella figure di Laura Salas Redondo e Mavis De La Colina insieme ad altri membri - ha lanciato un'iniziativa inclusiva ed etica nel contesto dello Stato insulare nell'America Centrale che mira ad abbattere barriere sociali sull'intimità femminile a partire da un progetto incentrato sulle coppette mestruali. 

Cuba continua a tingersi di sostenibilità ispirandosi al Terzo Paradiso e all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. L’ambasciata Rebirth locale, infatti, continua a proporre e sviluppare progettualità tese a innestare una sensibilizzazione sociale su temi quali etica, inclusività e riciclo creativo. In quest’ottica, in un nostro precedente articolo, avevamo messo in luce le peculiarità de La Mina, iniziativa dedicata al riuso della plastica che si era aggiudicata il bando Habana CreActiva con la Delegazione dell’Unione Europea a Cuba, teso a individuare e promuovere idee improntate alla sostenibilità nel territorio cubano. Il progetto, infatti, verte sulla pratica del riciclo, attraverso specifici macchinari e una strumentazione ad hoc e un processo che coinvolge le comunità locali e i soggetti più fragili a livello economico e sociale. A questo proposito, l’ambasciata Rebirth continua il suo impegno ambientale, questa volta con un progetto contro lo spreco a tinte femminili: il riferimento è a Copas para Cuba, che prevede un processo informativo e di diffusione per favorire e incentivare l’utilizzo di coppette mestruali al posto degli assorbenti, più impattanti a livello ambientale. “Grazie a un’operazione di crowdfunding – hanno spiegato Laura Salas Redondo e Mavis De La Colina, che curano il progetto – abbiamo acquistato circa 2mila coppette mestruali dalla Germania, tutte in silicone medico tedesco. L’obiettivo non è solo far conoscere questo prodotto alle persone, ma accompagnarle in un percorso intimo e introspettivo”. In quest’ottica, vengono organizzati workshop in diverse località per “dialogare – hanno aggiunto – sul nostro corpo, sulle mestruazioni e sul cambiamento climatico, perché anche questi temi possono essere collegati tra loro”.


È stata data importanza anche ai contenitori delle coppette: realizzati da un’artista cubana, sono esteticamente diversi tra loro e creati con materiali di riciclo. Non solo, a ogni persona che riceve la coppa mestruale viene consegnato un foglietto illustrativo realizzato con carta riciclata – o un qr code – che spiega nel dettaglio come utilizzare il prodotto. Come specificato da Laura e Mavis, il processo di conoscenza non è semplice: “È complesso – hanno sottolineato – affrontare argomenti così personali con estranei, ma nei nostri incontri, che organizziamo sempre con poche persone per consentire più intimità, i risultati sono sorprendenti: dopo una timidezza iniziale, i partecipanti riescono ad aprirsi e si crea empatia fra loro. Diamo poi molto peso anche al linguaggio da utilizzare per poter essere sempre rispettosi”. In questi confronti, infatti, gli organizzatori non si limitano a spiegare come utilizzare a livello logistico le coppette o a illustrarne i benefici ambientali rispetto agli assorbenti, ma generano un dialogo collettivo tra i presenti su temi spesso considerati tabù. L’inclusività, inoltre, passa poi da un gruppo eterogeneo di persone coinvolte: l’ambasciata Rebirth/Terzo Paradiso sta proponendo i workshop inclusivi anche a scuole o a soggetti con disabilità, come i non udenti. “Abbiamo scoperto – hanno affermato – che la parola ‘coppetta’ nel linguaggio dei segni spagnolo non esiste. Questo fa comprendere quanta strada si debba ancora percorrere”. Negli ultimi mesi il progetto è andato avanti e sono centinaia le persone che hanno deciso di utilizzare la coppetta mestruale. “Copas para Cuba – hanno concluso Mavis e Laura – non è solo una nostra iniziativa, ma è un progetto di tutti e per tutti. Anche in quest’ottica, lavoreremo per tessere una rete sempre più fitta di collaborazioni affinché possa svilupparsi sempre più, anche perché a Cuba le coppette, oltre a essere costose, non sono ancora abbastanza diffuse”.


Di seguito l’infografica del progetto.