Roma, si celebra il Rebirth Day con la performance “Visualizzazione di un angelo”
Nel pomeriggio odierno - 21 dicembre - presso la Torre degli Annibaldi della capitale, si terrà un'azione artistica di Barbara Lalle nell'ambito del Rebirth Day a cura di Michela Becchis, Edoardo Marcenaro e Roberta Melasecca, questi ultimi Ambasciatori Rebirth/Terzo Paradiso. Vi proponiamo un'analisi della performance dei tre curatori.

Oggi, mercoledì 21 dicembre, alle ore 16.00, giorno del solstizio d’inverno, per il Rebirth Day 2022 la Torre degli Annibaldi, sede dell’ANTA Associazione Nazionale per la Tutela dell’Ambiente, ospiterà Visualizzazione di un angelo. Si tratta di una performance di Barbara Lalle a cura di Michela Becchis e degli ambasciatori Rebirth/Terzo Paradiso Edoardo Marcenaro e Roberta Melasecca. Un dietro le quinte non casuale: l’ANTA Associazione Nazionale per la Tutela dell’Ambiente mira alla promozione del miglioramento della qualità della vita, dell’esistenza e del benessere dell’uomo attraverso la conservazione, la salvaguardia, l’espansione, il miglioramento e la tutela dell’ecosistema, dell’habitat naturale. Non mancano dunque le affinità con il Terzo Paradiso e con il Rebirth Day, evento promosso da Cittadellarte che celebra la Giornata della rinascita, nella quale cui ognuno è invitato ad assume l’impegno a collaborare ad una responsabile trasformazione della società nel mondo.

La performance – analisi di Edoardo Marcenaro
Una giacca a vento rotta da cui escono piume bianche. Quando Barbara mi racconta come da un semplice oggetto nasce l’idea della sua performance Visualizzazione di un angelo, penso alle parole di Chesterton: “La ragione per cui gli angeli sanno volare è che si prendono con leggerezza”. Di questi tempi quanto abbiamo bisogno dell’empatia immediata di persone come Barbara, che ci invitino a prenderci con leggerezza per affrontare una quotidianità ogni giorno più pesante? Un primo riscontro possiamo averlo dalla attenzione che viene oggi prestata alla sfera personale nel mondo del lavoro, con la promozione di valori che fino a ieri erano considerati disvalori. Un esempio? Dedicarsi ad “altro” veniva visto come “distrazione”, mancanza di dedizione alla propria sfera professionale, senza capire come “altro” in realtà apportasse un notevole miglioramento non solo sul piano motivazionale e relazionale, ma soprattutto alle capacità creative e innovative di ciascuno di noi. Oggi l’”altro” viene finalmente valorizzato e reso parte integrante del nostro lavoro: chi ha una passione, sportiva o culturale che sia, viene invitato a condividerla per vivere un momento di spensieratezza […]. Ma forse oggi anche un po’ di vaghezza e abbandono al caso ci potrebbero aiutare, mentre osserviamo le piume che Barbara lancia dall’alto di una terrazza, in parte fuoriuscite da quella giacca a vento rotta, in parte da lei realizzate su carta bianca con la scritta di alcune parole”.

La performance – analisi di Michela Becchis
Forme rivelatrici da lanciare dall’alto di una torre”. Nel 1969 fu questo il sottotitolo scelto da tre straordinari visionari per una performance chiamata Visualizzazione dell’aria. I tre visionari erano Bruno Munari, Ugo Mulas e Luciano Caramel. Per l’occasione, Munari costruì uno dei suoi fantastici “progetti” che altro non erano che strisce di carta tagliate in modi diversi e poi lanciati da una torre di Como e tra i punti fondamentali del minuzioso progetto c’erano la lettera E “provate anche a fare altre forme”, la lettera F “Ancora (poiché le precedenti non andavano bene), la lettera G “Queste sì”. In realtà, si progettava l’aria, anzi si progettava la possibilità di ogni persona di vedere nel modo che preferiva che scherzi riesce a fare l’aria. Barbara Lalle ricordava, per cura non per anagrafico, questa fiabesca performance e pensando un po’ a quelle striscioline di carta che si doveva provare a fare in altre forme ha pensato che la trasmissione della libertà da artista ad artista è la più preziosa visualizzazione a cui si può assistere. Quasi come riuscire a vedere un angelo. Ma di quale angelo racconterà mai Lalle? Quale angelo dovremmo vedere? Nella tragedia greca l’ànghelos racconta quello che non si vedrà in scena o perché è accaduto troppo tempo prima o perché è troppo terribile da mostrare, da replicare in un’azione fosse anche simbolica. E in effetti come si potrebbe vedere la trasmissione della visionarietà se non ci fossero le piume? Già perché l’angelo che si dovrebbe vedere c’è, vola sulla performance e racconta di fatti che da un lato sono ormai una sequenza temporale assai lunga e dall’altro sono inenarrabili sul posto e non certo perché, in questo caso, sono troppo terribili, ma perché hanno la stessa sostanza dell’aria.

Che pure tutto è meno che vuoto. Nel suo straordinario “Estetica dei visionari”, Henri Focillon, li descrive come quegli artisti “Che ci aiutano a vedere nell’immaginazione un potere di trasfigurazione, che cerca e crea spontaneamente la propria tecnica”. Il grande storico dell’arte insegna cioè ad artiste, artisti e a coloro che li guardano che la visionarietà che ci aiuta a vedere, vedere di più, vedere meglio, vedere più lontano, si trasmette, quasi si dona. “Il fenomeno non è puro: c’è osservazione, ricostruzione, […] evocazione e incastro di immagini” e continua che tutto questo segna “Un punto di partenza per evocazioni che al di là dello spazio e del tempo risvegliano nel suo genio (dell’artista visionario) e dentro di noi i più rari accordi”. Ecco cosa ci racconta questo angelo che versa generoso piume e pensieri! Ci racconta che bisogna avere fiducia nelle visioni dell’arte, quelle che non abbiamo visto, ma che sono parte integrante della storia, e quelle a cui assistiamo, che delle prime sono evocazione e osservazione, ma che poi ne diventano successivo spalancamento verso nuove idee e nuove percezioni del tempo e dello spazio, della poesia e delle emozioni. E noi a guardare dapprima stupiti, inquieti e poi assai più lucidi. L’angelo ci ha raccontato una storia cominciata fuori da noi, fuori da Barbara Lalle e poi continuata tramite lei e chi guarderà il suo lavoro. Trovando assolutamente plausibile e rassicurante la possibilità di vedere con nettezza tanto l’aria quanto gli angeli.

La performance – analisi di Roberta Melasecca
Ed è proprio tale tradizione, lunga 4000 anni, che ha generato una verità depositata ormai nell’inconscio collettivo: gli angeli sono, ormai, archetipi culturali. Ne sono testimonianza anche i molteplici brani musicali contemporanei, sia italiani e sia stranieri, nei quali l’angelo, spesso, è simbolo di una tensione continuativa verso l’infinito e il metafisico. “Torneranno gli angeli / A sfiorarci l’anima / L’allegria / Saprà tenerci per la mano”, canta Fiorella Mannoia: gli angeli sono l’immagine di una felicità, di un “amore” ritrovato, di un’anima libera dalle reti del quotidiano, impongono la riscoperta di una interiorità dimenticata o tralasciata. Fatti di una natura costitutiva amorosa, per ritornare alle immagini dantesche, gli angeli scompaginano il nostro sistema di pensiero e ci obbligano a ripensare i meccanismi relazionali alla luce di una intima e vivifica energia che può essere ricondotta ai due elementi della triade classica, l’agape (ἀγάπη) – amore disinteressato e spirituale – e la philia (ϕιλία) – sentimento di affezione scambievole che determina il legame sociale. E così l’azione performativa di Barbara Lalle è un gesto semplice: visualizzare chi ormai appartiene al nostro immaginario collettivo, rivelandone i segni all’interno della consistenza dell’aria. Cercando una corrispondenza con la performance di Bruno Munari, Far Vedere L’Aria, parte dell’evento Campo Urbano del 21 settembre 1969 a Como, l’artista ci offre una duplice lettura attraverso un paradigma dialogico. È l’invito alla ricerca di una spiritualità diffusa, alla riscoperta di un rinnovato esperienziale collettivo ma anche il desiderio di intercettare, con la discesa fluttuante, qualcosa o qualcuno che ci protegga, ci guidi e ci ami in mondo incondizionato. Un sentimento di speranza anima la performance, una consapevolezza, una necessità di orientare il percorso della vita e raccoglierne gli aspetti salvifici e liberatori. Ma come nella tradizione cristiana la resurrezione è il risultato di un percorso dal buio alla luce, dalla morte alla vita, l’identificazione con gli angeli è qui determinata da un passaggio attraverso le strettoie e le vicissitudini non sempre felici dell’esistenza. Allora le piume appariranno i resti, quel che rimane del dolore, e nel processo di riconoscimento si scoprirà che ogni essere è angelo di se stesso, caduto dal cielo, rialzato a terra, in mutua relazione con l’altro.