Stiamo cercando la cornice per capire il quadro.
La tecnologia della rete, l’analisi dei dati del computer, la velocità di informazione, la mole di scoperte ottenuta dall’umanità si offrono contemporaneamente alla scuola come possibilità, ma da dove partire?
Questa ampiezza e vastità può spaventare, ma non deve paralizzarci. Possiamo davvero fare la differenza e trasformare la scuola per renderla maggiormente adeguata alle necessità dei bambini per il presente e il prossimo futuro.
Gli artisti da questa crisi sono già passati e possono offrire un’altra prospettiva.
Con il Novecento l’artista ha riposizionato il proprio lavoro facendo un lavoro di autoanalisi che lo ha portato a prendere direzioni verso luoghi diversi da quelli consueti dell’arte. Ha iniziato a incontrare le altre persone direttamente uscendo dai circoli e dalle classi (sociali), ha scelto di praticare anche fuori dalle strutture adatte, i musei, le gallerie. Privo di certezze ha messo in discussione innanzitutto la propria figura, la propria impronta. Ecco cosa ci sarà utile nel prossimo futuro (o nel presente immediato): la capacità di andare autenticamente incontro ai bambini, per scoprire con loro i talenti che germinano e lavorano irrequieti, per consentire a ciascuno di ascoltare la propria voce e così sintonizzare quella vocazione con le necessità del suo tempo.
L’arte è uscita dalla cornice del quadro. Anche l’apprendimento può farlo contaminando scuola e comunità educante.
Il libro di testo scolastico, fino all’altro mese, è stato la cornice che faceva il quadro.
Attraverso il manuale la prospettiva dell’apprendimento è disegnata in modo chiaro. Una prospettiva riproducibile nello spazio (le varie classi) e nel tempo (un anno dopo l’altro), una sorta di pilota automatico che non prevede imprevisti né variazioni possibili: se queste si presentano non sono da imputare alla verità – assoluta – del libro, ma solo alla difficoltà – relativa – di qualche bambino di adeguarsi ad essa. Se c’è un libro, c’è un tavolo per appoggiarlo, c’è una sedia per sedersi e una lavagna per scrivere una spiegazione ulteriore: l’insegnante può certamente saltare delle pagine, ma di fatto rimane una direzione segnata. Quel libro unico per tutti legittima un modo di fare scuola, una visione del mondo basata su un progresso inarrestabile e in accelerazione continua: “Dai primitivi ai giorni nostri”.
Non c’è crisi, non c’è possibilità di confutare.
Abbiamo dato una teoria della relatività a tempo e spazio, ora dobbiamo portarla dentro la scuola. Per farlo è necessario uscire dalla direzione assegnata, provare altre strade, favorire altri incontri. Abbiamo una possibilità in questi giorni: la ‘vacanza’, ovvero il vuoto che si è creato, può aiutare a rimetterci in gioco. L’occasione è di approfondire altre strade, ricercando una ruolo diverso come docenti, una nuova posizione.
In questi giorni la cornice a disposizione degli insegnanti è la tecnologia. Le piattaforme su cui poter lavorare con la didattica a distanza sono infatti dei contenitori vuoti, sono un fantastico ‘niente’ pronto a contenere qualunque cosa. Scelta la forma della cornice è necessario però andare oltre e concentrarsi anche sul “cosa” e sul ‘come’.
Allora iniziamo a immaginare alternative diverse dal libro unico per tutti, pensiamo ad esempio a chi già adotta biblioteche di libri a scuola costruite con quanto si sarebbe speso per comprare a tutti lo stesso testo, pensiamo alla possibilità di offrire abbonamenti agli audiolibri per i bambini, pensiamo a costruire i nostri libri di testo in classe e a condividerli con altre classi, trasformandoli così da dispositivi assoluti in strumenti di costruzione del sapere.
Sfruttiamo questo tempo fuori quadro per sperimentare le nostre intelligenze plurime, la nostra creatività: tornare alla cornice di sempre non sarà difficile, ma forse non ne sentiremo più il bisogno.