In origine, o quasi, fu la parola: breve storia incompleta del fare scuola #1
Ruggero Poi inizia, con questo episodio, un ciclo di articoli sul tema della scuola: in questo primo testo esordisce focalizzandosi sulla nascita della parola ("senza di essa non avremmo costruito le civiltà e le tecnologie avanzate") e sullo sviluppo del linguaggio, individuandone i collegamenti con l'ambito formativo e politico. "Se vogliamo riformare la nostra società - ha spiegato il direttore dell'Ufficio Ambienti d'Apprendimento e Scuole di Cittadellarte - vale la pena ripartire dai fondamentali".

Dallo spulciarsi al pettegolezzo

“Il linguaggio parlato è un soffio che può raggiungere solo orecchi per cui gli uomini, fin dalla più remota antichità, hanno cercato altri mezzi per trasmettere più lontano i loro pensieri e per fissare le loro rimembranze. L’invenzione dell’alfabeto non ha solo semplificato, ma anche organizzato la scrittura, perché ha collegato direttamente il linguaggio scritto con quello parlato e ne ha fatto un completamento di esso”.
M. Montessori, psicogrammatica, Franco Angeli, Milano 2017

Se pensiamo alla scuola, almeno a quella prima dell’epidemia di Covid-19, troviamo un insegnante intento a parlare a un gruppo di studenti più giovani seduti in silenzio, più o meno composti e concentrati ad ascoltarlo dietro al loro banco. Sebbene si stiano sviluppando con sempre più convinzione delle alternative, l’impostazione frontale è di gran lunga la più diffusa.

Vorrei approfondire meglio cosa spinse alla nascita della parola e allo sviluppo del linguaggio, e come questo sia legato alla scuola, all’idea del futuro e alla politica.
Se vogliamo infatti riformare la nostra società vale la pena ripartire dai fondamentali.

Non avendo sviluppato ancora un linguaggio verbale, il contatto, l’esempio pratico e l’imitazione sarebbero stati l’elemento dominante della formazione di bambini e ragazzi.

Quale motivo portò alla nascita della parola e perché l’essere umano iniziò a trasmettere ad altri la conoscenza potendola conservare per sé come vantaggio sugli altri?

A rendere potente la cultura è stato il mezzo di trasmissione per eccellenza: l’uso della parola. Senza di essa non avremmo costruito le civiltà e le tecnologie avanzate che oggi consentono la comunicazione da una parte all’altra del pianeta senza alcun spostamento.
La parola è pensiero, lo sostanzia e l’organizza.
Se cerchiamo l’organizzazione che trasmette la regola culturale della parola troviamo in primis la famiglia e appena dopo la scuola, designata alla trasmissione del ‘codice proprietario’ della nazione d’appartenenza.

Come per la scoperta del fuoco, la parola fu una vampata illuminante per la nostra cultura. E il cambio fu così epocale da cambiare la natura stessa dell’umanità.
L’uomo creò il linguaggio, distinguendosi per sempre dagli altri animali, e così imboccò il cammino che strutturò la civiltà attraverso, famiglie, villaggio, gruppi… con lingue e codici propri, che determinarono confini fisici e valoriali.
All’inizio della parola fu allora quella che potrei chiamare la metamorfosi (o più ironicamente la ‘muta’) dell’animale biologico in animale culturale.

Oggi ci troviamo a un altro passaggio epocale: il codice scritto della parola, quel valore così ben espresso nell’immagine degli scriba egiziani che compilano a gambe intrecciate tavolette d’argilla, si è fatto binario, digitale e fondamentale per la costruzione di algoritmi che interrogano il mondo. In tutto questo quale posto ha la scuola?
Proverò ad andare a ritroso nel tempo per capire meglio quale potrebbe essere l’evoluzione futura.

Fine prima puntata


Didascalia immagine di copertina: Michelangelo Pistoletto, Autoritratto, 2019.