Come curerai?
“... Poiché tutti possono in un modo o nell’altro, ciascuno nella sua sfera e secondo le sue forze, contribuire in qualche misura a questa buona opera”. Scrisse così il nostro padre fondatore Henry Dunant, nel testo che ha fatto nascere quello che poi sarà definito l’umanitarismo moderno, la famosa ‘buona opera’, che ormai ha quasi due secoli, e che oggi si trova in un momento di nuova trasformazione. Tutto nacque da una grande crisi, da un momento buio della storia, quello di una mattanza conseguente alla battaglia di Solferino: dal vuoto della morte al calore della speranza.
La tragedia svela in quel contesto il meglio dell’essere umano, il suo potenziale più alto, un momento emblematico che fa scaturire quella nuova umanità, che dall’io e il tu, divisi e contrapposti, porta al noi, il senso più alto e bello del termine. Questa nuova umanità è stata individuata, raffigurata e promossa dal maestro Pistoletto e da Cittadellarte ed è molto vicina al volontariato della Croce Rossa. La crisi e la guerra sanciscono infatti i suoi principi ispiratori e iniziano una mobilitazione internazionale a sostegno e cura di qualunque vulnerabilità senza discriminazione alcuna. Noi abbiamo curato e curiamo così, guidati da un faro che non si spegnerà mai, quello di valori che sono decisamente accostabili alla ricerca di un Terzo Paradiso, l’ultimo dei sogni, come cantano i Subsonica.
Ma come cureremo domani, dopo questo nuovo punto di rottura, dopo l’aggressione di un virus maledetto che ha segnato un prima e un dopo nella storia e nella coscienza collettiva e individuale?
La Croce Rossa, mai come oggi, si è ritrovata a vivere circostanze accostabili a quelle delle sue origini, a fronteggiare quella che ho definito la ‘Solferino contemporanea’, nella quale il soccorritore ha agito in costante rischio, colpito in prima persona da quanto accadeva, eppure obbligato ad essere se stesso, operativo, sempre lucido.
E ognuno di noi ha superato lo choc iniziale e l’incredulità di trovarsi nel bel mezzo di una pandemia globale e, in cuor suo, sa che questa fase sarà studiata dalle generazioni future, che si domanderanno quale angoscia abbiamo vissuto, quale senso di precarietà e di fragilità abbiano dominato questo 2020. E sappiamo che siamo di fronte a un nuovo capitolo della storia umana: in questa ‘Solferino contemporanea’ ognuno di noi ha dovuto guardarsi allo specchio e decidere di fare la differenza.
È nata così la nostra nuova rivoluzione, quella del ‘tempo della gentilezza’, fatta di azioni collettive in stretta connessione con la società civile, base per una rete di una nuova umanità che considera tutti i risvolti delle attuali vulnerabilità. Basti pensare alle migliaia di adesioni del cosiddetto volontariato temporaneo… il noi fatto ad azione. E mi torna ancora una volta in mente il nostro padre fondatore, che nelle sue ultime volontà chiese di essere sepolto in una fossa comune. E vi spiego il motivo di questa richiesta: lui affermò come l’uomo fosse irrilevante e insignificante davanti alle proprie idee. Ecco, il futuro della cura e della cultura è proprio in questo noi.