Cinquanta piastrelle, ciascuna di 40 x 40 cm, nelle quali sono presenti bassorilievi che mettono in luce la storia di Chieri: è stata realizzata così la rappresentazione del Terzo Paradiso inaugurata domenica scorsa nel comune torinese, nel contesto del “Festival internazionale dei beni comuni”. Come scritto in un nostro precedente articolo, le mattonelle hanno composto l’opera di 13 x 6,9 metri ispirata al segno-simbolo di Michelangelo Pistoletto e, attraverso le immagini disegnate, si fanno voce della memoria sociale e culturale del paese. Il 1 luglio, in occasione della presentazione dell’opera, erano presenti le autorità cittadine e Alberto Guggino, ambasciatore Rebirth/Terzo Paradiso. Numerosi gli enti e le associazioni locali che si sono resi protagonisti del dietro le quinte che ha portato alla realizzazione dell’installazione: Comune di Chieri, Servizinrete (nella figura di Marco Sapino), Istituto Superiore Vittone, Scuola Secondaria Oscar Levi, Munlab di Cambiano, Fornace Ballatore (che ha donato l’argilla), Associazione Altri Modi (che ha collaborato nella posa) e Alfonso Nigro Ceramista di Poirino (che ha cotto le piastrelle). Un elenco dal quale si evince la varietà di sodalizi e realtà che hanno dato il proprio contributo e hanno reso ancora più “ricca” l’opera. È stato quindi un Terzo Paradiso “a più mani”: dai migranti ai volontari, dagli insegnanti agli impiegati o amministratori comunali, dai bambini fino agli studenti delle superiori.
Tra le realtà che hanno dato il proprio contributo, oltre all’ambasciata Rebirth, spicca Servizinrete: si tratta di una realtà che svolge laboratori per scuole e centri estivi, crea opere di arredo urbano per i comuni e promuove integrazione ed inclusività. Anche nell’installazione del Terzo Paradiso non è mancata una forte impronta sociale, con l’integrazione al centro. Ai nostri microfoni l’educatrice di Servizi in Rete Elena Perizzolo ha spiegato le oper-azioni che si sono celate dietro la realizzazione della nuova opera inaugurata domenica scorsa, soffermandosi sul contributo dato dai migranti per la realizzazione dell’opera: “È una collaborazione forse insolita, ma molto stimolante per tutti. Viviamo in una società dove si crede che esistano tante categorie di persone, ognuna divisa e diversa dalle altre: disabili e migranti sono da molti ritenuti un peso, perché bisognosi di aiuto. In realtà, invece, sono risorse gli uni per gli altri e per la collettività intera. L’aiuto concreto dei migranti nella posa del Terzo Paradiso è il fatto più evidente, ma in questa esperienza c’è un grande valore aggiunto: è stato un incontro ‘vero’ tra persone, storie di vita e culture diverse avvenuto proprio grazie al fare insieme, che ha permesso di sperimentare le diversità come ricchezza. Abbiamo constatato che il parlare lingue diverse può non essere un problema, perché è possibile comprendersi non solo attraverso il linguaggio verbale. Durante i lavori, infatti, ci sono stati momenti di interazione molto belli, fatti di sguardi curiosi e piccoli gesti di aiuto.
Tutti – continua l’educatrice – sono stati messi nella condizione di essere soggetti attivi ed è avvenuto, così, uno scambio di esperienze. Questa partecipazione al ben-essere collettivo e ai servizi può quindi diventare un laboratorio per l’inclusione. Le necessità di chi vive una condizione di diversità e sofferenza sono anche i bisogni di tanti, di tutti: il desiderio di non essere solo, di condividere, di avere compagnia. Viviamo in una società di individualismi e interessi planetari che possono venir frenati solo dalla partecipazione di tutti. La qualità della vita dipende anche da come viviamo i luoghi che abitiamo, dove abitare è relazione, condividere un posto con altri e fare insieme diverse esperienze. La realizzazione del Terzo Paradiso è stata quindi un’ esperienza di inclusione dove l’arte ha permesso di superare le barriere più pericolose: quelle mentali, che la paura della diversità crea”.