“È un’occasione per parlare di cultura e cittadinanza attiva, come se fossimo ai tavoli del Rebirth Forum” con queste parole Saverio Teruzzi ha presentato il nuovo ciclo di interviste proposte nell’ambito di 10 tavoli per 100 panchine e del progetto 100 panchine per Roma. Si tratta, come riportato in un nostro precedente articolo, di un progetto partecipato, socialmente utile e a basso impatto ambientale, che prevede l’installazione di cento panchine di plastica riciclata in differenti aree di Roma; ricordiamo, a questo proposito, che fino al 30 aprile è possibile effettuare una donazione – di almeno 10 euro – per le panchine collettive tramite la campagna di crowdfunding su Produzioni dal Basso. Con la serie di interventi, Saverio dà voce a vari attori del contesto romano impegnati nel Rebirth Forum di Roma e nel relativo cantiere di lavoro. Dopo le prime due puntate – che hanno visto come protagonisti il curatore del Museo delle Periferie Giorgio de Finis e l’ambasciatrice Rebirth/Terzo Paradiso e fondatrice delle start-up M’AMA.SEEDS e Slow Flow Alessia Montani – vi proponiamo la terza intervista. È intervenuta, in questa occasione, Giulia Ananìa, scrittrice, cantautrice e paroliera.
Perché investire in cultura?
Perché è soltanto cercando la poesia e la felicità che si fa rivoluzione e si cambia. Bisogna investire in cultura perché costa poco e restituisce tanto nel futuro. Anche noi che facciamo cultura dobbiamo cambiare i nostri palcoscenici, distribuirli ovunque, trasformare anche una panchina in un palcoscenico. Bisogna investiamo in cultura, non in ‘cul-tura’.
Quale sarà il ruolo della poesia nel 2030?
Forse lo stesso che ha sempre avuto fin dai tempi lontani, dalla preistoria a Saffo. Quello che anche se non ce lo meritiamo ci salverà. Anche nel 2030 alla poesia toccherà tenerci la testa mentre vomitiamo perché ci siamo ubriacati a una festa di niente. Ci salverà.
Puoi definire Roma?
Le uniche città possibili sono quelle sognate. Roma, sei così sognata che sei vera, sennò non riuscirei a distinguere l’odore di resina che si mescola a riso basmati. Roma è Roma Bombay, che non è né Roma né Bombay, né Milano né Damasco, né Pechino né New York, ma l’incrocio di tutte queste città, è un insieme di sentimenti, risate, tormenti, dialetti, rispetti. Solo a Roma Bombay potremo essere felici e potremo tornare a innamorarci.