“Il centro diurno permette alle persone con difficoltà di dare un nuovo valore al proprio tempo” esordisce così Ivo Manavella, presidente di ANFFAS (Cooperativa di Integrazione Sociale Biellese) nel breve viaggio verso il centro agricolo Mario e Marie Gianinetto, di cui l’associazione stessa si occupa. Comincia, così, la giornata tipo di un operatore ANFFAS: un minibus recupera il gruppo di persone con disabilità dalla comunità di Biella ogni mattina per portare i ragazzi al centro diurno di Gaglianico, in cui sono organizzate per loro diversi tipi di attività. Durante la settimana svolgono laboratori artistici, di legatoria, di informatica, di cucito, di igiene personale e spesso, nel week-end, in collaborazione con l’ANA di Biella (Associazione Nazionale Alpini) e il CASB (Consociazione Amici dei Sentieri del Biellese), sono organizzate uscite nel territorio, gite e picnic all’aria aperta.
Per alcuni la mattina è dedicata ad un’attività di agricoltura sociale o orto-terapia: queste persone vengono portate direttamente al centro agricolo Mario e Marie Gianinetto a Salussola (BI), in cui passano alcune ore a lavorare la terra affiancate da due appassionate operatrici, Ilaria ed Enrica.
Questo centro agricolo nasce da una vecchia cascina dismessa donata all’ANFFAS dieci anni fa. Grazie al contributo degli Alpini di Biella, nel 2002 Ivo ha l’idea di rimettere in sesto l’edificio e ristrutturare la serra per farne un’attività agricola che coinvolgesse in qualche modo l’ambito sociale. Ad oggi, l’associazione possiede più di 15mila metri quadri di terreno costituito in parte da boschi e in parte da aree coltivate. L’organizzazione coinvolge una ventina di persone disabili per un totale di quattro o cinque operatori che si occupano di loro oramai da una decina di anni.
“Lo stato iniziale era di una cascina disastrata, mancava l’acqua perché qui ci sono solo sorgenti superficiali e quando non piove, l’acqua non c’è” spiega Livia, una signora ottantacinquenne che, da sei anni, dedica due mattine alla settimana a collaborare con il gruppo di disabili del centro. Con loro ha instaurato un magnifico rapporto, una relazione sana che permette al gruppo di stabilire una forma alternativa di comunicazione.
L’agricoltura è da sempre stata un fattore di coesione per uomini, donne, anziani e bambini. Un collante che ha permesso di creare le prime comunità stanziali, un’attività in cui tutti avevano la possibilità di trovare il proprio ruolo: è da questa premessa che nasce il lavoro di Ilaria ed Erica. “Il nostro obiettivo è proprio quello di trovare il lavoro giusto per ciascuno, il più vicino ai loro bisogni e necessità” sostiene Ilaria durante la nostra visita ai terreni coltivati del centro.
La prima sensazione è proprio quella di essere accolta da una grande famiglia: è evidente come la passione e il trasporto con cui gli operatori svolgono la loro attività rappresenti un’opportunità enorme per il benessere di queste persone.
Attraverso le parole di Ilaria si comprende quale sia il valore profondo del lavoro che viene svolto ogni giorno al centro: l’agricoltura sociale, così come l’orto-terapia, dà a questi ragazzi la possibilità di sentirsi concretamente gratificati.
La natura è per definizione l’ambiente più accogliente, a misura d’uomo. Prendersene cura è un’attività che richiede tempi lenti e una giusta dimensione che perfettamente si conforma alle esigenze di queste persone: come si evince dalle parole di Ilaria, la maggior parte di loro non ne è consapevole, ma è comunque in grado di percepire fisicamente una gratificazione, la sensazione di aver fatto qualcosa di utile per sé stessi e per gli altri. Ilaria spiega come, ad esempio, sia soddisfacente per i ragazzi vendere tutti i venerdì mattina i propri prodotti al mercato di Gaglianico: è una maniera per sentirsi in qualche modo parte della società, da cui spesso sono emarginati. Nelle serre e negli orti coltivano in questo periodo asparagi, piselli, patate, insalata, catalogna, fragole. C’è chi annaffia le piante, chi taglia l’erba, chi sposta il letame e chi raccoglie la verdura.
Dopo aver chiacchierato un po’ con il gruppo, Ilaria ci accompagna a visitare l’Orto “Super-Abile”: “Questo progetto nasce per permettere anche a persone con disabilità fisica di coltivare la terra”, commenta mostrandoci le tre strutture in legno appositamente realizzate per dare modo anche ai soggetti in carrozzina di raccogliere le piantine. Si tratta, infatti, di coltivazioni a basso fusto (come il prezzemolo o il basilico) comode per poter essere raccolte facilmente. Sotto al terreno, appositamente livellato, è stata inserita una rete che gli permette una maggiore stabilità; su tutto il perimetro dell’area è stato pensato, invece, un piccolo gradino che aiuti i non vedenti ad orientarsi.
“Non si tratta soltanto di un orto, bensì di un orto-giardino” sottolinea Ilaria mostrandoci due panchine ideate per coloro che desiderano rilassarsi osservando gli altri coltivare; tutto attorno c’è una siepe in cui crescono fiori come la potentilla, l’iperico e la buddleja, la pianta “attira-farfalle”.
“Da persona in cura a persona che cura” è lo slogan con cui affrontano Ilaria, Enrica e tutti gli operatori di ANFFAS il lavoro con queste persone. “Qui al centro non si seminano piante, ma benessere”. Un’agricoltura a servizio dell’uomo, lontana dallo scopo di un ritorno economico, quanto determinata a creare capitale sociale e profonde relazioni tra esseri umani, ambiente, natura e territorio. Un valore inestimabile che ha bisogno, come una piantina, di essere coltivato con passione.