Da qualche anno, ormai, nutrizionisti, dietologi e ricercatori di tutto il mondo hanno mostrato interesse riguardo all’effetto che i grassi trans e idrogenati avrebbero sul nostro corpo. Il campanello di allarme ha avuto origine dallo studio delle particolari proprietà chimiche di questi composti: questi risultano difficilmente assimilabili dall’essere umano e, nonostante ciò, sono impiegati all’interno della maggior parte degli alimenti industriali.
Secondo alcune ricerche, circa 40mila persone morirebbero ogni anno a causa di un eccessivo consumo di alimenti ad alto contenuto di grassi trans: un numero troppo elevato per lasciare indifferenti le organizzazioni internazionali. A seguito dell’Assemblea Mondiale della Sanità, tenutasi tra il 21 e il 26 maggio 2018, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha promosso l’obiettivo di eliminare i grassi idrogenati entro il 2023.
I grassi trans: la definizione
Ma che cosa si intende, innanzitutto, per grassi trans?
Si tratta di una forma particolare di grassi insaturi (tipici degli alimenti vegetali), che, diversamente da quelli saturi (di origine animale), sono caratterizzati da doppi legami all’interno della propria struttura chimica.
La loro sintesi avviene tramite idrogenazione parziale, un processo che prevede l’aggiunta di alcuni atomi di idrogeno tali da rendere il composto solido e in grado di conservarsi a lungo: due delle caratteristiche fondamentali per la maggior parte dei prodotti confezionati in commercio.
L’unica eccezione della presenza di grassi trans in natura, è dovuta al particolare processo di ruminazione di alcuni animali: è possibile, infatti, ritrovare questo genere di grassi parzialmente idrogenati anche all’interno di alcuni prodotti lattiero-caseari e accumulati, naturalmente, nelle carni.
Perché evitare il consumo eccessivo di grassi trans
La loro particolare struttura chimica non li rende assimilabili correttamente dall’organismo umano: secondo alcuni ricercatori, l’eccessiva assunzione di questo genere di grassi aumenterebbe i livelli di colesterolo nel sangue, innalzando, di conseguenza, i rischi di malattie cardiache e cardiovascolari.
Questi favoriscono la formazione di placche aterosclerotiche nei vasi, una delle principali cause di infarto; alterano la permeabilità delle membrane cellulari causando insulino-resistenza e favorendo la produzione di radicali liberi. La motivazione scientifica sarebbe da attribuire alla particolare conformazione chimica che il composto assume a seguito del processo di idrogenazione: per aggiungere atomi di idrogeno all’interno della struttura, infatti, è necessaria un’elevata pressione e un particolare metallo catalizzatore non assimilabile dall’organismo umano.
Una possibile via d’intervento: “REPLACE”
Secondo l’OMS, la percentuale limite di assunzione di tali composti non dovrebbe superare il 1% dell’apporto energetico quotidiano. La loro presenza nella maggior parte dei prodotti confezionati (come snack industriali, merendine o insaccati, fritti, dolci e fast-food, alimenti assunti comunemente anche combinati tra di loro), tuttavia, rende difficile calcolarne la quantità ingerita.
Il programma ideato dall’OMS per cercare di ridurre il consumo di grassi idrogenati, ma soprattutto, il loro impiego nella fase di produzione, prende il nome di REPLACE. Si tratta di una guida strutturata in sei fasi, il cui nome riassume le sei parole chiave che caratterizzano il piano di intervento: Review, intesa come revisione della composizione dei prodotti attualmente sul mercato; Promote, la promozione dell’utilizzo di grassi alternativi; Legislate, l’avviamento di un processo di legislazione a riguardo; Assess, il monitoraggio del suo effettivo funzionamento; Create, la creazione di consapevolezza nella società e, infine, Enforce, il rinforzo di determinati comportamenti sani.
Nonostante il tentativo di sensibilizzazione alimentare, la popolazione necessita piuttosto, di modificare le proprie abitudini alimentari. Non è esclusa la possibilità che le malattie cardiache o cardiovascolari rilevate come conseguenza all’assunzione di tali composti, siano il frutto di una scorretta alimentazione. È importante, perciò, comprendere i reali fattori di rischio dell’assunzione di grassi trans e cercare di limitarne il consumo. Come per ogni alimento di cui ci nutriamo, spesso, l’equilibrio non è nient’altro che la soluzione più semplice ed efficace.