A partire da oggi, 2 agosto, siamo in debito con la natura. Il conto ce lo presenta l’Earth Overshoot day, una ricorrenza che segna il momento dell’anno in cui i consumi del pianeta raggiungono il limite. La natura, infatti, ha finito i suoi frutti, anche letteralmente; ne conseguirà uno sfruttamento che sta avvelenando sempre più l’ecosistema. Questa giornata mette in luce la situazione ambientale globale, che peggiora di anno in anno. Allarmante, infatti, la velocità con la quale il giorno-limite arriva sempre prima: nel 2007 l’Earth Overshoot Day cadeva il 20 agosto, vent’anni fa l’8 ottobre, trent’anni fa il 25 ottobre e quarant’anni fa il 10 novembre. Per arrivare in pari tra consumi e risorse rinnovabili bisogna fare un salto fino agli anni sessanta. Una sorta di conto alla rovescia scandito dal sovrasfruttamento (di carne, pesce, acqua, frutta, verdura e materiali vari) della Terra.
Concluse le energie rinnovabili dopo soli sette mesi, il pensiero va a un inevitabile cambio di rotta, possibile e, soprattutto, necessario. Il mondo non sta a guardare: le 195 nazioni che nel dicembre del 2015 hanno firmato l’Accordo di Parigi sulla difesa della stabilità climatica, dovrebbero agire per ovviare al problema (senza contare il dietrofront del presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump all’Accordo). Secondo un calcolo del Global Footprint Network, però, l’uomo ha attualmente un tasso di consumo 1,7 volte più veloce della capacità naturale degli ecosistemi di rigenerarsi. Come intervenire quindi? Uno dei fattori principali sarebbe dimezzare le emissioni di anidride carbonica. Sarebbe fondamentale, inoltre, ridurre i consumi di carne, pesce e di tutte le altre materie prime del pianeta, per far sì che i consumi annui siano minori della produzione naturale della Terra. Alcuni attivisti hanno anche lanciato la campagna #movethedate, dove sono esplicate alcune modalità per dare una scossa positiva e con posticipare (fino ad arrivare in pari) il più possibile l’Earth Overshoot Day.