Fermare il declino della biodiversità è possibile
Uno studio pubblicato su “Nature” conferma che dopo la Convenzione di Rio, firmata da 109 paesi nel 1992 e dedicata alla conservazione delle biodiversità, il tasso di perdita delle specie è calato del 29% rispetto all’andamento previsto. Per la prima volta un gruppo di ricercatori è riuscito a fornire un sistema per la misurazione dell’efficacia degli sforzi adoperati per la salvaguardia delle forme di vita in pericolo di estinzione.

La perdita delle diversità biologiche è uno dei problemi più gravi causati dall’azione dell’uomo. Il 41% di tutte le specie di anfibi e il 26% di quelle di mammiferi sono state inserite nella lista di quelle in pericolo di estinzione stilata dall’InternationalUnion for Conservation of Nature (IUCN). Le cause di tali minacce sono la perdita di habitat naturali, la diffusione di organismi invasivi, l’inquinamento, la dispersione di sostanze tossiche e il cambiamento climatico. Uno dei tentativi per arginare la situazione di declino è stata la Convenzione di Rio del 1992. Anche a seguito di questo accordo, tuttavia, molti governi non hanno avuto il coraggio di spingersi nell’investimento di ingenti somme di denaro per il finanziamento di azioni mirate alla salvaguardia delle biodiversità. Tale esitazione trovava la sua causa anche nella mancanza di riscontri concreti sull’esito positivo delle misure adoperate. Lo studio coordinato dai ricercatori Joseph Tobias (dell’Imperial College London) e da John L.Gittleman (dell’Università della Georgia) potrebbe ovviare al problema; in quanto fornisce uno strumento che permette alle nazioni di calibrare i propri investimenti nella conservazione delle biodiversità in base alle loro specifiche esigenze. La ricerca dimostra, inoltre, che nei 109 paesi firmatari della Convenzione, fra il 1996 e il 2008, il tasso di perdita delle specie è calato del 29%.

Per la prima volta, dunque, un gruppo di ricercatori è riuscito a fornire un sistema per la misurazione dell’efficacia degli sforzi adoperati per la conservazione della biodiversità; valutazione che prima d’ora era stata difficilmente misurabile. Il team di Tobias e Gittleman è riuscito a farlo grazie a una nuova tecnica, che si basa sull’analisi di una serie di dati relativi ai finanziamenti globali destinati alla conservazione della biodiversità. Gli scienziati hanno quantificato la spesa complessiva dei 109 paesi nel periodo 1992-2003 e hanno isolato due classi di fattori che influenzato in misura prevalente la biodiversità; uno positivo (l’investimento in misure di prevenzione) e uno negativo (sviluppo economico, espansione dell’agricoltura e crescita demografica). Con l’incrocio di questi due dati, hanno creato un algoritmo che suddivide la responsabilità dell’estinzione delle specie tra i singoli paesi. È stato quindi stimato che con un’efficiente distribuzione delle risorse per la conservazione delle specie basterebbe meno dello 0,01% del prodotto interno lordo globale per limitare la perdita di biodiversità. Questo sistema di distribuzione delle risorse finanziarie destinate alla conservazione aiuterà i paesi a raggiungere un maggiore equilibrio tra lo sviluppo economico e la necessità della salvaguardia delle specie animali, incentivandoli così a impegnarsi maggiormente nella tutela ambientale.