Architettura e sostenibilità, due termini che affiancati diventano un must, una tendenza del momento nelle grandi capitali europee, che si sfidano a colpi di “boschi verticali” e bio architetture. La storia insegna che da sempre l’uomo ha cercato la necessità di migliorare le proprie condizioni abitative, sfruttando al meglio ciò che la natura gli metteva a disposizione. Con l’avanzare delle nuove tecnologie il fine ultimo è stato quello di creare artefatti, che piano piano si sono discostati sempre più da ciò che era strettamente necessario ed in linea con il territorio.
L’architettura sostenibile si basa su un incrocio eterogeneo di fattori funzionali e formali in quanto, in primo luogo, risponde a tutte quelle esigenze più pratiche e progettuali, come quelle abitative e – in seconda ma non ultima istanza – si pone l’obiettivo di creare un rapporto virtuoso con l’ambiente. La riduzione dell’impatto, l’efficienza energetica, il dover soddisfare i bisogni abitativi tenendo conto delle risorse naturali, sono i principi cardine per un progetto sostenibile e – fortunatamente – sono sempre di più le alternative che ne tengono conto. Tra queste, ultimamente è sempre più voga la canapa, materiale molto versatile ed ottimo sostituto della più utilizzata lana di roccia, certamente meno “naturale”.
Nell’ambito del progetto Effedil (una ricerca che lavora nel campo di soluzioni innovative per l’efficienza energetica in edilizia) sono stati riscontrati dei numeri che fanno capire il potenziale al quale si va incontro. Grazie alla canapa, infatti, le prestazioni energetiche sono migliorate in quanto il flusso termico del laterizio cala del 30% ed ha una permeabilità al calore del materiale inferiore del 20%. Altri aspetti positivi riguardano la nostra salute. Non tutti sanno, infatti, che la canapa renderebbe l’ambiente domestico più salubre grazie alla maggior traspirazione e alla sua resistenza ai batteri.
Seguendo i principi dell’architettura sostenibile, ogni situazione progettuale diventa unica, perché le istanze dalle quali si parte dipendono dalla comunità in cui andrà collocata la struttura, dall’ambiente climatico e dalle risorse che il territorio mette a disposizione. Alcuni esempi che incarnano alla perfezione questo modus operandi si trovano sempre più spesso nei paesi in via di sviluppo forti della tradizione dei materiali e della manodopera, come la Makoko Floating School in Nigeria di Nlè Architects, un prototipo per una scuola “galleggiante”. Non si può ancora dire che questa nuova strada sia un prerogativa della maggior parte degli architetti, i quali sembra che la vedano più come un approccio culturale che un vero e proprio ramo del proprio ambito. È certo, però, che sia una necessità sempre più attuale che sta coinvolgendo le più importanti città europee e gli archistar più in voga che, per opere di notevole rilevanza ed impatto, scelgono la via del sostenibile.