Un fashion designer di caratura internazionale, premiato come ‘Best Emerging Designer’ alla prima edizione dei Green Carpet Fashion Awards, che ha ricevuto riconoscimenti prestigiosi come il ‘Franca Sozzani GCC Award for Best Emerging Designer’, il ‘Bronze Hempel Fashion Award’ a Pechino e il ‘PETA Award’, solo per citarne alcuni: si tratta di Tiziano Guardini, uno dei volti più importanti nel panorama italiano e mondiale della moda sostenibile. Nato negli anni anni 80’ a Roma, dopo la Laurea in Economia decide di intraprendere il suo percorso di studi all’Accademia Koefia di Roma, conseguendo il titolo di Fashion Designer e portando a termine un master in Responsabile del Prodotto. Le sue creazioni, negli anni, sono state esposte all’interno di istituzioni culturali internazionali e, come accennato, annovera molti premi vinti e prestigiose collaborazioni (nel 2014, ad esempio, viene invitato come ospite alle Nazione Unite a Ginevra all’interno dell’evento ‘Fashion for Forest and Forest for Fashion’ insieme a Michelangelo Pistoletto). “L’ecosostenibilità è la capacità di percepire la sacralità della vita”: questa affermazione di Guardini, indicata nella bio del suo sito web, identifica e inquadra il suo operato e la sua moda, un mix di innovazione e sostenibilità, ispirata dalla natura.
Scopriamo il ‘mondo’ del fashion designer, che si è così raccontato ai nostri microfoni.
Tiziano, partiamo dal settore della moda e del tessile, che rappresenta la seconda industria più inquinante del mondo. Etica ed estetica sono solo assonanti o possono coesistere? Se sì, come?
Possano assolutamente coesistere, perché no? È sempre la solita questione sul ‘come’ vengono fatte le cose, per me, che fa la differenza. Il maestro Michelangelo Pistoletto da molti anni si batte su questo fronte e credo che la ricerca estetica sia indiscussa.
Sostenibilità, un termine chiave che riflette un preciso modus operandi da parte delle aziende tessili e scelte responsabili dei consumatori: la consapevolezza può essere il primo leitmotiv in grado di determinarne la diffusione?
Non so se sia/debba essere il primo. Deve sicuramente esserci. Credo che sia fondamentale avere consapevolezza che stiamo approcciando a questo ‘modus operandi’ della sostenibilità in maniera così diffusa solo ultimamente. Quindi, forse, dovremmo preoccuparci adesso di fare un prodotto tanto sostenibile quanto di attrazione, cioè ‘cool’, che possa essere acquistato da chiunque, anche da un consumatore meno consapevole.
È ormai riconosciuta la locuzione di Ludwing Feuerbach che recita ‘L’uomo è ciò che mangia’. Potremmo affermare, allo stesso modo, che ‘L’uomo è ciò che veste’? Il riferimento, come immagini, non è all’estetica, ma al dualismo tra salute e abbigliamento. Oltre al negativo impatto ambientale nella produzione, alcuni capi di bassa qualità possono rivelarsi veleno per la nostra pelle…
Credo che, sperando che Feuerbach non me ne voglia, la locuzione per me potrebbe essere che ‘L’uomo è ciò che sceglie ogni giorno’. Dal cibo al vestito, da come si comporta con chi conosce e da chi sta incontrando per la prima volta. Quindi, se io scelgo anche nella moda di vestire in maniera più ‘sostenibile’, sto facendo un passo avanti verso la salute della mia vita, ma anche di molte altri esseri viventi.
Come incentivare l’acquisto di capi sostenibili, solitamente più costosi, a un target di consumatori meno abbienti? La sostenibilità è per pochi privilegiati o sarà alla portata di tutti?
Ti posso raccontare come cerco di ovviare a questo. Creo delle fasce di prezzo all’interno della mia collezione. Alcune cose sono però più costose anche perché uso delle lavorazioni particolari, non necessariamente per il costo del tessuto stesso. Proprio oggi – ieri, 20 dicembre, ndr – ho fatto questo discorso con un produttore tessile di nylon che usa Econyl e mi spiegava che stanno arrivando ad equipararsi, a livello di prezzo, al nylon non rigenerato.
In tema di collaborazioni, a novembre hai partecipato a un incontro a Cittadellarte che ha visto la presenza dello staff di B.E.S.T. – con il quale hai spesso collaborato – e di altri giovani fashion designer che operano nel campo della moda sostenibile (un confronto sul tema che ha posto le basi per la nascita del nuovo progetto ‘Sustainable Fashion Best Platform’, ndr). Quanto può essere importante fare squadra? Il tuo operato e quello dei tuo ‘colleghi’ possono essere fonte d’ispirazione per i nuovi volti della moda?
Fare squadra è fondamentale, ci aiutiamo molto tra di noi. Se deve esserci una competizione deve essere su un aspetto migliorativo, non ledendo un altro e quindi l’ambiente. Spero, inoltre, di ispirare molte persone a una ‘call to action’.
Vieni definito come lo ‘Stilista della natura’: ci illustri le peculiarità della tua collezione spiegandoci come avviene la scelta dei tessuti e dei materiali?
Ogni tessuto deve avere una storia/certificazione di sostenibilità. È molto importante che i tessuti siano prodotti con un attenzione all’ambiente, come il Nylon che viene dal recupero delle reti da pesca e dal materiale plastico in mare. Anche parte delle lane presenti nei tessuti che utilizzo sono rigenerate o, se nuove, ‘no Mulesing’ e l’azienda di riferimento, in questo caso, ha aderito alla campagna DETOX di Greenpeace. Oppure, per esempio, la seta che utilizzo è diversa da quella tradizionale in cui vengono bolliti i bozzoli con il baco all’interno (per impedire che nell’ultima fase rompa il bozzolo stesso che è un filo continuo); nel mio caso, infatti, aspetto che il baco diventi farfalla. Vengono raccolti, infine, i bozzoli ormai abbandonati.
Tiziano, in conclusione, è possibile cambiare il mondo con un vestito?
È possibile che ognuno faccia la propria parte. Ti racconto questa favola africana: un giorno, in una foresta, scoppia un incendio e tutti gli animali scappano impazziti per mettersi in salvo, tranne uno, un colibrì. Egli inizia a raccogliere una goccia d’acqua da un fiume vicino e la lascia cadere sopra le fiamme. Poi torna e ne raccoglie un’altra, ma, mentre sta tornando verso l’incendio, un leone lo vede e lo ferma. Deridendolo gli chiede: ‘Cosa credi di fare tu? Sei così piccoletto’. Il colibrì si gira e gli risponde ‘sto facendo la mia parte’.
Crediti fotografici immagine di copertina: Stefano Cavalli.