Continua la rassegna di articoli dedicati alla tavola rotonda della mostra evento andata in scena a Cittadellarte sabato 14 ottobre. La sostenibilità legata alla moda, tema portante dell’iniziativa, ha in Patagonia una delle aziende più rappresentative. Francesca Romana Rinaldi (Direttore del corso New Sustainable Fashion del Milano Fashion Institute, un consorzio delle università Bocconi, Cattolica e Politecnico di Milano) è intervenuta presentando il brand.
“C’è sempre stata – ha affermato – grande collaborazione con Cittadellarte, le Nazione Unite, Patagonia e Sistema Moda Italia, con i quali abbiamo portato avanti diverse iniziative, tra cui il corso New Sustainable Fashion (l’edizione 2018 sarà dal 6 al 26 luglio, ndr). Si tratta di partnership fondamentali, che sono la base per intraprendere un percorso di moda sostenibile. A questo proposito introduco Patagonia, un’azienda che, fin dagli inizi, ha deciso di inserire la sostenibilità nel proprio DNA e ha deciso di ‘far parte’ della soluzione e non del problema. Questo riguarda tutte le attività della catena del valore, dalla scelta delle materie prime fino al coinvolgimento del consumatore all’interno del negozio”.
Francesca Romana Rinaldi ha quindi passato il testimone a Mario Campori, store manager di Patagonia. Campori ha messo in luce la mission statement dell’azienda argomentando la scelta della politica sostenibile.
“Una delle forze di Patagonia – ha argomentato – è aver definito una mission aziendale pro-ambiente già molti anni fa, quando ancora il tema in questione non era sulla bocca di tutti. Siamo stati capaci, nonostante la nostra crescita, di mantenere la sostenibilità come cardine delle nostre attività. Il nostro obbiettivo continua a essere costruire prodotti migliori, senza causare danni non necessari e utilizzando il business per ispirare e implementare soluzioni alla crisi ambientale. Ci sono molti esempi su quanto fatto in questo contesto. Un’azione significativa è legata all’associazione “1% For The Planet“, con il quale un’azienda dona l’uno per centro delle vendite realizzate ogni anno a beneficio di associazione ambientaliste nel mondo. Specifico che si tratta della percentuale delle vendite e non dei profitti, quindi, in caso di anno negativo noi paghiamo comunque la nostra ‘tassa sulla Terra’. È possibile essere membri dell’associazione anche a livello individuale e, in questo caso, si dona in beneficenza l’uno per centro del proprio stipendio.
(A sinistra Francesca Romana Rinaldi, al microfono Mario Campori. Credits: Damiano Andreotti)
Un altro esempio di episodio sostenibile – continua Campori – è avvenuto l’anno scorso, in occasione del black friday. Durante quella giornata di novembre, invece di fare sconti, abbiamo deciso di donare il cento per cento delle vendite alle associazioni ambientaliste. Ci eravamo prefissati di raccogliere due milioni di dollari, ma siamo arrivati a circa dieci milioni in un solo giorno. Significativo che la maggior parte delle vendite non provenivano da clienti di Patagonia, ma da nuove persone che hanno deciso di fare acquisti da noi, proprio in quel determinato giorno per partecipare a quest’iniziativa. Dalla nostra fondazione a oggi, abbiamo già donato a circa 90 milioni di dollari per aziende – anche italiane – che hanno una politica sostenibile o ambientalista. In tutte queste iniziative, inoltre, cerchiamo di coinvolgere anche il consumatore. Ad esempio, è in corso con la campagna ‘Worn Wear‘: vogliamo fare in modo che quando un capo non viene più utilizzato – magari perché non piace più o la taglia non è adeguata – questo non non finisca in discarica. Come dargli nuova vita? Riportando l’indumento da noi, così potrà essere riciclato o riparato”.