Nell’Asia meridionale è allarme inondazioni. Da un mese a questa parte, infatti, precipitazioni monsoniche unite a frane e ingenti inondazioni hanno causato la morte di circa 1300 persone. Anche l’UNICEF ha messo in luce la tragica situazione alla quale il Nepal, l’India e il Bangladesh devono far fronte; le stime indicano come siano 45 milioni le persone colpite dalla criticità meteorologica, tra i quali 16 milioni di bambini. Il disagio, inoltre, riguarda anche le strutture della zona, con abitazioni, negozi, scuole ed edifici pubblici completamente distrutti. L’allerta è massima: se le piogge dovessero proseguire, le aree coinvolte aumenterebbero sempre più.
L’avversità porta con sé numeri impressionanti: in Bangladesh 8 milioni di persone e 700mila case sono state colpite dalle inondazioni, in Nepal la situazione sta attanagliando quasi due milioni di soggetti e 185mila edifici e in India i disagi si registrano soprattutto nella zona settentrionale, con oltre 31milioni di persone che devono far fronte al disastro. Le piogge torrenziali, inoltre, sono fonte di altre criticità; sono moltissimi gli adulti e i bambini sfollati che devono affrontare il problema delle sempre più diffuse malattie trasmesse dall’acqua. Con le continue precipitazioni anche l’accesso agli ospedali e ad altre zone di supporto diventa complesso, così come l’approvvigionamento. In questo mese catastrofico, l’UNICEF, insieme ad altre associazioni umanitarie, sta supportando la aree più colpite e maggiormente a rischio. La priorità è la salute dei bambini, unita alla loro istruzione: l’obiettivo è farli tornare a scuola il prima possibile, anche per una questione psicologica. In attesa di soluzioni più concrete, per i più piccoli potrebbe sembrare, almeno in parte, un ritorno alla normalità.