Lectio Pluralis – Atelier Mobile, alla scoperta della scuola nomade di architettura
Pubblichiamo il terzo intervento della Lectio Pluralis di Arte al Centro. "Come si impara a progettare con e per la comunità?" Luca Barello ha risposto al quesito emerso durante l'incontro a Cittadellarte raccontando l'esperienza dell'associazione.

Durante Arte al Centro 2017, al Tavolo del Mediterraneo di via Cernaia, si è tenuta la Lectio Pluralis, un incontro mirato a progettare e imparare l’innovazione sociale.
Vi proponiamo il terzo articolo di una serie che affronta i contenuti emersi nella discussione. Oggi diamo spazio all’intervento di Luca Barello, dell’associazione culturale Atelier mobile, una scuola nomade di architettura, attiva dal 2011, che organizza workshop di progetto e costruzione nello spazio pubblico in collaborazione con le comunità, sviluppando dispositivi sociali di rigenerazione a partire da esigenze specifiche.

Come negli altri casi, partiamo dalla domanda posta da Valeria Cantoni, moderatrice della Lectio Pluralis, che ha interrogato Barello su quali fossero le modalità con le quasi si può imparare a progettare con e per la comunità.

Luca Barello, accompagnato da altri due componenti dell’associazione – Paolo Golinelli e Alberto Geuna – ha risposto: “S’impara facendo, sbagliando e rifacendo. Noi abbiamo cercato di introdurre un modo di lavorare che prevede il progettare insieme, formando un gruppo eterogeneo perché lavoriamo con studenti e neolaureati di architettura e design provenienti da tutto il mondo”.

Barello continua illustrando la loro iniziativa: “Curiamo workshop che in tempi ristretti affrontano progetto e costruzione. Finora – illustra – ne abbiamo organizzati cinque e abbiamo il sesto in programma il prossimo settembre. Li prepariamo programmando momenti di studio del sistema costruttivo, senza ancora progettare l’oggetto finale, tenendo incontri con la comunità locale, e studiando la storia e le caratteristiche dei siti di progetto.

Risulta molto importante – prosegue Barello – lavorare sul gruppo e far collaborare i ragazzi a un unico progetto. Da questa aggregazione, lavorando in gruppo è sempre stato più facile comprendere le esigenze di ascolto, di attenzione, di comprensione, ma anche di sintesi, perché il problema del progetto è proprio la sintesi di esigenze diverse, che a volte sono in conflitto tra loro.

La sessione costruttiva è realizzata con la collaborazione e la supervisione di artigiani locali. Quest’ultimo – conclude – è uno dei punti più critici, perché da un lato i progettisti sono ‘gelosi’ del loro progetto e l’artigiano del proprio sapere; qui noi, invece, abbiamo cercato di innescare sempre un processo di scambio comune”.