Combattere il riscaldamento climatico con soluzioni naturali è possibile: lo afferma una nuova ricerca pubblicata sul sito “Proceedings of the National Academy of Sciences” dai ricercatori di Nature Conservancy e di altre 15 istituzioni, i quali hanno studiato le potenzialità delle soluzioni naturali per ridurre le emissioni di gas serra e l’anidride carbonica dall’atmosfera.
Quali sono, dunque, tali espedienti? In primo luogo, una gestione attenta delle foreste, delle coltivazioni agricole e delle zone umide, in quanto, foreste, terreni agricoli, praterie e terreni torbosi possono assorbire un notevole quantità di carbonio.
Tali soluzioni naturali potrebbero ridurre le emissioni di gas serra di 23,8 miliardi di tonnellate all’anno fino al 2030, il 30 per cento in più rispetto alle stime precedenti. Considerando solamente gli interventi meno onerosi, ci si fermerebbe a 11,3 miliardi di tonnellate, i quali rappresenterebbero comunque un grande traguardo: il 37 per cento della riduzione di gas serra necessaria a limitare a 2 gradi centigradi il riscaldamento globale entro il 2030.
Christiana Figueres, coordinatrice di Mission 2020, già a capo del Framework Convention on Climate Change delleNazioni Unite (UNFCCC), spiega che la gestione responsabile del territorio è un fattore indispensabile per la lotta al cambiamento climatico in quanto permette sia la decarbonizzazione sia la riduzione delle emissioni e, al contempo, può favorire le possibilità occupazionali e proteggere gli esseri viventi.
Un intervento efficace e poco costoso è la riforestazione: gli alberi, come tutti i vegetali, assorbono un’elevata quantità di anidride carbonica, agendo in modo diretto sulla riduzione del gas serra. Con la riforestazione delle aree disboscate e la salvaguardia delle foreste esistenti, infatti, si potrebbe ripulire annualmente l’atmosfera di 7 miliardi di tonnellate di anidride carbonica; lo stesso risultato che si otterrebbe togliendo dalle strade 1,5 miliardi di automobili.
Anche le zone umide, essendo una ricca fonte di carbonio, offrono un elevato potenziale di mitigazione del cambiamento climatico. Sfortunatamente solo il 4-6 per cento della superficie terrestre è occupato da terreni torbosi e ogni anno se ne perdono circa 780mila ettari che vengono bonificati per lasciare spazio alle coltivazioni, in particolare a quelle di olio di palma.
Per quanto riguarda l’agricoltura, un uso più attento dei fertilizzanti chimici porterebbe a una riduzione dell’ossido di azoto, un gas serra 300 volte più potente dell’anidride carbonica. Poiché l’11% della superficie globale della terraferma è occupato da terreni coltivati, l’impiego di tecniche corrette e a basso impatto ambientale potrebbero portare a una riduzione del 22 per cento delle emissioni, pari alla scomparsa di 522 milioni di auto.
Parallelamente agli interventi su energia, trasporti, finanza, industria e infrastruttura, occorre dunque incrementare l’azione controllata sui territori, in quanto le soluzioni naturali al cambiamento climatico sono necessarie per assicurare che vengano raggiunti gli obiettivi finali di riduzione del gas serra entro il 2020. La strada, tuttavia, è lunga e sono ancora pochi i paesi che si stanno impegnando in tale direzione.