“Molti di uno”, alla scoperta della mostra al Castello di Rivoli con un talk di Pistoletto e Christov-Bakargiev
Ieri a Rivoli è stato inaugurato il progetto espositivo curato da Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria e realizzato in collaborazione con Cittadellarte. Prima dell'opening, all'interno del Teatro, si è tenuto un incontro che ha portato il maestro e la direttrice del Castello di Rivoli a confrontarsi su parte delle opere in mostra: riviviamo il loro dialogo.

Sorprendente, contemporanea, introspettiva: si è alzato ieri al Castello di Rivoli il sipario su Molti di uno, mostra di Michelangelo Pistoletto – ideata per la Manica Lunga e proposta in occasione dell’anno del suo 90esimo compleanno – che si sviluppa attraverso 29 Uffizi tra loro comunicanti e interconnessi attraverso una serie di porte. Queste ultime, ciascuna recante sull’architrave l’indicazione dell’attività specifica, accolgono e rileggono l’arte del maestro in un gigantesco autoritratto che funziona come la mappa di una città ideale dell’avvenire. A questo proposito, l’articolazione della città in Uffizi riprende una riflessione alla quale l’artista ha dedicato spazio in La Formula della Creazione, libro nel quale egli esamina il proprio percorso, identificando 31 passi che conducono alla genesi di una nuova società. Come riportato in un nostro precedente articolo, nell’ottica di una visione di una nuova comunità eticamente responsabile, la mostra è anche un dispositivo per coinvolgere i visitatori, a partire dagli addetti ai lavori che a vario titolo operano all’interno e orbitano attorno al Museo: periodicamente una persona dotata di un sapere e di una prassi specifica in un’area per la quale esiste uno dei 29 Uffizi potrà infatti essere il responsabile catalizzatore di incontri a tema.
L’esposizione, curata da Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria e proposta in collaborazione con Cittadellarte, sarà visitabile fino al 25 febbraio 2024. La mostra, realizzata con il sostegno della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, si è inoltre aggiudicata il PAC2022-2023 – Piano per l’Arte Contemporanea promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.




L’hype era alle stelle. Code di persone di ogni generazione attendevano con trepidazione di visitare la mostra: si percepiva una frenesia e un’impazienza quasi fanciullesca perché tutti, entusiasti, desideravano scoprire la nuova mostra del maestro. Alle 18, come per suggellare l’opening, è andato in scena un incontro al Teatro del Castello – pieno in ogni ordine di posto – che ha portato i presenti alla scoperta dei temi veicolati dalle opere in mostra. L’appuntamento ha preso il via con l’intervento di Francesca Lavazza: “Da questa sera – ha affermato la presidente del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea – apriamo di nuovo le porte a un pubblico internazionale. La mostra alla Manica Lunga è strutturata come percorso, uno spazio di riflessione e condivisione, dove reinterpretare il presente. È proprio questo, a mio avviso, che deve fare l’arte contemporanea”. Un iter culturale che secondo Lavazza si avvale di una figura cardine nel contesto artistico: “Nel nostro castello l’Arte Povera ha profonde radici. Abbiamo la fortuna – ha sottolineato – di ospitare le opere di un maestro che ha fatto della sua vita un’opera d’arte”. Dopo l’introduzione della presidente, si è entrati nel vivo dell’evento con il dialogo tra Michelangelo Pistoletto e Carolyn Christov-Bakargiev. Quest’ultima ha esordito facendo porre sotto i riflettori del maestro il tema dello specchio nella sua identità artistica: “Il quadro specchiante – ha specificato il maestro – nasce come bisogno di identificazione. Ho usato un metodo, praticato da tempo nell’arte, che è l’autoritratto. Lo specchio è diventato così l’elemento fondamentale per la ricerca di me stesso”. Il fondatore di Cittadellarte ha poi messo in luce l’evoluzione di questo processo: “Col tempo ho trasformato la tela in quadro specchiante, partendo dal fondo oro spesso associato al divino. Sono arrivato poi al nero lucidissimo, che rifletteva la figura. Così il divino è diventato umano. Insieme a me, inoltre, nell’autoritratto è entrato l’universo, tutto quello che esiste”. Ed ecco la fenomenologia nata col quadro specchiante: “Non sono più io che informo il quadro, ma è il quadro che informa me. Va qui sottolineata – ha aggiunto – la prima dualità: specchio e tela li ho uniti ed è nato un terzo elemento. Insomma, era già la formula della creazione”.





QR-Code possession – Autoritratto, 2019-2023
Foto Damiano Andreotti.
Courtesy Cittadellarte e Castello di Rivoli
Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino.

Carolyn Christov-Bakargiev, in riferimento all’opera presente in mostra QR-Code possession – Autoritratto, 2019-2023, ha poi chiesto a Pistoletto di toccare il tema tatuaggi: “Quei tattoo presenti nel mio lavoro – ha spiegato il maestro – non sono veri sulla mia pelle fisica, ma sono comunque immortali. Il mio corpo morirà, ma quella pelle esisterà anche quando non ci sarò più. Il tatuaggio è sempre stato qualcosa che l’essere umano ha usato per dare comunicazione della propria identità. E in tema di tempo, anche il quadro specchiante è memoria, in quanto continua a esistere in ogni momento e in tutti quelli che verranno”. Dopo un approfondimento sull’Arte Povera e sulla relazione tra arte e tecnologia – con un focus su ChatGPT -, il dialogo è continuato con un’indagine sul particolare percorso espositivo che caratterizza Molti di uno: “Cosa rappresenta – così Carolyn Christov-Bakargiev – lo zigzagare negli spazi, rompendo la linearità della visita dei fruitori?
Ogni porta – ha risposto l’artista – ha sull’architrave un nome che indica un diverso settore della società e presenta il microspazio seguente; sono tutte comunicanti con quelle successive e rappresentano 29 padiglioni che si riferiscono ai diversi ambiti della società. E quando si giunge alla fine di questo zigzagare non lineare si arriva alla cosmologia. In ognuna di queste stanze ho introdotto una serie di opere che fossero collegate al tema cardine annunciato dalla porta”. Alle sue parole hanno fatto eco quelle della direttrice: “I 29 Uffizi – ha concluso – espongono la struttura che secondo l’artista è alla base della vita civile e sociale proponendo una vasta rete di interrelazioni e una propositiva condizione dinamica tesa ad abbattere muri e separazioni”.