Di fronte a una criticità sociale, prima di passare all’azione, il primo passo per tentare un cambiamento virtuoso è prendere atto della situazione. Per ovviare a un problema che tocca la collettività è quindi fondamentale, innanzitutto, che se ne parli. Una sensibilizzazione globale su un causa può determinare la buona riuscita di questa o, quantomeno, innestare una presa di coscienza sulla situazione. Una campagna mediatica, se efficace, può portare a nuovi sostenitori che possono appoggiare economicamente o operare in prima persona a favore di una specifica iniziativa. In questo contesto, hanno un peso le cosiddette Giornate Mondiali: c’è chi le considera inutili e chi, appunto, un pretesto per mettere sotto i riflettori un problema. A questo proposito, ricorre domani la Giornata internazionale senza sacchetti di plastica: conosciuta globalmente con il nome di “Plastic bag free day”, viene “celebrata” dal 2009 grazie a MCS (The Marine Conservation Society), società inglese non profit che opera a favore della conservazione dell’ecosistema marino.
Il problema sacchetti di plastica non si risolverà in un giorno, è chiaro. Domani, però, a livello mediatico, la criticità ambientale avrà un’eco maggiore proprio per il Plastic bag free day. Che sia un piccolo trafiletto in un settimanale d’informazione locale o un servizio su un programma televisivo di calibro internazionale, la sostanza non cambia. Tutti, per un giorno, sono invitati a non usare sacchetti di plastica e, magari, le immagini trasmesse dai tg accompagnate da dati allarmanti possono invogliare a sposare questa causa. Domani la battaglia contro i sacchetti di plastica potrà quindi rivelarsi il trend del giorno, sperando che le azioni virtuose non si limitino alle 24 ore della ricorrenza, ma durino nel tempo.
Seguiamo l’onda, quindi, con una una buona notizia: sabato 8 settembre è partito il viaggio dalla Ocean Array Clean Up, lo speciale dispositivo partito dal porto di Los Angeles con l’obiettivo di pulire, come si evince dal nome, gli oceani dai rifiuti plastici. Come scritto in un nostro precedente articolo, la macchina, ideata dal ventitreenne Boyan Slat, viaggia in direzione “Great Pacific Garbage Patch”, l’isola di plastica (80mila tonnellate il peso stimato) che si estende tra la California e le Hawaii. Oltre al dispositivo, progettato per svolgere una funzione di “barriera” su cui i rifiuti si accumulano (con l’ausilio delle correnti) senza l’utilizzo di alcun tipo di energia, una barca provvederà periodicamente al ritiro della spazzatura raccolta. L’idea di Slat potrà sicuramente rivelarsi il pezzo di un mosaico di azioni virtuose che, però, non sono sufficienti per far fronte al problema. Dando un’occhiata ai dati, lo scenario globale sul fronte ambientale si mostra sempre più allarmante: annualmente, nei mari di tutto il mondo, finiscono circa 8 milioni di tonnellate di plastica.
Tra i rifiuti più presenti in mare (così come “a terra”), oltre alle cannucce e alle posate usa e getta, figurano proprio i sacchetti di plastica. Considerando che la maggior parte di questi sono bag monouso, non biodegradabili e complessi da smaltire, è facile intuire quanto il loro consumo sia da evitare o, almeno, limitare. Per non parlare dei danni all’ecosistema: nei mari, sono sempre più gli animali che muoiono per soffocamento o ingeriscono, a causa degli agenti atmosferici, pezzi di plastica. In Italia, da due anni, è stato finalmente affrontato il problema quando, il 9 novembre 2016, è stato approvato decreto legislativo mirato a vietare la diffusione da parte dei commercianti di buste di plastica, a favore di quelle biodegradabili al 100% (o dei sacchi di cartone).
Nei giorni scorsi, si sono registrati piccoli progressi anche da parte di alcune multinazionali: la Carlsberg, azienda di birra danese, da lunedì ha messo sul mercato nuove confezioni di lattine tenute insieme da una colla speciale al posto degli anelli di plastica; PepsiCo si è posta l’obiettivo, entro il 2030, di raggiungere l’uso del 50% di plastica riciclata per la distribuzione europea, con l’obiettivo intermedio del 45% entro il 2025; la Klöckner Pentaplast, azienda leader nel settore degli imballaggi e delle pellicole in plastica, nell’ambito dell’iniziativa Positive Plastics Pledge ha dichiarato di voler aumentare al 100% ed entro il 2028, dove possibile, l’uso di polimeri riciclati e originati da fonti sostenibili.
La questione, però, non tocca solo le aziende: tutti possono contribuire con azioni quotidiane, dando il proprio contributo a favore di un cambio di direzione sul fronte sacchetti. Come? Ad esempio, riutilizzandoli, evitando gli ortaggi o la frutta nelle confezioni di plastica e preferendo il vetro.