Tempo scaduto. La salute del nostro pianeta sta peggiorando: è il suo polmone verde, questa volta, in rianimazione. I chirurghi dell’ambiente non si fermano, impegnati in sala operatoria, ma gli esiti degli esami danno un quadro sempre più preoccupante. La malattia avanza. Le terre si stanno tingendo di rosso, devastate dal fuoco. Il riferimento è all’Amazzonia brasiliana, dove gli incendi sono aumentati del 196% rispetto all’anno scorso, raggiungendo 30.901 focolai attivi ad agosto rispetto ai 10.421 dello stesso mese del 2018. L’INPE – Istituto nazionale di ricerche spaziali brasiliano ha reso noti i numeri dell’emergenza e, allargando i confini, la situazione non migliora: considerando l’intero territorio brasiliano, sono stati oltre 51mila i focolai ad agosto, con un incremento del 128% rispetto all’anno predente. Non solo: da gennaio sono stati oltre 90mila gli incendi in tutto il Brasile, ossia oltre il 70% in più considerando il 2018. Si tratta dell’indice più alto degli ultimi 9 anni. I dati riescono a offrire una panoramica dell’emergenza, che non è riconducibile soltanto all’ambiente: l’intero ecosistema è in allarme, con 265 specie – 180 animali e 85 piante – tutte a rischio già prima che si propagassero gli incendi, come l’armadillo e il tinamo gigante, il pecari labiato o alcune tipologie di aquile. La situazione è sotto i riflettori mondiali ed è riuscita a destare l’attenzione di privati, celebrità (Leonardo di Caprio è una delle star più ‘attive’ su questo fronte), organizzazioni non profit (come Amazon Watch, che ha lanciato campagne di raccolta fondi sui social) e associazioni internazionali di tutela ambientale.
Il WWF Italia, ad esempio, ha promosso una petizione rivolta al Governo italiano affinché si faccia portavoce presso la Corte penale internazionale di una richiesta a beneficio della comunità internazionale, ovvero inserire tra i crimini contro l’umanità anche la distruzione dei sistemi naturali cruciali per la sopravvivenza dell’intera società umana, al pari di genocidio, crimini di guerra e aggressione. “La Terra – ha dichiarato in una nota stampa Donatella Bianchi, Presidente del WWF Italia – non può essere considerata un ‘oggetto legale non identificato’, ma un nostro diritto internazionale come bene collettivo di cui prenderci cura con la massima attenzione, una prospettiva ecologica che richiama anche l’enciclica ‘Laudato sì’ di Papa Francesco in cui esorta a preservare la nostra ‘casa comune’. L’inferno di fuoco che sta vivendo l’Amazzonia può diventare quella ‘miccia’ emotiva per spingere le persone a combattere lo sfruttamento incontrollato, insostenibile e spesso illegale delle risorse naturali del pianeta”.
In tema di politiche ambientali, è finito nell’occhio del ciclone il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, viste la sue prese di posizione e decisioni sulle deforestazioni, tutt’altro che amiche dell’ambiente. Il politico, infatti, ha da tempo dato il via a una produzione agricola e industriale intensiva – la foresta viene spesso incendiata per fare spazio a terra coltivabile o da pascolo – ed è noto per non essere particolarmente attento alla salvaguardia delle popolazioni native. Il governo brasiliano, almeno, ha intensificato l’operato – e ha dichiarato lo stato di emergenza – per ovviare al problema incendi, ma la siccità e i forti venti non aiutano a risolvere la questione. La foresta fluviale – che si trova nel Bacino Amazzonico in un’area di circa 7 milioni di chilometri quadrati di cui 60% si trova in territorio brasiliano – è un’area ricca di biodiversità, ma ora, più che mai, animali e piante sono a rischio: il mondo starà a guardare o riuscirà a mettere acqua sul fuoco ponendo le basi per una rinascita ambientale e culturale?