La Venere degli stracci a Napoli, la scorsa settimana, è stata trend topic globale: i media di tutto il mondo hanno dato eco al rogo dell’opera di Michelangelo Pistoletto, avvenuto il 12 luglio. Come riportato in un nostro precedente articolo, il maestro aveva dato forma a una versione originale, in scala monumentale, della storica installazione che era stata realizzata da Cittadellarte e progettata ad hoc per Napoli. La questura e le forze dell’ordine sembra che abbiano individuato il responsabile dell’incendio, in seguito alle indagini, attraverso il sistema di videosorveglianza. Il Direttore di Cittadellarte Paolo Naldini ci tiene a chiarire la dimensione economica dell’iniziativa sia in riferimento alle spese di realizzazione, sia alle previsioni dei costi di ri-costruzione anche con l’aiuto di due tabelle riepilogative dei dettagli di tutte le spese.
Paolo, facciamo dunque chiarezza sulle spese relative alla Venere degli stracci di Napoli. Quali sono, nel dettaglio, i costi dell’operazione?
Il costo dell’iniziativa è costituito interamente da spese vive, senza nessun compenso né per Pistoletto, né per la Fondazione che hanno donato l’opera e il lavoro di progettazione e realizzazione alla Città di Napoli.
Il grosso del costo è dovuto alla realizzazione della statua e della struttura, oltre 140mila euro. L’allestimento, sempre ad opera di ditte esterne, è costato oltre 30mila euro. Il resto sono stati costi per gli stracci, i sopralluoghi e i permessi vari.
Volgiamo ora lo sguardo al futuro. Come si articolerà la rinascita dell’opera sul piano economico?
La ricostruzione proposta dal Comune di Napoli speriamo possa costare molto meno perché ci aspettiamo di ricevere un risarcimento da parte dell’assicurazione di forse 40mila euro, ma purtroppo questo non è per niente certo ancora. Inoltre, c’è una buona possibilità che si possa riutilizzare la struttura in metallo riparando i punti in cui si sia danneggiata, ma anche a questo riguardo dobbiamo attendere la definizione della questione da parte degli esperti che potranno esaminare la struttura solo dopo che sia stata concessa l’autorizzazione da parte delle autorità. Nel caso di scenario peggiore (in assenza di risarcimento e senza poter in alcun modo riutilizzare la struttura di metallo) il costo sarebbe di oltre 170mila euro.
In conclusione, qual è la situazione relativa al budget di ricostruzione?
Anche il budget di ricostruzione (come quello della prima installazione) è interamente dedicato alle spese vive e nulla sarà riconosciuto né a Michelangelo Pistoletto, né alla Fondazione Pistoletto. Anche se i fondi della Fondazione sono limitati e insufficienti, e solo per una parte (72mila euro nel 2023) ci vengono dallo Stato attraverso la Regione Piemonte, questa operazione per Napoli è stata decisa da Michelangelo e dal Consiglio di Amministrazione perché avrebbe costituito un importante segnale per la moda globale, proprio nei mesi in cui il dibattito internazionale sulla sostenibilità dell’industria tessile sta compiendo importanti passi avanti, anche grazie a chi come noi dal 2009 opera per sensibilizzare gli attori della filiera e i consumatori, come sanno coloro che hanno seguito i nostri lavori con le Nazioni Unite e con la Camera Nazionale della Moda. Se abbiamo fondato una scuola, un’Accademia di Moda Sostenibile, prima in Italia ad avere corsi triennali dedicati specificamente alla sostenibilità, diretta da una delle più autorevoli professioniste del settore (CSR manager per Armani, dopo anni di analogo ruolo in Gucci) è perché le nostre radici culturali attingono proprio alla Venere degli stracci e alle consapevolezze che 56 anni fa qualcuno già avvertiva, come Michelangelo, ma anche per esempio il Club di Roma (che venne fondato nel ’68). Anche se ci manca il sostengo pubblico, abbiamo incontrato in questi anni molti imprenditori e istituzioni che hanno creduto nella nostra visione ancora quando non era “di moda”. Chi viene a visitare Cittadellarte a Biella oggi incontra non una, ma 3 mostre e una decina di video-progetti dedicati appunto alla moda sostenibile e alla cultura tessile e circolare. La grande Venere di Napoli non è cresciuta rispetto alle dimensioni dell’opera del 1967 in relazione all’ego di un artista, e neanche soltanto perché la Piazza del Municipio di Napoli ha dimensioni e proporzioni tali da imporre riflessioni importanti sulla spazialità dell’opera, ma soprattutto perché sono enormemente cresciuti la produzione e gli scarti tessili che oggi soffocano la Terra in luoghi come il deserto dell’Atacama o le coste del Ghana, come anche documentato dal bellissimo lavoro di uno dei fashion designer della nostra piattaforma e scuola, Matteo Ward, che insieme a WILL ha realizzato un documentario trasmesso in 4 puntate da SKY proprio su questo. È cresciuta la mole di stracci, quindi, ed è cresciuta anche la Venere che rappresenta l’umanità sulla Terra. Dare fuoco a tutto questo non è mai sembrata una soluzione ragionevole e generativa, se non ai cultori dello spettacolo e del simbolico che non mancano mai: oggi è persino in corso la definizione di un’articolata legislazione europea (che inevitabilmente confluirà nell’ordinamento nazionale anche italiano) che appunto prevede il divieto di bruciare capi e tessuti invenduti. Un grande passo avanti rispetto a chi pensa che sia meglio mandare in fumo le opere come gli scarti, invece che rigenerare e rigenerarsi tramite di essi.