Friuli Venezia Giulia, Udine, Passariano di Codroipo. Torniamo a vivere un fine settimana di fine maggio caratterizzato da un meteo confusionario, che ha alternato violente precipitazioni a carezze del sole sulla pelle. Eccoci a Villa Manin, uno scenografico capolavoro d’architettura sorto nel Cinquecento, una delle più importanti dimore Venete del XVIII secolo. Le giornate del fine settimana intorno a questo patrimonio culturale non potrebbero essere più diverse fra loro, non solo sul piano atmosferico: venerdì, all’ingresso della Villa, regna la melodia della quiete, intervallata da acuti dialoghi tra uccelli che si rivelano un DJ set offerto dalla natura; sabato la presenza dell’uomo si fa invece più marcata, tra una festa folkloristica delle Pro loco, un Forum all’insegna della sostenibilità e delle best practices e l’inaugurazione di una mostra. Sì, perché la residenza doganale, tra le molteplici iniziative che ha ospitato, è stata sfondo attivo della mostra T3rza Terra – Michelangelo Pistoletto e Cittadellarte a Villa Manin, inaugurata sabato scorso e visitabile fino al 31 dicembre 2024. L’esposizione mette in luce alcune tra le opere più importanti del maestro, come i Quadri specchianti, la Venere degli stracci, la Sfera di giornali e il Metro cubo d’infinito, ponendoli artisticamente in connessione con le creazioni di artisti provenienti dalla regione, dall’Italia e dall’estero, che mettono anch’essi al centro del loro lavoro una dimensione etica e sociale. In particolare, per la selezione degli artisti chiamati a dialogare con i temi e le istanze rappresentative delle opere di Pistoletto (tra i quali Ryts Monet, Caretto – Spagna, Collettivo Robida, Luigi Coppola, Chiara Sgaramella, Noor Abed, Nico Angiuli, Tiziana e Isabella Pers, PLoT 2021 – Colette Lewis, Marilyn Lennon, Elinor River – e Michele Spanghero), Villa Manin ha collaborato con il comitato curatoriale di UNIDEE Residency Program, composto da Juan E. Sandoval, artista, Andy Abbott, curatore, Alessandra Saviotti, curatrice, e Beatrice Catanzaro, artista, mentre per il programma di incontri che accompagneranno la mostra la collaborazione è stata con Giacomo Bassmaji, ‘anima e cuore’ di tutto il progetto espositivo. Nel percorso di visita, nel parco, è presente anche un Terzo Paradiso – che ha ispirato il nome della mostra -, simbolo ideato da Michelangelo Pistoletto che esprime l’intreccio equilibrato tra artificio e natura, in versione botanica; si tratta di una creazione in divenire, che sarà fatta crescere anche grazie all’uso di uno speciale carbone vegetale che aumenta la fertilità dei terreni, il Biochar. Il progetto artistico, realizzato con la curatela di Guido Comis, direttore di Villa Manin per l’Erpac (Ente regionale per il patrimonio culturale), in collaborazione con Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte, ha dunque portato nell’ex residenza dogale lo spirito autentico della cittadella, luogo di confronto di altri artisti con i temi dell’opera di Pistoletto, di dibattito sull’etica della produzione, spazio di socialità e condivisione con le realtà del territorio.
Una serie di opere in mostra. Foto di Stefano Bergomas di Massmedia.
Una serie di opere in mostra. Foto: redazione.
Public program: l’arte della demopraxia
L’esposizione sarà accompagnata da un programma di incontri denominato Arte della Demopraxia, che prevede il coinvolgimento di organizzazioni pubbliche e private, esponenti del mondo produttivo e agricolo, rappresentanti delle istituzioni e della cultura. Villa Manin diviene dunque luogo di esercizio della demopraxia, neologismo coniato a Cittadellarte per definire il processo di trasformazione sociale attraverso il coinvolgimento diretto di tutte le associazioni e i gruppi di lavoro di un territorio. “Il Demos – così gli organizzatori – governa direttamente su molti aspetti della vita delle persone che si uniscono per organizzare l’attività quotidiana in imprese, associazioni o comitati, cioè in ‘comunità di pratiche’ piuttosto che in sistemi ideologizzati. Se il pre/testo rappresenta una visione, emana pensiero e ispira l’attività, il testo e il contesto sono ingaggiati in conversazioni e collaborazioni attive con il territorio, questo è l’obiettivo che l’Arte Demopratica si prefigge”. È così che a Villa Manin, attraverso un programma fitto e impegnativo di attività, si va a creare uno spazio di incontro e progettazione finalizzato all’impatto concreto nelle dinamiche culturali ma anche sociali e economiche della Regione Friuli Venezia Giulia. Il public program si sviluppa a partire dalle istanze rappresentate dalle stanze della mostra: per ogni istanza (temi) sono previsti azioni, talk, spettacoli, attività e performance. Ogni stanza rappresenta un’istanza e nell’ottica di diversificare e favorire tutte le forme di contaminazione e dialogo si è lavorato su più fronti, sempre in connessione coi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Sono state inoltre istituite residenze di ricerca e produzione connesse con le installazioni in mostra, finalizzate a tessere relazioni di partecipazione creativa con diverse constituencies del territorio. È dunque stato organizzato il Rebirth Forum – affinché mettesse in pratica la visione dell’Opera dell’Arte Demopratica – e collateralmente sono state promosse le attività dagli Uffizi di Cittadellarte. L’obiettivo è quello di rendere Villa Manin il baricentro regionale delle attività culturali e innovative creando un terreno fertile di dialogo tra le attività culturali e artistiche e il mondo rurale che circonda la Villa Dogale.
Michelangelo Pistoletto.
Paolo Naldini.
Guido Comis.
L’inaugurazione della mostra. Foto di Stefano Bergomas di Massmedia.
La conferenza stampa di presentazione
Venerdì 24 maggio è andata in scena la press preview che ha consentito ai giornalisti non solo di scoprire gli spazi espositivi e i contenuti della mostra, ma anche di conoscere in anteprima le peculiarità del progetto espositivo dagli stessi protagonisti. Ad alzare il sipario degli interventi è stato il curatore Guido Comis: “T3rza Terra non è solo una mostra sulla poetica di Michelangelo Pistoletto, ma si estende coinvolgendo la società: le opere di Michelangelo, infatti, sono in grado di dialogare con gli spazi della vita”. È poi emerso un elemento chiave dell’iniziativa, ossia il confronto artistico tra differenti individualità: “Sono esposte non solo opere del maestro, ma anche quelle di altri creativi che dialogano così con Pistoletto e Cittadellarte. Anche Villa Manin non funge da mero contenitore, ma è connessa con le opere. Non solo, questa mostra dialoga anche con il territorio: all’arte contemporanea si guarda spesso con sospetto, come se fosse elitaria; invece qui è il contrario, è il motore con cui intessere una relazione sociale”. Le sue parole hanno trovato conferma nella successiva riflessione del maestro. “L’opera di un artista – ha sottolineato il fondatore di Cittadellarte – oggi non può più essere sola, individuale, assoluta e introspettiva, ma deve rivelarsi molteplice e coinvolgente”. Michelangelo Pistoletto, dopo essersi soffermato sulle ambasciate Rebirth/Terzo Paradiso, ha poi svelato la missione del suo lavoro: “L’obiettivo – ha asserito – è far nascere una nuova società a partire dall’arte”. Paolo Naldini si è invece focalizzato sull’approccio e sul modus operandi del progetto espositivo: “Comis ha pensato che Cittadellarte potesse far emergere qualcosa di nuovo qui a Villa Manin. Noi – ha precisato in riferimento al Rebirth Forum – non siamo dei colonizzatori che occupano un territorio con la propria pratica, ma in realtà coltiviamo degli spazi, nati dall’autorialità di istituzioni, organizzazioni e persone che vivono qui. Quindi ci connettiamo con le comunità locali, dando loro la possibilità di emergere per quello che sono. Cittadellarte lavora infatti sul continuo rigenerare e rinascere”. Il direttore di Cittadellarte si è poi soffermato sul tipo di programma, dispositivo, quindi applicativo e programmatico, ed espositivo: “A mio avviso – ha spiegato – si articola attraverso tre strati: il primo nasce dal lavoro di Pistoletto esposto a Villa Manin; il secondo strato è costituito da pratiche artistiche che interpretano a proprio modo la strada che Michelangelo ha intrapreso dagli anni ’60; il terzo strato è infine composto da una dinamica della società che si organizza proprio per fare società”. Questo tris di strati è raccolto nel simbolo del Terzo Paradiso, che campeggia anche nel parco della Villa. Armona Pistoletto, presidente di Let Eat Bi, ha illustrato le peculiarità dell’opera site specific definendo il ruolo del biochar nella realizzazione dell’installazione naturale. La conferenza stampa si è conclusa con le riflessioni di Giacomo Bassmaji, il quale ha spiegato il dietro le quinte dell’iniziativa: “È da febbraio che frequento il Friuli, Villa Manin e il magnifico territorio chiamato ‘Secret garden’, anche per rispondere all’esigenza di mischiarmi e confrontarmi con la comunità locale. Ho così incontrato persone e organizzazioni, arrivando a coinvolgere circa 120 associazioni”. Spazio infine a Lorenzo Lanciano, tutor degli studenti dell’ISIA Pordenone che hanno allestito lo spazio che ha ospitato la conferenza (con il supporto del professor Luigi Cuppone), compresi i posti a sedere in legno: “Il risultato è d’impatto, frutto di un lavoro di nove alunni che hanno prodotto gli esecutivi con tanto di cuscini composti di materiali sostenibili”.
Giacomo Bassmaji.
Momenti di Rebirth Forum. Foto di Stefano Bergomas di Massmedia.
Il Rebirth Forum
La sala che il giorno prima aveva ospitato i giornalisti, il sabato ha accolto referenti e rappresentanti di diverse istituzioni, associazioni e realtà territoriali. Sì, perché il Forum ha riunito in un unico luogo una pluralità di attori provenienti da ogni ambito del tessuto sociale. Ispirandosi al metodo demopratico e ai principi del Terzo Paradiso, l’eterogeneità dei presenti non solo ha superato – e dato nuova forma – i confini e le distanze delle differenze, ma ha trovato armonia, energia creativa. Villa Manin è diventato così uno spazio di co-autorialità e di co-creazione. Paolo Naldini ha presentato la giornata definendola come la seconda scena di un canovaccio dell’arte, l’arte della demopraxia: “La prima scena – così il direttore – riguarda la serie di conversazioni e incontri, la seconda è quella della ritualità di gruppo che porterà alla realizzazione di una carta/elenco di possibili azioni e alla distribuzione dell’energia nelle comunità di pratica, la terza concerne l’anno di lavoro seguente, il cantiere di lavoro”. I partecipanti sono stati divisi nei seguenti sette tavoli di lavoro tematici (con altrettanti facilitatori, uno per gruppo) ognuno riferito a differenti SDGs dell’Agenda 2030 e definiti sulla base delle esigenze territoriali emerse dal lavoro di Giacomo Bassmaji: Le vie di Proteo: Terra d’acqua; La coltura agricola, un’opportunità di economia circolare; Aggiungi un posto a tavola, turismo slow tra vini e sapori; Intreccio di culture, visioni di un tessuto comune; Dialoghi di confine, confronto tra culture dei territori; Superiamo le barriere, sport e inclusione sociale; Pensare il paesaggio, la formula della biodiversità. All’intenso confronto nei tavoli di lavoro è seguita la restituzione collettiva in plenaria.
Momenti di Rebirth Forum. Foto: redazione Journal.
La plenaria
Il primo tavolo è partito dal tema dell’acqua sotterranea e dall’inquinamento delle falde: “Ci siamo chiesti – così Marco Iob – che cosa potremmo mettere in atto per far sì che ci sia una crescita della cultura dell’acqua in questo territorio e soprattutto come raggiungere anche coloro che non sentono il bisogno di essere raggiunti, che non ritengono ci sia un’urgenza. Abbiamo compreso che per riuscirsi dobbiamo sottolineare che l’acqua è una persona, un soggetto con vita, degno di rispetto. Ci siamo immaginati un luogo dove mettere insieme le diverse conoscenze e competenze per riuscire a trovare un modo, che cerchi di elaborare una strategia”. Il secondo tavolo ha invece creato un manifesto di buone pratiche agricole diviso in 12 punti avvalendosi dell’intelligenza artificiale. “Con questo documento – così la portavoce del tavolo Armona Pistoletto – intendiamo creare una mappatura territoriale di best practices già esistenti, istituendo anche dei premi per le realtà più virtuose. Il pubblico potrà usare questo manifesto per orientarsi sulla scelta della spesa e dei negozi dove recarsi per fare acquisti sostenibili. Così il consumatore diventa produttore e, con un esempio trinamico, avremmo un consumatore da un lato, il produttore nel cerchio opposto e l’ambiente nel centro del Terzo Paradiso”. Il terzo tavolo si è concentrato sulla possibilità di fare eventi a impatto zero con una narrazione che specifichi e illustri le buone pratiche della sua organizzazioni e del suo svolgimento: “Vorremmo – ha esordito Giacomo Trevisan – mettere al centro del turismo esperienze della filiera agroalimentare e, allo stesso tempo, fornire un’educazione sul tema food ai consumatori. Dobbiamo comunicare come si può essere sostenibili partendo dal cibo. Un esempio, a questo proposito, sarebbe cercare di ridurre il consumo di carne”. Si è poi passati al quarto tavolo: i referenti hanno esordito spiegando che per costruire la cultura dell’intreccio occorre andare oltre l’autoreferenzialità e stimolare la nascita di nuovi immaginari attraverso la demopraxia. “Siamo partiti dal nome del tavolo – ha spiegato il facilitatore Andrea Paoletti – cambiandolo in culture di intrecci. In quest’ottica, l’obiettivo che ci siamo dati è creare una mappatura umana dei talenti del territorio”. Il quinto tavolo – facilitato da Federico Rossi – era dedicato ai dialoghi di confine: il tavolo ha prima analizzato l’identità del territorio, ricco di molteplicità comunitarie e culturali, poi proposto di creare un luogo digitale o reale in cui mettere in luce modelli positivi di partecipazione sociale responsabile, avvalendosi del forum e della mostra di Pistoletto per avvicinare le persone al mondo culturale. “Il Friuli è una regione dove si intrecciano complessità linguistiche e rappresenta quindi un microcosmo della diversità europea. Il confine spesso ha un’accezione negativa, ma in questa regione rappresenta un luogo di incontro e scambio che, attraverso il dialogo tra l’arte e la cultura, può far generare nuovi punti di vista”. Il sesto tavolo, come spiegato dalla facilitatrice Sara Di Maio, si è focalizzato sul superamento delle barriere non solo fisiche, ma anche mentali e sociali. L’obiettivo è mirare a una costante e trasversale accessibilità: “Ci siamo focalizzati anche sull’empowerment femminile e sulle nuove generazioni. Il Rebirth Forum è un valido strumento per generare inclusione e ascolto reciproco. Perché non proporlo anche ai giovanissimi?”. L’ultimo tavolo era invece incentrato sulla cura della biodiversità e sulla tutela degli ecosistemi, ma anche della lotta contro gli allevamenti intensivi. Pensare al paesaggio, per il gruppo, ha significato considerare la pluralità e delle forme di vita che lo compongono: “L’intersezionalità e l’interdisciplinarietà – hanno sottolineato Andrea Guaran e Tiziana Pers – sono stati i valori aggiunti del nostro team: ci siamo promessi di iniziare un lavoro insieme. Per ora, abbiamo in serbo una serie di proposte di eco-design per arredamento d’interni e industrie che possano dar nuova vita a rifiuti o materiali di scarto che si trovano sulle nostre coste”. Per offrire una prima sintesi del Rebirth Forum ha infine avuto un ruolo chiave Michele Cerruti But, coordinatore accademico di Accademia Unidee. Quest’ultimo, dopo aver preso parte ai tavoli e ascoltato la plenaria, ha condiviso e definito i punti chiave emersi dai tavoli, ideando sette frasi chiave a tinte sloganistiche che riassumono il lavoro di ognuno dei gruppi: L’acqua come persona o soggetto degno di rispetto; Il consumo alimentare responsabile come vettore di trasformazione dell’agricoltura e dell’ambiente; Il turismo come occasione di ripensamento del modello di sviluppo del territorio; Dall’intreccio di culture alla cultura dell’intreccio; Il confine come spazio di soglia dell’incontro; L’accessibilità come condizione di cittadinanza; Il paesaggio come insieme organico, intersezionale e interdisciplinare. “Al centro del lavoro del prossimo futuro c’è la Terra, una parola che raccoglie questioni locali, del territorio concreto e abitato del Friuli, ma anche questioni globali, come le sfide climatiche e geopolitiche del pianeta. L’obiettivo – ha affermato – è la costruzione di una terza terra, intesa come spazio di creazione e di rammendo, di rimedio al consumo e al deterioramento che la seconda terra, quella prodotta dall’uomo, ha generato sulla prima terra, risorsa naturale ancestrale. La terza terra è un rinascimento della terra e dei suoi abitanti, un modello per il pianeta”.