Arte, design, reti locali e internazionali: sono questi gli ingredienti del progetto cui Cittadellarte sta lavorando insieme all’Istituto d’Arte Applicata e Design di Torino. Si tratta della creazione di un nuovo Corso di Diploma Accademico in Social Innovation Design (SID), un percorso di studi della durata di tre anni. Con i riferimenti di Michelangelo Pistoletto (direttore artistico) e Paolo Naldini (direttore di Cittadellarte), il coordinamento del corso è affidato a Valeria Cantoni Mamiani e Michele Cerruti But (vicecoordinatore). L’intervista che segue è rivolta proprio a Cerruti But, che racconta questa futura scuola per facilitatori di innovazione responsabile.
Qual è il suo ruolo a Cittadellarte e nello specifico nel progetto SID?
Lavoro in Fondazione dal primo febbraio, l’obbiettivo iniziale è stato quello di accreditare al Ministero il Corso di Diploma Accademico. Una volta riconosciuto, mi occuperò della promozione del progetto e della sua comunicazione attraverso un percorso che prevede eventi, incontri e mostre. La prima occasione sarà il 23 giugno, durante la ventesima edizione di “Artealcentro”, in cui verrà lanciato ufficialmente il corso attraverso un evento di discussione tra professionisti dell’innovazione ed esperienze ad alto impatto sociale. Infine, quando il corso partirà, sarò il vicecoordinatore.
Perché è stato scelto di istituire un Corso di Diploma Accademico?
L’istruzione superiore, in Italia, è erogata o dalle Università, attraverso i corsi di laurea, o dal sistema AFAM (Alta Formazione Artistica, Musicale e coreutica), che ricomprende le Accademie, gli Isia e i Conservatori riconosciuti dal Ministero, e che fornisce i titoli di Diploma Accademico, naturalmente equipollenti alle lauree. In entrambi i casi, infatti, a seguito della laurea triennale o del diploma accademico di primo livello è possibile iscriversi a un corso di secondo livello (laurea magistrale o diploma di secondo livello). Cittadellarte apre un corso di diploma accademico nell’alta formazione proprio perché è un corso legato all’arte e all’istruzione artistica, e sarà accreditato peraltro secondo l’ordinamento dell’ISIA. L’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche (ISIA) è un’istituzione di alta cultura pubblica dedicata al disegno industriale, nata con l’obiettivo di mettere in connessione il mondo dell’arte con quello dell’industria e dell’impresa. Cittadellarte, in questo contesto, dopo ventanni di lavoro nell’ambito delle trasformazioni sociali responsabili, crede nell’esigenza di tradurre questa lunga esperienza anche in un corso di istruzione superiore, e il modo più confacente è proprio quello di occuparsi di Social Innovation all’interno dell’Alta Formazione, e attraverso la strada del Design.
Ci spiega il nesso tra Cittadellarte e il corso di Social innovation design?
Uno degli obiettivi di Cittadellarte è tradurre l’autonomia dell’artista e dell’arte in azione trasformativa. C’è la ricerca del tentativo di utilizzare l’arte come agente di trasformazione sociale responsabile, in modo che abbia una dimensione correlata alla società. Non è un caso, quindi, che questo corso venga da questa realtà. Sarà anche importante coinvolgere attivamente tutte le risorse e gli stimoli dei responsabili delle macroaree di Cittadellarte negli insegnamenti.
Quali sono le motivazioni che hanno portato alla scelta di un percorso triennale?
Triennale perché questo percorso si occupa dei fondamenti. Dobbiamo formare dei facilitatori di innovazione responsabile, che hanno bisogno di costruire la basi di pensiero. Questo può verificarsi non aggiungendo semplicemente delle competenze in più, ma fornendo un percorso personalizzato fin dal principio.
Quali caratteristiche contraddistingueranno il corso?
Si possono identificare quattro peculiarità. La prima è che sarà un modello formativo basato sul rapporto fra l’arte e le organizzazioni, dove l’arte non è il fine, non è un corso che ricerca o forma artisti, ma produce persone che possano dialogare con l’arte riconoscendola come innovazione radicale attraverso cui lavorare in organizzazioni e imprese. Il corpo docente sarà in gran parte formato da professionisti e da protagonisti del mondo dell’innovazione sociale e delle imprese innovative, in modo che teoria e pratica siano intimamente connesse e si possa studiare e lavorare su progetti reali. Il secondo fattore riguarda la rete internazionale. Cittadellarte infatti ha molti partner, locali, nazionali e internazionali, e proprio grazie a queste collaborazioni gli insegnanti costruiranno i programmi intorno ai progetti delle aziende, anche attraverso il confronto con l’arte. La terza peculiarità riguarda la sede dei corsi.
A questo proposito come e in quali spazi si svolgeranno le lezioni?
Il primo anno a Torino allo IAAD, il secondo tra il capoluogo piemontese e Biella, il terzo tra la nostra provincia e Milano. Nello specifico le lezioni a Biella si terranno a Cittadellarte nella Sala delle Colonne, uno spazio straordinario ed estremamente flessibile. La sala è infatti divisibile in varie porzioni, e attraverso pareti mobili ad alte prestazioni acustiche, progettate insieme all’Ufficio Architettura di Cittadellarte, si potranno avere aule “spostabili” e a dimensione variabile, a seconda delle necessità. Con questa mossa innovativa dal punto di vista architettonico, la Sala delle Colonne diventa così uno spazio dove le mostre, la didattica, gli incontri e le conferenze possono convivere.
La quarta ed ultima peculiarità?
La quarta è quella che chiamiamo il “modello del pesce”. I criteri di ammissione, infatti, sono incentrati sulle conoscenze ma anche sui sogni dei ragazzi. Per potersi iscrivere, gli studenti dovranno spiegare e motivare una passione, un progetto: quello che potrebbe essere un vero e proprio progetto di vita. Anche se potranno rivelarsi utopici o ingenui, vista la giovane età, il corso lavorerà su quelli, per realizzarli con un percorso ad hoc. Attraverso un modello in cui, accompagnati individualmente da un collegio di formatori, insegnamenti ed esperienze non sono tese ad accumulare nozioni, ma hanno l’obiettivo di dare una forma a quel sogno iniziale, mettendolo in discussione e integrandolo.
Quali competenze tende a formare questo corso?
Anche in questo caso, se ne possono identificare quattro.
– Il Design thinking, ovvero il saper usare l’approccio del designer per progettare non oggetti, ma un modo di pensare, e diventare in questo modo facilitatori dei processi di innovazione;
– Il Problem solving and setting, per imparare non solo a risolvere i problemi, ma anche a individuarli;
– L’autonomia e teamwork, con l’obbiettivo di costruire singoli che realizzino sogni ma sappiano anche lavorare in gruppo;
– La padronanza di teoria, di metodi e di tecniche dell’organizzazione e dell’innovazione.
Che valore avrà per il territorio biellese un progetto simile?
Un impatto molto forte, sicuramente positivo. Questo corso parte anzitutto dalle esigenze del territorio. Il contesto in cui viviamo non è più coincidente con il distretto industriale degli anni ’80 o ’90: è cambiato il modo di produrre, di muoversi, di lavorare e di fare cultura. Apparteniamo a un orizzonte più allargato, dove la forte coscienza e identità tessile biellese non è più capace, da sola, di interpretare la realtà, e i cui confini tengono insieme almeno anche Torino e Milano. Il corso forma persone in grado di immaginare l’innovazione proprio in questo mondo.
Perché un ragazzo o una ragazza dovrebbero scegliere di seguire questo corso?
Per tre ragioni. Anzitutto perché non c’è in Italia e in Europa un corso di studi incentrato sui modi di fare innovazione fin dal primo anno di università. In secondo luogo perché in questo corso si formano professionalità poliedriche, sempre più richieste dalle aziende, che grazie al progetto e al pensiero sanno accompagnare e mediare le trasformazioni. In ultimo, perché questo corso ha l’obiettivo di realizzare i sogni di ciascuno, per quanto diversi o complicati siano.
Per maggiori informazioni sul corso, è possibile visionare l’Opuscolo SID