Introduzione: Kayu e Lucie Fontaine
Dopo aver vissuto sull’isola di Bali per alcuni anni, ho iniziato a sentire il bisogno di connettermi al discorso internazionale sull’arte contemporanea. Volevo creare una realtà simile al sogno di Fitzcarraldo, un personaggio di un film di Werner Herzog: un teatro dell’opera nella giungla. M’incuriosiva vedere opere d’arte contemporanea esposte in un contesto diverso e come questo potesse influenzare l’arte. Volevo che il nuovo contesto fosse un ‘altrove’, in mezzo al nulla e circondato dalla natura, un luogo tra il magico e l’onirico completamente opposto al solito ‘cubo bianco’ di una galleria e ciò che lo circonda. Era un mio progetto personale già da tempo, ma mi sembrava sempre che mancasse qualcosa, ed era quindi rimasto in stato di incubazione. L’incontro con un dipendente di Lucie Fontaine ha generato la scintilla che ha portato alla realizzazione del Kayu (una parola indonesiana che significa ‘legno’).
Lucie Fontaine mi ha dato la possibilità di connettere Bali alla scena intellettuale internazionale, facendomi conoscere altri incredibili artisti e dando al progetto l’aura di professionalità che distingue il suo lavoro includendo il Kayu come una sua filiale balinese. Sebbene non sia di fatto nella giungla, il Kayu nasce nel mondo naturale balinese e occupa un edificio insolito, un antico Joglo, una tradizionale casa di legno giavanese all’interno di un complesso balinese/giavanese: Setia Darma La casa delle maschere e dei burattini, che vuole preservare la tradizionale cultura indonesiana esponendo una delle più grandi collezioni di maschere e burattini dell’Indonesia. Questo nuovo contesto mi ha dato l’ispirazione per creare un programma di eventi al Kayu. L’intimità del luogo e il fatto che sia la casa di maschere, natura, ambiente esotico sono tutti elementi che hanno poi influenzato la mia scelta degli artisti da invitare.
Maschera, Setia Darma La casa delle maschere e dei burattini, Bali, 2018. Per gentile concessione di BIASA. Foto: Cyril Saulnier.
Il Kayu è diventato una piattaforma a supporto della crescita e della consapevolezza di un discorso sull’arte contemporanea internazionale a Bali, attraverso progetti sperimentali e concettuali. Favorendo le attività artistiche e fornendo un servizio di incubazione, crea opportunità per uno scambio di informazioni e sapere tra Bali, Indonesia e il mondo artistico esterno. A partire dal progetto inaugurale del 2014, ‘Domesticity V’, il Kayu ha sviluppato progetti con artisti contemporanei come Michelangelo Pistoletto, Rirkrit Tiravanija, Anthea Hamilton, Dora Budor, Arahmaiani, Maria Hassabi, Mierle Laderman Ukeles, Melati Suryodarmo, Claire Fontaine, Corrado Levi, Jessica Warboys, Agnieszka Kurant, Michael Helfman, Miri Segal, Ciprian Mureşan, Lina Viste Grønli, Lupo Borgonovo, Entang Wiharso, Fendry Ekel, Jumaldi Alfi, Luigi Ontani, Radu Comșa, Patrizio Di Massimo e Ashley Bickerton. Il modo in cui opero con il Kayu è essenzialmente simile a come mi approccio alla mia pratica artistica: ricercando, scoprendo, selezionando e organizzando, riflettendo sul concetto di potere personificato dalla relazione padrone di casa-ospite. Per questa ragione considero il Kayu come un’estensione della mia pratica artistica, che non si limita all’attività in studio, ma include un impegno a curare, produrre e favorire mostre artistiche.
Veduta di “IdeTriBali”, mostra personale, Kayu, Bali, 2015. Per gentile concessione di Kayu Lucie Fontaine. Foto: Evelyn Pritt.
Il primo Rebirth Forum: Sostenibilità attraverso le differenze e il Grande Arcipelago (Sustainability through differences & The Gretat Archipelago).
Veduta del simbolo del Terzo Paradiso, Kayu, Bali, 2018. Realizzato da EVA NATASA STUDIO. Per gentile concessione di Kayu Lucie Fontaine. Foto: Evelyn Pritt.
Nel 2017 sono stato invitato dall’Istituto di cultura italiano (IIC) di Giacarta a organizzare il primo Rebirth Forum del Terzo Paradiso del Sud-est asiatico in collaborazione con l’ambasciata italiana, l’IIC e Cittadellarte.
Abbiamo unanimemente concordato di includere il Forum nel programma artistico del Kayu Lucie Fontaine al Setia Darma La casa delle maschere e dei burattini a Bali. L’ambiente e la cultura che circondano il programma del Kayu erano in perfetta armonia con la filosofia del Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto, nella quale l’arte diventa un simbolo che genera consapevolezza nella comunità per una pratica virtuosa comune e un ritorno a un dialogo con la natura. Infatti, Bali è un esempio di come l’arte sia integrata in tutti gli aspetti della vita sociale balinese attraverso la pratica religiosa. In particolare, l’arte è una pratica quotidiana della popolazione, esteticamente utile per ringraziare gli dei e la natura.
Veduta di una performance tradizionale balinese, Kayu, Bali, 2018. Per gentile concessione di Kayu Lucie Fontaine. Foto: Cyril Saulnier.
Inoltre, il programma studiato dal Kayu in relazione al contesto tradizionale riflette sul concetto della dicotomia passato/presente, un concetto caro a Michelangelo Pistoletto, e allo stesso tempo un tratto tipico della società balinese. Il dialogo tra passato e presente, tradizione e contemporaneità è diventato una delle strategie concepite dal Forum per infondere i principi del Terzo Paradiso nella comunità locale. Intitolato Sostenibilità attraverso le differenze, il primo Rebirth Forum a Bali è stato un evento di tre giorni nel dicembre del 2018 che ha accolto circa cinquanta persone selezionate per le loro competenze e attività nel territorio locale balinese. Il titolo si riferiva al concetto indonesiano Bhinneka Tunggal Ika (Uniti nelle differenze), nel quale il complesso ecosistema della nazione trova il suo equilibrio**. I partecipanti al Forum erano divisi in cinque tavoli di lavoro e invitati a discutere e condividere le attività sviluppate sul territorio indonesiano su diversi temi ispirati dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile.
Vedute di “Sostenibilità attraverso le differenze”, primo Rebirth Forum, Kayu, Bali, 2018. Per gentile concessione di Cittadellarte. Foto: Marina Maffei.
Il Forum accompagnava Il Grande Arcipelago, una mostra collettiva internazionale che includeva contributi di Arahmaiani, Ashley Bickerton, Dora Budor, Marco Cassani, Rafram Chaddad & Rirkrit Tiravanija, Fendry Ekel, Michal Helfman, Michelangelo Pistoletto, Rochelle Goldberg, Filippo Sciascia e Entang Wiharso.
Veduta de “Il Grande Arcipelago”, mostra collettiva, Kayu, Bali, 2018. Per gentile concessione di Kayu Lucie Fontaine. Foto: Evelyn Pritt.
La mostra concepita dal Kayu era profondamente ispirata dal lavoro di Michelangelo Pistoletto e rifletteva sul concetto di tavolo come oggetto domestico e simbolo di unione. La mostra presentava undici tavoli disegnati dagli artisti menzionati sopra e prodotti in Indonesia. I tavoli in mostra accomodavano i partecipanti al Forum nel corso dell’evento. Alla fine del Forum tutti i tavoli sono rimasti esposti per l’intera durata dalla mostra.
Veduta de “Il Grande Arcipelago”, mostra collettiva, Kayu, Bali, 2018. Per gentile concessione di Kayu Lucie Fontaine. Foto: Cyril Saulnier.
Il titolo della mostra riprendeva anche il titolo dell’opera di Michelangelo Pistoletto Il Grande Arcipelago, un tavolo specchiante disegnato dall’artista per l’occasione e prodotto in Indonesia insieme alle sue dodici sedie. Il tavolo rappresenta i mari che lambiscono l’Indonesia ed è parte di una serie di tavoli fatti da Pistoletto che vedono il mare come il crogiolo culturale per eccellenza, un simbolo d’incontro tra diverse culture. Le sedie provenivano da dodici diverse regioni e città dell’Indonesia e rappresentano la multiculturalità della nazione.
Michelangelo Pistoletto, “Il Grande Arcipelago”, 2018. Per gentile concessione dell’artista e di Kayu Lucie Fontaine. Foto: Evelyn Pritt.
Il Forum è cresciuto organicamente nel corso dei tre giorni, presentando le diverse prospettive che i partecipanti offrivano sui vari temi del Forum. In particolare, uno dei tavoli di lavoro ha analizzato le tradizioni culturali come veicolo per infondere i valori del Terzo Paradiso all’interno della comunità locale. Partendo da questo punto, ho iniziato a creare uno spazio d’arte chiamato BATU, dedicato ai temi che emergevano dal Forum.
Batu Art Space
Veduta del Batu Art Space, Bali, 2019. Per gentile concessione di Kayu Lucie Fontaine e Batu Art Space. Foto: Evelyn Pritt.
Il Batu, che significa ‘pietra’ nel linguaggio indonesiano e balinese, è situato in un Limasan (una tradizionale casa giavanese) al Setia Darma La casa delle maschere e dei burattini, e i suoi programmi artistici e di ricerca sono ideati da me e dal mio collega Fendry Ekel, un artista basato a Bali e Berlino che aveva partecipato al Forum e alla mostra collettiva rispettivamente come facilitatore e come artista. Ekel ha anche partecipato al programma residenziale di Cittadellarte, a Biella, Italia, nel 1999. Il cuore del Batu come istituzione artistica è la sua collezione di opere, che sono semipermanentemente esposte nello spazio. La collezione delle opere appartiene all’iniziativa Kayu Lucie Fontaine.
Veduta del Batu Art Space, Bali, 2019. Per gentile concessione di Kayu Lucie Fontaine e Batu Art Space. Foto: Evelyn Pritt.
L’apertura limitata del Batu Art Space l’11 maggio 2019 ha segnato la sua missione: da una parte il Batu Art Space vuole condividere la conoscenza dell’arte contemporanea con la comunità locale balinese. Lo spazio artistico mostra in soluzione semipermanente una collezione (in crescita) di opere d’arte di artisti locali e internazionali che hanno partecipato al programma del Kayu. La maggior parte delle opere sono state prodotte in Indonesia esclusivamente per il programma artistico del Kayu in collaborazione con artigiani locali e aziende basate a Bali.
Gli artisti nella collezione sono: Ashley Bickerton, Dora Budor, Radu Comsa, Patrizio Di Massimo, Fendry Ekel, Anthea Hamilton, Maria Hassabi, Michal Helfman, Agnieszka Kurant, Corrado Levi, Matteo Rubbi, Alice Tomaselli, Alexandra Zuckerman e il sottoscritto.
Dall’altra, il Batu vuole avviare una serie di iniziative, ospitate dal Kayu in collaborazione con altri partner, che intendono essere una riflessione su questioni sociali e ambientali; la presentazione al Kayu della performance di Arahmaiani The Flag Project (Il progetto delle bandiere) ha segnato questo aspetto.
Arahmaiani, che aveva participato al Forum, è tra gli artisti contemporanei seminali e più stimati dell’Indonesia. È da tempo riconosciuta internazionalmente per i suoi commenti forti e provocativi su questioni sociali, politiche e culturali. Nata nel 1961 in Bandung, Indonesia, si è affermata negli anni ’80 come pioniere nel campo dell’arte performativa del Sud-est asiatico, sebbene la sua pratica incorpori un’ampia varietà di media. Negli ultimi sei anni il suo lavoro si è particolarmente focalizzato sulle questioni ambientali dell’altopiano tibetano, dove ha collaborato attivamente in situ con i monaci buddisti e gli abitanti dei villaggi per far crescere la consapevolezza ambientale attraverso una serie di progetti di comunità tutt’ora in progress.
The Flag Project
Arahmaiani, “The Flag Project”, Kayu, Bali, 2019. Per gentile concessione dell’artista e di Kayu Lucie Fontaine. Foto: Evelyn Pritt.
Radicato in azioni basate nella comunità, The Flag Project (2006 – in progress) vede l’artista coinvolgersi con i membri di varie comunità al fine di render manifeste le loro preoccupazioni, pensieri e speranze, che lei materializza sotto forma di testi cuciti sulle bandiere. Avviato da Arahmaiani con Amumarta Pesantren (un collegio islamico) dopo che un grande terremoto colpì Yogyakarta nel 2006, il progetto ha continuato ad ampliarsi in varie comunità in Indonesia, Australia, Malaysia, Singapore, Thailandia, Filippine, Giappone, Cina, Tibet, Germania e Belgio.
Arahmaiani, “The Flag Project”, Kayu, Bali, 2019. Per gentile concessione dell’artista e di Kayu Lucie Fontaine. Foto: Evelyn Pritt.
Al Kayu la performance di Arahmaiani ha coinvolto circa trenta persone, suoi amici dalla comunità di artisti di Bali. Reggendo trenta bandiere, i partecipanti hanno fatto una parata all’interno del complesso La casa delle maschere e dei burattini; dopodiché le bandiere sono state esposte al Batu fino alla fine del progetto. La performance e le bandiere sono il risultato di un lavoro collaborativo. L’artista crea un ‘sistema d’arte aperto’ basato su strumenti democratici attraverso i quali la comunità identifica soluzioni alle problematiche rilevanti o cruciali. Nel corso di questo processo Arahmaiani si pone come facilitatrice, moderando la discussione e permettendo alle comunità di esprimere i loro pensieri in modo organico e come lavoro collettivo, collaborativo e individuale. Questo sistema crea una rete di comunità sostenibile.
Arahmaiani, “The Flag Project”, Kayu, Bali, 2019. Per gentile concessione dell’artista e di Kayu Lucie Fontaine. Foto: Evelyn Pritt.
Le bandiere colorate fatte a mano riportano i valori essenziali delle varie fedi e comunità culturali con cui Arahmaiani ha collaborato nel corso degli anni. I concetti che emergono sono presentati con parole chiave nelle diverse lingue che vengono cucite sulle bandiere. Le parole chiave includono: libertà, amore, cuore, coraggio, mente, cultura, capitale, terra, acqua, aria, cibo, resistenza, saggezza, felicità, mano nella mano e solidarietà, e anche brevi frasi come “Non essere arrogante”. Le bandiere sono state fatte da un gruppo di cucitrici di un villaggio vicino a Yogyakarta, sull’isola di Giava, Indonesia.
Arahmaiani, “The Flag Project”, Kayu, Bali, 2019. Per gentile concessione dell’artista e di Kayu Lucie Fontaine. Foto: Evelyn Pritt.
La performance di Arahmaiani al Kayu è il culmine di un dialogo che l’artista ha avviato trent’anni fa con la comunità balinese nel villaggio di Bona e “queste bandiere fungono da dichiarazione di rispetto verso le diverse fedi e culture”***. Il Batu Art Space è aperto solo su appuntamento ed è situato al Setia Darma La casa delle maschere e dei burattini a Bali. Per ulteriori informazioni si prega di contattare info@batuartspace.org o visitare www.batuartspace.org. Il Batu Art Space inaugura il 7 dicembre 2019.