Exquisite Corpse: reminiscenze di un open studio
Martedì 29 novembre 2022 presso la Fondazione Pistoletto si è tenuto l’open studio “Exquisite Corpse” che ha presentato al pubblico le opere work in progress degli artisti della residenza di ricerca UNIDEE 2022. In questo articolo approfondiremo più in dettaglio, attraverso le loro dichiarazioni, la loro ricerca artistica.

Juliette Alhmah, Marco Cassani, Shaima Hamad, Andréa Spartà, Ginevra Naldini e Marco Isaias Bertoglio. Sono questi gli artisti protagonisti della residenza di ricerca UNIDEE 2022 che hanno presentato in data 29 novembre 2022, presso Cittadellarte durante l’open studio Exquisite Corpse, i loro progetti artistici. Ne avevamo annunciato i contenuti in un nostro precedente articolo, ma di seguito indagheremo più approfonditamente la ricerca di questi artisti grazie a ciò che hanno raccontato ai nostri microfoni.

Open studio “Exquisite Corpse”

Il Cadavre exquis (Exquisite CorpseCadavere squisito) è un gioco di carta e matita, simile per alcuni versi, al vecchio gioco delle conseguenze, in cui i partecipanti devono cimentarsi nel creare quello che alla fine sarà un testo o un’immagine tramite una partecipazione di gruppo collaborativa in cui però ogni partecipante ignora i precedenti contributi degli altri.
Inventato a Parigi nel 1925 dai surrealisti Yves Tanguy, Jacques Prévert, André Breton e Marcel Duchamp, il nome del gioco deriverebbe da un’espressione che si compose durante la prima partita in assoluto¹. In seguito nacquero varianti del gioco in cui lo scopo non era scrivere un testo, bensì comporre un disegno o un collage.

L’open studio è stato intitolato Exquisite Corpse proprio in riferimento alla nascita, tramite una collaborazione intima e giocosa, delle opere allestite nello spazio collettivo dell’open studio che, seppur frutto di ricerche artistiche indubbiamente differenti, risultano tutte essere legate al contesto del biellese.

Andréa Spartà

Il metodo di lavoro dell’artista francese Andréa Spartà è fondato sull’osservazione, raccolta e successiva rielaborazione di ciò che quotidianamente lo circonda.

Il mio lavoro parte in principio dall’osservazione diretta della quotidianità e delle situazioni in cui mi trovo. Le mie opere sono infatti il risultato del mio essere presente lì in quel momento.

L’artista interiorizza e restituisce, filtrato dalla sua percezione, questo immaginario: “Tutto ciò che vedo punto a traslarlo in una sorta di metafora. Dalle foto che scatto della quotidianità creo disegni e installazioni che nelle fattezze ricordano le immagini dai contorni sfuocati – mental images in a blurry way – di cui si popola la nostra mente nel momento in cui ci stiamo per addormentare, in quel momento di limbo tra sonno e veglia in cui iniziamo a rielaborare gli avvenimenti della nostra giornata

La serie di installazioni e disegni che Spartà ha presentato all’open studio si intitolano Weather Report: “Ricorro molto spesso all’idea del report meteorologico poiché ciò che più mi affascina è il fatto che questo sia uno strumento per studiare il passato, predire il futuro e permette di sapere cosa sta accadendo in un determinato posto ad un esatto momento. Le mie opere in realtà non seguono un tempo cronologico come nel bollettino meteorologico, ma fanno riferimento solo ad alcuni momenti precisi che in modo particolare hanno catturato la mia attenzione. Lavorando con quello che è un luogo, tutto fa riferimento al periodo trascorso qui a Biella e a Cittadellarte”.

Juliette Alhmah

La fotografa francese ha presentato all’open studio A lucky charm and some good shoes, una ricerca work in progress incentrata sui viaggi in solitaria delle donne esplorando le relazioni umane, l’intimità, le emozioni e le narrazioni che ne scaturiscono. Questo tema rientra in quello più ampio delle donne, del loro corpo e della loro sicurezza nello spazio pubblico.

Ho scelto questo come argomento da cui far partire la mia ricerca in quanto io stessa sono una donna e spesso viaggio sola. Faccio anche parte del progetto Nouveau Grand Tour, che si ricollega alla tradizione settecentesca del Grand Tour degli artisti di viaggiare verso nuovi paesi alla scoperta del patrimonio artistico, quindi sono anche un’artista donna in viaggio”.

E se Ulisse fosse stato una donna? E se Penelope non avesse dovuto aspettarlo rimanendo ad Itaca? L’idea del viaggio e della storia di avventura è da sempre immediatamente associata alla mascolinità. La donna, se non è a casa ad aspettare saggiamente, viene vista nel migliore dei casi, come una piacevole compagna di viaggio; nel peggiore appare come una possibile conquista sessuale o un’incosciente quando si avventura da sola. Il progetto di Alhmah vuole invertire la narrazione analizzare queste tematiche da un’altra prospettiva.

Le storie di viaggio delle donne esistono, ma ne sappiamo molto poco. Per questo motivo ho iniziato una ricerca proprio qui a Biella sui viaggi in solitaria delle donne e per far conoscere queste storie. Ho conosciuto, così, donne che sono dovute partire per forza per lavorare, donne che l’hanno fatto per scelta o altre che si sono messe in viaggio con fede per andare in pellegrinaggio”.

A lucky charm and some good shoes fa fede ad una approfondita ricerca letteraria e storica svolta da Ahlmah in archivi e biblioteche del territorio, ed unisce incontri, testimonianze e fotografie di donne biellesi.

L’idea è quindi quella di incontrarle e di parlare del loro rapporto con il viaggio, delle loro esperienze e dei loro ricordi. Se sono d’accordo, registro le loro voci, scatto loro dei ritratti. L’obiettivo è creare un filmato in cui queste storie si intreccino con alcune leggende e racconti del territorio e alcuni miei personali ricordi per creare così un viaggio audiovisivo”.

Shaima Hamad

Shaima Hamad, artista visiva e performativa palestinese, ha restituito, alla fine della sua residenza, una performance di arte culinaria per la sua ricerca incentrata sulla pianta del Topinambur, anche chiamata Jerusalem artichoke o sunchocke.

Conoscevo già alcune ricette palestinesi che utilizzavano questo tubero, ma me ne ero praticamente dimenticata fino a quando, arrivata qui a Biella, sono stata invitata ad una cena in cui ho riscoperto questo sapore. Chiedendo di che cosa si trattasse mi è stato detto che il piatto che avevo appena gustato era a base di Topinambur, anche chiamato carciofo di Gerusalemme (Jerusalem artichoke)”.

La pianta di questo tubero cresce principalmente in aree umide e si diffonde, in maniera copiosa, nei pressi dei corsi d’acqua quindi è molto diffusa in Piemonte.

Ho iniziato a fare alcune ricerche su questa pianta visto che in Palestina non ne avevo mai sentito parlare con il nome di carciofo di Gerusalemme, e in un modo quasi magico, questa pianta mi ha portata in posti rispettivamente lontani e molto diversi in tutto il mondo. L’origine di questa pianta parte dall’America Latina passando per la Francia, l’Italia, la Palestina fino ad arrivare in Inghilterra. Il Topinambur raccoglie in sé una stratificazione di storie che si ricollegano alla storia stessa: colonizzazione, identità e alla mia diretta esperienza personale”.

In Bread Without Borders, usando l’arte culinaria, Hamad vuole documentare e proteggere le pratiche e le storie del cibo della sua tradizione unendole al contempo al racconto di tutte le esperienze vissute e fatte a Cittadellarte.

Da sempre porto la bellezza della tradizione culinaria nella mia pratica artistica. L’azione di cucinare è un atto umano e io riesco a comunicare bene attraverso questo linguaggio. Quando si preparano delle pietanze spesso e volentieri si uniscono più tradizioni e da questo nascono nuovi sapori che possono cambiare ciò che fino ad un attimo prima provavi e sapevi. Sono molto grata a questa pianta e amo il giallo dei suoi fiori e mi sono trovata nel posto giusto al momento giusto per far luce su queste connessioni attraverso la mia ricerca e la mia performance”.

Marco Cassani 

Artista concettuale italiano, residente ormai da 13 anni a Bali. Formatosi inizialmente come pittore, nel corso del tempo ha adottato un linguaggio e un metodo artistici che, attraverso la sua pratica, mettono in discussione alcuni emblemi e codici sociali, in particolare quelli legati al potere politico e collettivo, utilizzando l’arte come “catalizzatore” per creare una nuova comprensione verso la costruzione del valore.
Exchange
 è il progetto che ha presentato all’open studio. Il progetto è iniziato con l’installazione dell’opera scultorea: Ti Amo (fountain) come una fontana dei desideri posizionata nel cortile interno di Cittadellarte – Fondazione Pistoletto (tutti i dettagli in un nostro precedente articolo).

L’opera si ispira al rito balinese e alla tradizione italiana di esprimere un desiderio personale lanciando una moneta in una sorgente sacra o in una fontana. Il titolo dell’installazione è quindi un richiamo al mio paese di origine e all’opera di Michelangelo Pistoletto ‘Ti amo’, che ho (ri)scoperto durante la mia residenza a Cittadellarte. La fontana, in quest’ottica, ha un rapporto profondo con l’amore e con il credo: crea infatti uno spazio intimo ma allo stesso tempo pubblico in cui le persone si trovano per esprimere un desiderio. Ho scelto di posizionarla nella piazza della Fondazione perché solitamente questo è il luogo dove viene costruita, ma allo stesso tempo non ho voluto metterla nel centro poiché condivido la visione di Pistoletto secondo la quale non esiste un unico centro”.

Con questa ricerca incentrata sull’acqua e sulla sua distribuzione, viene indagato questo elemento universale in relazione alla funzione sociale delle fontane.

L’acqua è un elemento universale e da sempre alla base della vita umana. Acqua significa vita, amore e valore, ma questi si declinano a seconda dell’ambiente e del contesto sociale in cui ci troviamo. Il gettare la monetina in una fontana è un atto assolutamente umano. La mia idea è cercare di toccare nuovamente determinate corde di cui spesso ci dimentichiamo che sono, secondo me, quelle che intrinsecamente fanno parte di noi. Con la mia opera voglio creare una connessione valoriale attorno al medesimo elemento da due prospettive tanto distanti geograficamente quanto simili: Bali e Biella. È interessante notare come in Italia la visione dell’acqua sia nel tempo adattata in relazione alla sua democratizzazione e ai nostri bisogni allontanandoci dalla sorgente. Differentemente i balinesi mantengano la loro connessione con le sorgenti d’acqua attraverso rituali quotidiani fatti di offerte, che è, in qualche modo, simile a quello che un tempo facevano i biellesi con il fiume Cervo. Questa cosa l’ho scoperta durante le mie settimane di residenza quando mi sono recato al museo del territorio biellese dove mi è stata mostrata una spada, ritrovata nel letto del corso d’acqua, che era stata un tempo donata al fiume come offerta.

Durante l’open studio Cassani espone anche un archivio visuale che raccoglie tutti i materiali e gli oggetti da lui raccolti a sottolineare che: “Il concetto dell’archivio per me è come un andare alla fonte e ritrovare la sorgente”.

Ginevra Naldini e Marco Isaias Bertoglio

La ricerca che hanno sviluppato a quattro mani Ginevra Naldini e Marco Isaias Bertoglio vede il corpo e i sensi umani in prima linea come strumenti attivi di indagine dei contesti che ci circondano.

La relazione del suono e l’ambiente, il ruolo che il corpo ha come strumento di ricerca attraverso il suono che crea e percepisce. Il suono lega attraverso la differenza, attraversa lo spazio e lo permea; l’ascolto allo stesso tempo, sia dal punto di vista sonico che antropologico e politico, ha un ruolo di ponte tra noi e l’altro, tra ciò che percepiamo essere in noi e ciò che è al di fuori di noi. Il suono come linguaggio è molto più immediato, emotivo e sensoriale”.

Sound-Walk, Micro-Geography of Engagements and Sound-Movement Installation è una installazione sonora interattiva che vuole rievocare acusticamente una passeggiata attraverso l’est-urbano di Biella e i suoi edifici industriali dismessi.

L’utilizzo del suono, dell’ascolto e del corpo come strumenti di indagine è da sempre una nostra metodologia. – Ginevra e Marco rispettivamente la sviluppano a Londra e a Madrid, ndr.– Durante la residenza ci siamo chiesti, andando ad indagare determinati tipi di spazi, come potevamo analizzarli e andare ad utilizzare il suono è stata la nostra risposta immediata”.

L’installazione si compone di due pedane di legno “interattive”. Sotto vi sono stati applicati dei microfoni a contatto così da permettere a i fruitori, nel momento in cui vi passeggiano sopra, di sentire il loro stesso passo molto più amplificato. Questo per “portare l’idea che non esiste solo il suono attorno a noi, ma noi stessi in primis creiamo suono”. Il suono da queste pedane non solo viene amplificato, ma viene modificato anche con un po’ di effetto di riverbero così da dare l’idea di star camminando in uno spazio ampio e dismesso dai grandi echi e rimbombi, come lo spazio dell’ex edificio Rivetti (spazio esaminato da Naldini e Bertoglio). Queste pedane, inoltre, sono state ricoperte da ghiaia, sassi, foglie secche, terra, calcinacci, muschio per rendere il suono prodotto ancor più realistico e suggestivo. In parallelo gli artisti hanno realizzato un paesaggio sonoro.

Il paesaggio sonoro del quartiere biellese di San Paolo viene riprodotto in loop negli ambienti dell’open studio. Per prima cosa abbiamo registrato i suoni di quel luogo (il traffico, le campane, i rumori di una scuola durante la ricreazione, suoni registrati all’interno di supermercati come Esselunga o Aldi). Selezionandone poi 36 li abbiamo riassemblati in modo da creare questa sensazione di passeggiata, di una persona e un corpo che si muove in un determinato spazio. Nel momento della visita dell’open studio questo paesaggio sonoro va ad interagire con i suoni creati dai passi delle persone che camminano sulle pedane”.

La città viene percepita come esperienza corporea, il camminare come rituale per collettivizzare decisioni future. Questo vuole tradursi in una micro-geografia di impegni attivi nella formulazione di futuri alternativi per questo paesaggio.


¹ La frase ottenuta fu: “le cadavre exquis boira le vin nouveau” (tradotto: “il cadavere squisito berrà il vino nuovo”).
Crediti fotografici – Cecilia Bisatti