La moda tra sperimentazione e sostenibilità, ecco “Fashion B.E.S.T. “
"Vogliamo cambiare il modo di vedere i capi realizzati con materiale sostenibile. Catalizziamo l'attenzione grazie al contributo di designer d'eccellenza e al dialogo con le aziende tessili biellesi". Olga Pirazzi, responsabile ufficio moda di Cittadellarte, racconta il progetto Bio Ethical Sustainable Trend.

Un’officina operativa che, dal 2009, si dedica allo sviluppo della sostenibilità nell’ambito del settore tessile e riunisce in un piattaforma decine di aziende produttrici di tessuti, filati e accessori ecosostenibili: questo è B.E.S.T., acronimo di Bio Ethical Sustainable Trend. I lavoro si tengono in un luogo stimolante che permette di coniugare l’etica, l’estetica e la sperimentazione con la sostenibilità. Una location unica che ha come principale caratteristica la creatività artistica nello sfondo del territorio biellese, da sempre riferimento internazionale d’eccellenza della filiera tessile. La figura di riferimento del progetto è Olga Pirazzi, responsabile ufficio moda di Cittadellarte, che racconta questa macroarea nell’intervista che segue.

Quali sono le origini di B.E.S.T.?
Il progetto nacque perché Michelangelo Pistoletto pensò di dare rilevanza all’ambito della moda con un percorso sostenibile ed etico nel tessile. La città di Biella in questo settore è da sempre affermata a livello mondiale, quindi l’idea è stata mettere insieme le aziende di questo tipo. Per mettere in luce l’eccellenza delle aziende territorio si è pensato al progetto B.E.S.T., per sviluppare una piattaforma che potesse promuovere tessuti, filati, accessori e in generale  sensibilizzare al consumo sostenibile partecipando a  gruppi di lavoro internazionali e organizzando seminari e approfondimenti formativi. In pratica tutto quello che serve a un fashion designer per lavorare.

Come fu avviato il progetto?
Ha preso il via nel 2009 con l’evento “Fashion B.E.S.T.”, dove si radunarono 40 aziende del territorio. Gli ideatori furono Michelangelo Pistoletto e Franca Sozzani, fondatrice di Vogue Italia, figura importantissima nel mondo della monda. Furono selezionati dieci emergenti fashion designer per realizzare dei capi che fossero realizzati con materiali totalmente sostenibili, in collaborazione con le aziende del territorio che fornirono i materiali per il progetto. Dopo quell’iniziativa nacque l’esigenza di portare avanti questo percorso, compito affidato alla sottoscritta a fine 2009.

Qual è la funzione dello spazio di B.E.S.T.?
All’interno del progetto B.E.S.T., grazie alla collaborazione coi designer, è nata l’esigenza di creare uno speciale corso di formazione: così nascono gli Studios. Questo consiste nel far venire giovani stilisti e permettere loro di lavorare in un ambito neutro. Attraverso i corsi diamo modo di liberare la mente, senza tempi di scadenza e con i mezzi necessari per farlo, ad esempio attraverso un progetto. Uno degli strumenti può essere l’ispirazione, che Cittadellarte fornisce con naturalezza. Questo vuol dire che si lavora in maniera personale, creando abiti che non devono essere visti come un semplice capo da indossare, ma come un concetto che si esterna trasmettendo un contenuto. In una sorta di contaminazione tra arte e moda, i partecipanti imparano, tramite un processo di lavorazione, a realizzare dei capi.

A chi sono destinati e come sono strutturati i corsi?
Solitamente sono dedicati ai laureandi o ai laureati. Per quanto concerne la formazione, lavoro insieme a Silvio Betterelli che si occupa della direzione artistica. Lui stesso aveva partecipato al primo incontro del progetto con Pistoletto e Sozzani come designer emergente. L’obbiettivo mio e di Silvio è quello di mettere a disposizione un centro dove tutti i giovani designer possano venire, lavorare, confrontarsi e ispirarsi. I moduli hanno una durata 15 giorni e finora abbiamo avuto partecipanti prevalentemente stranieri. Gli elaborati realizzati rimango negli archivi di Cittadellarte Fashion B.E.S.T., che così si arricchiscono continuamente.

Qual è il punto di forza di B.E.S.T.?
La sua forza è la credibilità. Cittadellarte riesce a catalizzare l’attenzione di designer di grande livello, che danno il loro contributo lasciandoci la testimonianza del loro passaggio e delle loro creazioni. Inoltre c’è sempre un dialogo privilegiato con le aziende del comparto tessile biellese. Sensibilizziamo anche le scuole a mandarci gli studenti, perché possiamo aiutarli a immaginare nuovi modi di intendere la moda. Ci interessa cambiare il modo di pensare, vivere e creare i capi, infatti nell’immaginario comune gli abiti realizzati con materiali etici e sostenibili non hanno il giusto appeal, quando in realtà sono di grande valore.

Cosa le piace del suo lavoro?
Sono tanti gli aspetti che adoro. Per me non è un semplice impiego ma un’esperienza di vita. Ho lavorato 30 anni nel mondo della moda, ma è sempre stato un tipo di occupazione diverso, dove mi occupavo di far fronte anche a problemi logistici. A questo lavoro invece non sono legata solo dal punto di vista professionale, ma anche coinvolta personalmente. La collaborazione con Cittadellarte e Michelangelo Pistoletto mi hanno cambiata, prima di rapportarmi con questa realtà avevo una visione diversa. Molto stimolante anche il rapporto con i giovani, dove trasmetto non solo le nozioni tecniche ma anche la mia grande passione.

Cittadellarte ha un legame forte con l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Nel suo ambito qual è stata la collaborazione più significativa che si è sviluppata con l’Onu?
Sicuramente la sfilata che si è svolta ad aprile 2014 all’intero dell’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra. Un appuntamento importantissimo che si è tenuto grazie alla cooperazione con Maria Teresa Pisani, funzionario Onu. Un’iniziativa simile non era mai successa nella storia delle Nazioni Unite. Fu una sfilata di moda chiamata “Forest for fashion, fashion for forest” dove la mission era sensibilizzare e sostenere il tema delle foreste. Abbiamo organizzato la sfilata mettendo insieme 60 capi, scelti con un grande lavoro di ricerca dei tessuti forniti dalle aziende che hanno collaborato. Fu una grande vetrina per noi, considerando che eravamo davanti a delegati, ambasciatori e giornalisti di tutto il mondo. Questo evento fu il crocevia che portò alla realizzazione di un Terzo Paradiso nel giardino del palazzo dell’Onu. L’opera è tuttora presente, composta da pietre provenienti da tutti i 193 stati membri, in rappresentanza di una nuova prospettiva di unione tra i vari paesi.