Da Giacarta a Cittadellarte, Michela Magrì incontra Michelangelo Pistoletto
"Sogno di portare Pistoletto e la filosofia del Terzo Paradiso in Indonesia". Intervista a Michela Magrì, direttrice dell'Istituto Italiano di Cultura a Giacarta.

Un incontro dal sapore internazionale è avvenuto a Cittadellarte: Michelangelo Pistoletto e Michela Magrì, direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura (IIC) a Giacarta, si sono incontrati per discutere di un’importante collaborazione, che vedrebbe portare fino in Indonesia la filosofia del Terzo Paradiso. Magrì lavora per il Ministero degli Affari Esteri e, dopo essere stata direttrice dell’IIC di Los Angeles, si occupa di promuovere l’Italia nel paese asiatico. Uno dei  progetti attuali più prestigiosi, collegati alla sua occupazione, riguarda Pistoletto (e la sua arte), come racconta nell’intervista che segue.

Qual è il suo background professionale?
Ho avuto una formazione di tipo giuridico. Sono stata un avvocato e ho lavorato al Ministero della Giustizia; poi sono passata al Ministero degli Affari Esteri. Nel 2000, infatti, sono entrata alla Farnesina e ho iniziato a lavorare nel mondo della promozione culturale. Il mio passato si è rivelato fondamentale, perché per mettere in luce il nostro paese è importante conoscere le leggi e l’organizzazione degli istituti.

Che valore ha, per lei, essere direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Giacarta?
Innanzitutto è una grande responsabilità. Essere direttore non vuol dire conoscere solo tutto lo scibile della cultura della penisola, ma anche cercare di capire, in relazione alla richiesta del paese, qual è l’esperienza che meglio può far percepire la bellezza dell’Italia. Io cerco di organizzare eventi senza dare immagini stereotipate del nostro paese, ma cercando di unire all’innovazione la tradizione e mettendo in risalto sia la contemporaneità sia la nostra storia.

Qual è la funzione di un Istituto Italiano della Cultura?
Lo scopo è rappresentare l’Italia nel paese dove viene accreditata l’ambasciata o il consolato. Promuoviamo la cultura dello “stivale” tramite l’opera, la musica, il cinema e il design, tutti settori ricchi di eccellenze. Nel mio caso, a Giacarta, devo cercare di capire qual è l’incontro tra domanda e offerta, individuando l’ambito che interessa agli indonesiani; di conseguenza organizzo eventi che facciano vedere a grandi livelli di cosa è capace il nostro paese. Questo accade, ad esempio, portando artisti, organizzando concerti o invitando architetti e designer.

Qual è la mission che il Ministero degli Affari Esteri le ha affidato?
A livello istituzionale devo essere la direttrice, che presuppone grande conoscenza dell’organizzazione amministrativa della struttura. L’obbiettivo è quello di promuovere l’Italia attraverso gli eventi che programmiamo ogni anno. C’è anche un altro aspetto rilevante: visto che passo una parte considerevole della mia vita nel paese dove lavoro, è importante che riceva continuamente cultura; questo comporta una trasformazione e un arricchimento costante.

Qual è il motivo della sua visita alla Fondazione Pistoletto?
La presenza a Cittadellarte è dovuta al mio sogno di portare Michelangelo Pistoletto a Giacarta, per far scoprire meglio la sua filosofia e la sua arte in Asia. L’idea è nata in seguito a un incontro con il maestro, avvenuto l’anno scorso alla Farnesina, durante una riunione di tutti i direttori degli Istituti Italiani di Cultura. L’appuntamento si era aperto con l’introduzione di Pistoletto, che mi aveva colpito moltissimo. In seguito, grazie a un contatto con Cittadellarte, dopo alcune conferenze telefoniche sono venuta qui per provare a concretizzare il mio progetto.

Com’è stato l’incontro con Pistoletto?
Michelangelo mi ha incantata. Era come se fossi tornata indietro nel tempo, perché parlare con lui mi ha dato l’impressione di assistere a una lectio magistralis, mi sono sentita una scolara. Non è solo un artista, ma è anche un filosofo; una persona del nostro tempo che parla con un linguaggio chiaro e semplice, che colpisce grazie ai valori più semplici, quali la pace, la solidarietà e il riscatto delle persone che non hanno voce. Il suo modo di promuovere l’arte dovrebbe essere portato non solo nelle scuole, ma ovunque. Credo, infatti, che la sua idea di avvicinare i giovani alla vita concreta attraverso l’arte dovrebbe essere insegnata a scuola.

In che modo il Ministero degli Affari Esteri  monitora e sostiene le attività degli Istituti Italiani di Cultura nel mondo?
Il Ministero ha ripristinato gli incontri annuali tra tutti i direttori delle nazioni. In quell’occasione veniamo invitati alla Farnesina, dove avviene un importante momento formativo, che permette scambi e vicinanza con i funzionari che lavorano all’estero. L’appuntamento permette di fissare  le linee programmatiche delle iniziative che si vogliono realizzare. Ci sono kermesse tematiche e annuali, ad esempio in ottobre “la settimana della lingua italiana nel mondo”; da 17 anni il Ministero promuove la lingua italiana attraverso questo evento.

Che tipo di iniziative ha organizzato?
Dal 2015, anno in cui ho assunto il ruolo di direttrice a Giacarta, ho messo in piedi dei programmi di musica contemporanea, classica e jazz. Ho dato rilevanza anche alla danza, nello specifico quella rinascimentale. Mi sono sempre occupata di eventi o settori che potessero aprire nuove conoscenze, per far capire l’Italia non parlando solo di pizza, Ferrari, Vespa, ma anche di tecnologia, start up, scienza, sostenibilità e dieta mediterranea. Significativa anche la differenza con il nostro concetto di famiglia: in Indonesia si stupiscono quando scoprono che in Italia è tradizione  pranzare o cenare con i familiari; in questo senso loro hanno una visione molto diversa dalla nostra.

L’Italia, dal punto di vista artistico, in cosa viene maggiormente apprezzata dagli Indonesiani?
Nei confronti del pubblico generale conoscono e gradiscono principalmente l’arte classica; ad esempio Michelangelo Buonarroti, Raffaello e Leonardo da Vinci sono molto conosciuti soprattutto dalle classi sociali più agiate. Molti giovani artisti, inoltre, conoscono anche la nostra arte contemporanea.

Per svolgere il suo lavoro quanto deve essere forte il legame con la nostra penisola?
Amo il mio paese. Non importa quante ore passo in ufficio, ora sono venuta in Italia a mie spese con lo scopo di sviluppare eventi che vorrei realizzare in Indonesia. Il concetto che ho di promozione esula dal fatto di considerarlo un normale impiego, è una responsabilità; rappresento il nostro paese a partire da me stessa e dal modo di fare il mio lavoro.