Il Terzo Paradiso al confine tra Turchia e Siria, quando un simbolo pacifica gli opposti
Nicolò Marchetti, professore ordinario del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell'Università di Bologna, ha curato un'installazione del Terzo Paradiso a Karkemish, situata sulla sponda occidentale del fiume Eufrate. L'opera lunga 30 metri, la cui realizzazione è stata richiesta da Fatma Şahin (sindaca metropolitana di Gaziantep), è stata progettata dall'archeologo con la collaborazione di Michelangelo Pistoletto. "Karkemish è un luogo giusto e straordinario - ha affermato il maestro biellese - per ospitare il Terzo Paradiso, simbolo che pacifica gli opposti, che cura le differenze, che invita a promuovere, sanando i conflitti, nuovi modelli di vita e di partecipazione alla vita, attivando pratiche responsabili che ci pacificano e che, garantendo ugual dignità a tutte le specie che lo abitano, ci danno diritto di appartenenza a questo nostro pianeta”.

Un luogo di vita, un luogo di morte, un luogo di rinascita. È molto densa la memoria dell’antica città di Karkemish, che si trova presso le attuali Karkamış e Jarablus, tra Turchia e Siria. Ubicata sulla sponda occidentale del fiume Eufrate, in una della zone che è stata tra le culle della civiltà, ha lasciato meraviglie archeologiche che riflettono secoli di egemonia degli imperi ittita, neoassiro, neobabilonese e persiano. La sua storia più recente, invece, racconta di un luogo di confine al centro di fragilità socio-politiche, in un’area che negli anni è stata teatro di conflitti tra Turchia e Siria. Quelle differenze che dovrebbero essere inestimabile tesoro della civiltà moderna sono invece state motivo di di contrasto, tensione, divergenze sfociate in sangue. È pleonastico o utopistico credere o sperare che le differenze possano rivelarsi scintille di pace? Il progetto che è stato ideato e ultimato nell’antica capitale ittita induce a una profonda riflessione in questo senso. Il riferimento è a un lavoro corale, di rete, che ha portato alla realizzazione di una speciale installazione del Terzo Paradiso. Un simbolo di speranza, di un’unione, di trasformazione, di sintesi tra gli opposti.


Il dietro le quinte
Dal 2011 l’Università di Bologna, insieme a quelle di Istanbul e Gaziantep sotto la direzione dell’archeologo e docente Nicolò Marchetti, ha curato annuali campagne di scavi a Karkemish portando alla luce quella che è considerata una delle aree archeologiche più importanti al mondo. Si è trattato di un un progetto italo-turco corale che ha visto la partecipazione attiva delle autorità locali, della popolazione e del complesso industriale Sanko. Insomma, un lavoro di squadra, di comunità. Nel contesto della missione, sono state poste le basi per un nuovo progetto: il Comune metropolitano di Gaziantep, nella figura della sindaca Fatma Şahin (unica prima cittadina metropolitana donna del Paese), ha domandato al team di Marchetti di realizzare un giardino in un’area da definire nei pressi dell’area archeologica. “La richiesta – ha raccontato il professore ai nostri microfoni – era di realizzare qualcosa che fosse elaborata con gusto e stile italiano. Abbiamo accolto con entusiasmo la proposta del giardino anche perché il Ministero degli Esteri – che ha cofinanziato e patrocinato la spedizione – ci chiede di impiegare parte del budget in ambito green”.


La partecipazione di Pistoletto
L’archeologo ha coinvolto nel progetto Michelangelo Pistoletto: “Ho chiesto al maestro se avesse voluto contribuire – ha spiegato Marchetti – e ha risposto subito all’appello comprendendone l’importanza. Si è dimostrato ancora una volta una persona incredibilmente generosa. La mia proposta, infatti, non era quella di realizzare un semplice giardino, ma un Terzo Paradiso che ospitasse al suo interno il ‘verde’ attraverso piante di vario tipo, anche officinali. Pistoletto ha innanzitutto individuato l’area per lui più adatta per realizzare l’opera tra alcune localizzazioni possibili proposte da noi. Così l’iniziativa è entrata nel vivo”. La scelta è caduta su un’area nei pressi dei boschetti lungo l’Eufrate sul limitare del parco archeologico.

 

L’installazione
L’opera è stata quindi costruita dove aveva suggerito l’artista biellese e verrà inaugurata ufficialmente nella prossima primavera. Marchetti, in attesa della presentazione, ha già composto il Terzo Paradiso con pietre antiche, cavate nel decimo secolo d.C. ma provenienti dai livelli romani e ittiti. “L’idea – ha spiegato l’archeologo – era di usare queste pietre in modo culturalmente vivo. Nell’opera d’arte si alternano blocchi di calcare e basalto, bianco e nero: una ricerca cromatica che è tipica dell’architettura ittita e che nello specifico rivela anche una straordinaria stratificazione temporale tra Romani (calcare) e Ittiti (basalto)”. La rappresentazione del segno-simbolo, lunga 30 metri, presenta nelle tre lemniscate piante officinali come rosmarino e lavanda mentre al centro figurano alberi e cespugli.

 

Il commento di Marchetti
Il progetto – ha specificato – è motivo di grande soddisfazione personale, a partire dalla richiesta della Turchia di produrre un pezzo di bellezza italiana sul loro territorio. Poter inoltre contare sul contributo del più grande artista italiano vivente è stato molto significativo e ha aperto una dimensione ulteriore. Il risultato è emblematico: visitando l’opera si avverte un senso di quiete, di intensità. Negli anni questi luoghi sono stati teatro di brutalità, ma ora questa installazione di pace non è solo un contrasto, ma una evoluzione che tutti auspichiamo. Il Terzo Paradiso, per me, è un simbolo di speranza, non è un format rigido, ma un movimento di pace e integrazione. Pistoletto ha diffuso nel mondo il suo segno-simbolo riuscendo a far passare un messaggio profondo, è come se avesse creato delle barchette che ora vanno per conto loro in direzioni inaspettate”.

La riflessione di Michelangelo Pistoletto
Karkemish è un luogo giusto e straordinario – ha sottolineato il fondatore di Cittadellarteper ospitare il Terzo Paradiso, simbolo che pacifica gli opposti, che cura le differenze, che invita a promuovere, sanando i conflitti, nuovi modelli di vita e di partecipazione alla vita, attivando pratiche responsabili che ci pacificano e che, garantendo ugual dignità a tutte le specie che lo abitano, ci danno diritto di appartenenza a questo nostro pianeta. Il Terzo Paradiso ha una forma antica e bella, è opera d’arte in sé. Ma perché viva, occorre attivarla. Per questo il nostro è un progetto ‘comune’, che vede coinvolte realtà diverse eppure saldamente legate fra loro. A Karkemish, il Terzo Paradiso diviene una sorta di hortus conclusus. Realizzato in pietra per una lunghezza di 30 metri al suo interno ‘protegge’ delle piante, anche officinali nel perimetro esterno. Piante armoniche, che curano il corpo e la mente con le loro proprietà. Piante tenaci, che resistono al tempo e si radicano facilmente alla terra. Piante che producono un nettare e un polline di alta qualità, molto ricercati dalle api. Un giardino di comunità – ha concluso – a cui partecipano tutti i protagonisti della vita sulla Terra, ricomponendo l’affresco unico e magico della natura”.