Arte, scuola, sostenibilità e creatività da Biella al mondo intero: il 2021 di Cittadellarte in un’intervista a Paolo Naldini
Il direttore di Cittadellarte ha tracciato un bilancio a tutto tondo dell'annata della Fondazione Pistoletto, focalizzandosi sul relativo impatto sociale, sulle nuove progettualità, su collaborazioni e rapporti con realtà istituzionali e comunità a livello locale e globale. Naldini ha inoltre offerto una panoramica sulla relazione con Biella Città Creativa, ha illustrato in che modo la mostra "Biella Città Arcipelago" può divenire modello replicabile per altri territori e contesti e ha rivolto uno sguardo al futuro di Cittadellarte: “Miro a rafforzare - ha affermato - la struttura della nostra scuola ad ogni livello del percorso educativo. Un giorno vedremo il Terzo Paradiso: sono ottimista in questo, ma se è vero che non si può costruire quel che non si sa immaginare è altrettanto vero che non basta immaginare per costruire”.

Quando si conclude una storia, un capitolo o un’annata risulta quasi naturale volgere lo sguardo a quanto vissuto, all’esperienza costruita, alle vicende e agli episodi in cui siamo stati attivamente calati e partecipi. Nei pochi giorni che separano il calo del sipario sul 2021, la nostra mente origina e dà forma, come in una vignetta fumettistica, a un maxischermo interiore in cui vengono proiettati gli highlights dei mesi trascorsi, dei frangenti che sono già tatuati indelebilmente sulla pelle dei nostri ricordi. Questo processo si articola su più livelli, toccando la sfera personale e professionale, che sporadicamente non risultano intrecciate. Vita e lavoro viaggiano su binari paralleli, caratterizzando e influenzando entrambi, seppur in modo diverso, il nostro tempo. Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte, riflette su molti piani questa considerazione: oltre a dirigere la Fondazione, abita e vive, in ogni suo aspetto, a Cittadellarte. Chi meglio di lui può quindi offrire un bilancio dell’annata della realtà artistica biellese? L’intervista che segue nasce ed è proposta in quest’ottica, con l’obiettivo di non tenere celati ma condividere con chiunque i momenti salienti del 2021 della Fondazione Pistoletto. Naldini non risparmia parole e riflessioni, facendo emergere successi, opportunità e novità dell’anno, senza dimenticare gli inevitabili ostacoli e criticità che ogni percorso progettuale porta con sé. Il direttore, come ormai radicato nell’identità di Cittadellarte, non si limita a mettere in luce e interrogarsi sulle problematiche a cui la realtà biellese ha dovuto far fronte, ma le analizza ricercando e individuando le chiavi da cui ripartire anche attraverso un lavoro di sinergia che coinvolge non solo tutto il team di Cittadellarte, ma il Biellese e il mondo intero. Play, azione.

Il 2020, per l’ambito culturale, è stato un anno segnato da chiusure e limitazioni che hanno portato a reinventare o innovare a livello globale la fruizione di realtà artistiche, orientandole repentinamente a plasmare e arricchire una proposta digital per il proprio pubblico. Nel 2021, nonostante imperversi ancora l’emergenza dettata dal COVID-19, le istituzioni del settore e l’intera società sembrano essersi abituate a far coesistere le relazioni della propria sfera professionale e personale dal vivo e a livello virtuale. Se posizionassimo nei due cerchi opposti del simbolo trinamico rispettivamente online e offline, a tuo avviso cosa troveremmo nel cerchio centrale del Terzo Paradiso? Come Cittadellarte ha fatto fronte all’emergenza sanitaria nell’ultimo anno anche alla luce dei danni e delle opportunità che la pandemia ha dato all’arte? 
Anche in questo caso, come ben cogli nella tua domanda, il principio della trinamica ci aiuta a comprendere e orientare il nostro intervento. Si tratta cioè di creare una sintesi accogliendo le potenzialità della comunicazione offline o in presenza e quelle della comunicazione digitale. In questo spazio in cui si declina il phygital abbiamo innanzitutto riscoperto – ma era l’invenzione dell’acqua calda – che il digitale è anche e sempre fisico. Prima di tutto il sistema tecnico per tenere in piedi tutta l’infrastruttura è costituito da luoghi in cui si ospitano macchinari prodotti in industrie disseminate nel mondo, utilizzando materiali estratti o recuperati dalla natura e dai rifiuti, cioè in una filiera che può rappresentare le peggiori pratiche che, come umani, siamo capaci di realizzare (dal colonialismo alla mancanza di cura per l’ambiente e del clima, solo per citare alcuni esempi); oppure può essere l’occasione non solo per limitare il nostro impatto negativo, ma per sperimentare pratiche che abbiano un impatto positivo per la nostra sopravvivenza e in armonia con il pianeta. Il digitale poi è fisico perché quando vedo nello schermo la persona con cui sto facendo una videochiamata intravedo dietro di lei un mondo, perché lei è fisicamente situata in un luogo. Quali relazioni sono capace di cogliere? Quali presenze mi possono essere offerte? Quali storie e insegnamenti posso trarre? Ovunque siamo, siamo sempre e comunque in presenza e dobbiamo negoziare quest’ultima con l’ecologia che ci ospita. Quanto di tutto questo può diventare contenuto digitale dipende essenzialmente da noi. Io posso mappare il mio mondo, la mia stanza, il mio quartiere, la mia casa, le mie relazioni, l’aria che respiro, la luce che ricevo e raccontare tutto questo a chi sta dall’altra parte dello schermo. Dobbiamo cioè progettare membrane porose tra noi e l’altra dimensione del monitor; questa porosità, inoltre, è direttamente proporzionale alla nostra capacità di co-creare comunicazione. Mi pare una sfida entusiasmante e ricca di possibili tensioni e contraddizioni che potrà aprire straordinarie prospettive così come i peggiori incubi.

Una delle mission chiave che Cittadellarte si pone è quella di ispirare e produrre un cambiamento responsabile nella società attraverso idee e progetti creativi. Alla luce di questo macro obiettivo, quale impatto sociale ha avuto quest’anno la Fondazione?
La metodologia di valutazione dell’impatto sociale che Cittadellarte si è data individua quattro aree di impatto, cioè ambiti in cui la nostra attività produce o non produce effetti concreti: questi sono quello della conoscenza, consapevolezza, co-creazione e corresponsabilità. Sono quattro declinazioni della ‘C’ di Cittadellarte. Tutte le attività degli oltre 40 cittadini dell’arte che operano e vivono a Biella e gli oltre 200 ambasciatori del Terzo Paradiso attivi in oltre 30 Paesi del mondo esercitano dunque un impatto diretto, oltre che effetti indiretti, declinabili su queste quattro aree. Un processo che si articola come scuola, poiché questa è la nostra essenza radicale e perché la produzione di conoscenza e la sua trasmissione sono primarie; la nostra, però, non è un’Accademia – Naldini fa riferimento all’Accademia Unidee, ndrorientata all’accumulazione del sapere per il sapere, piuttosto all’attivazione attraverso il sapere di un ruolo attivo nel proprio contesto sociale, quindi dando rilevanza alla posizione di chi sia consapevole e non soltanto a conoscenza dei fatti, delle cose e delle circostanze. Dunque, questa consapevolezza è lo sprone fondamentale a operare per creare o trasformare la nostra specifica realtà di cui dunque ci prendiamo una corresponsabilità.
Le attività della scuola, poi, hanno direttamente coinvolto oltre 200 allievi dei corsi di alta formazione informale e formale e dieci famiglie con le quali si è costruita una scuola parentale per i bambini dai 6 ai 10 anni. Abbiamo anche registrato oltre 2000 passaggi al mercato dei prodotti Let Eat Bi, che, ogni mercoledì mattina a Cittadellarte, riunisce oltre 30 partner produttori o culturali. Abbiamo co-operato con più di 80 imprese della filiera tessile e della moda attraverso eventi, workshop, corsi di formazione e mostre dedicate alla sostenibilità e alla circolarità. Sono inoltre molte migliaia le persone coinvolte nelle centinaia di eventi realizzati dalle ambasciate del Terzo Paradiso nel 2021 e, effettuando la misurazione dal 2012, sono oltre 4milioni e mezzo i partecipanti coinvolti.

Ottobre è stato un mese cruciale per Cittadellarte e per Biella Città Creativa: per tutto il mese è andato in scena Arcipelago, Festival della Creatività Sostenibile, dedicato ai due concetti in questione e rappresentato dal simbolo del Terzo Paradiso ispirandosi ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile. Cosa Cittadellarte ha dato all’associazione Biella Città Creativa e cosa Biella Città Creativa ha dato a Cittadellarte? 
Quando Michelangelo Pistoletto fondò Cittadellarte negli anni ’90 credo che in pochi avrebbero pensato a Biella come a una città creativa o agli spazi abbandonati del complesso di archeologia industriale lungo il Cervo come a una città dell’arte. Dopo quasi un trentennio non soltanto gli edifici abbandonati sono diventati veramente una cittadella aperta dedicata all’arte di tutto il mondo, ma anche la stessa città di Biella ha ricevuto da UNESCO la designazione di Città Creativa. Questo secondo successo determinato dall’impegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella riconosce il contributo di Cittadellarte su due piani: il primo, evidente, è il simbolo della designazione, il Terzo Paradiso, che parla di creatività, equilibrio e responsabilità; il secondo risiede nel fatto che non sarebbe bastata all’UNESCO la dichiarazione di un impegno per il futuro se questa non fosse stata fondata su un passato credibile di lavoro sulla creatività come l’attività di Cittadellarte ha di fatto costituito sul territorio.
Volendo concentrare l’attenzione su un elemento molto concreto di misurazione dell’impatto, guardiamo alla dimensione puramente economica. Si stima che ogni euro speso in cultura inneschi un moltiplicatore di impatto economico il cui risultato porta a triplicare il dato di partenza¹. La Fondazione Pistoletto onlus ha riversato nel biellese spese di oltre 40 milioni euro che triplicati significano 120 milioni di euro, che sono arrivati a dipendenti e fornitori di tutto quanto è necessario non solo per realizzare programmi culturali, ma anche per recuperare quasi 30mila metri quadri dall’abbandono e per riportarli a una funzione di utilità pubblica aperta spesso gratuitamente. Inoltre, particolare non irrilevante, poiché la Fondazione Pistoletto è una Onlus, il suo patrimonio è oramai vincolato indissolubilmente all’utilità sociale, cioè non è permesso in nessun modo che qualcuno se ne appropri personalmente, a cominciare dalla famiglia Pistoletto e dai soci della Fondazione stessa, tanto che in caso di scioglimento tutto il patrimonio sarebbe per legge destinato a un’altra organizzazione non profit o allo Stato. Detto questo, bisogna sapere che le sovvenzioni della Regione Piemonte nel complesso in questi anni sono state circa il 2,5% di questa somma e quelle delle fondazioni bancarie torinesi circa l’1,5%. Il Comune di Biella non ha mai stanziato contributi a favore della nostra realtà. Anche le iniziative di Biella Città Creativa e del Festival Arcipelago rispecchiano questa stessa situazione, anzi, per la Fondazione Pistoletto non vi è stato alcun ricavo sotto nessuna forma, ma abbiamo invece sostenuto spese per quasi 50mila euro di costi vivi e indiretti per la candidatura prima e quindi per l’associazione Biella Città Creativa. Il Festival ha comportato spese per circa 92mila euro che sono state coperte da uno stanziamento della giunta comunale di Biella di 28mila euro, della Camera di Commercio Monte Rosa Laghi Alto Piemonte di 15mila, della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella di 9mila, dall’associazione stessa di 10mila e da una nutrita compagnia di sponsor della città di oltre 30mila. Questo è il bilancio del Forum, perché le spese per gli altri eventi del festival sono state coperte direttamente dalle istituzioni che li hanno realizzati, a cominciare dall’evento di chiusura della rassegna ‘Arte al Centro di una trasformazione sociale responsabile’ da noi organizzato.
È quindi anche in questo caso evidente che la Fondazione Pistoletto sostiene le spese per le proprie attività con i propri fondi e senza attingere alle risorse del Comune. Naturalmente gli scambi reciproci tra Cittadellarte e Biella Città Creativa non sono solo sul piano economico, ma anche nella sinergia per fare del Biellese una grande opera collettiva improntata alla prosperità sostenibile che si può raggiungere con creatività e intelligenza. La prospettiva quindi di condividere con i soci dell’associazione Biella Città Creativa attuali e futuri questo impegno è per me un guadagno di per sé impagabile: si tratta di co-creare il nostro piccolo pezzo di mondo, piccolo ma possibilmente rilevante per tutti come modello a cui ispirarsi. Purtroppo l’associazione ha molto faticato e più volte ho dovuto sospendere iniziative e progetti a cui tengo moltissimo. Personalmente non vedo l’ora che vi siano le condizioni di convergenza con gli altri soci affinché si possa finalmente spiegare alla città tutto questo e insieme procedere verso comuni obiettivi. Sono consapevole della complessità politica di questa intrapresa e ribadisco quanto la Fondazione Pistoletto sia pienamente disponibile a co-operare col massimo impegno. Ho anche proposto all’ultimo consiglio direttivo come riformulare i ruoli operativi per assicurare che l’associazione Biella Città Creativa operi con efficacia, trasparenza e condivisione.

Il 30 ottobre è stata inaugurata la 23esima edizione di Arte al Centro di una trasformazione sociale responsabile. Tra le varie novità della rassegna è stata presentata Biella Città Arcipelago: creatività e sostenibilità in atto nel Biellese, mostra laboratorio territoriale frutto di un intenso lavoro di mappatura con le reti corte che mette in luce, attraverso la testimonianza diretta di alcuni attori chiave, lo stato dell’arte della sostenibilità nella città laniera declinando la propria narrazione attorno ai goals dell’Agenda 2030. Quale approccio e processo creativo può portare questo progetto a divenire un modello replicabile in altri territori e contesti?
Già è avvenuto in passato che altri territori italiani o anche stranieri ci chiedessero di coordinare nei loro contesti dei progetti orientati all’attivazione dei cittadini sulle politiche di sostenibilità e prosperità responsabile. Confido quindi che non solo Roma, Venezia, in parte Carrara e altre località già legate alla nostra attività guardino al Biellese come a un modello, ma anche che i partner coinvolti nel prosieguo delle attività che la mostra Biella Città Arcipelago ha avviato possano portare concretamente il nostro territorio a essere un pilota dove si sperimentano le più rilevanti sfide da affrontare. È già in atto questo processo sul tema cruciale dell’energia con un gruppo di lavoro che mette insieme il nostro territorio con player nazionali, mirando esplicitamente a all’obiettivo di sperimentare processi concreti di sostenibilità ed economia circolare. “Più ecologia più economia”, dicevamo quasi 20 anni fa. “Dalla democrazia alla demopraxia”, abbiamo detto dal 2012. Questi motti, sintesi di tanta ricerca e pensiero, sono oggi diventati appannaggio del mainstream, ma ancora nessun territorio italiano si è fatto interprete esemplare di queste istanze e delle altre indicate dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Abbiamo lavorato a una mappatura degli attori che sul palcoscenico del territorio biellese sono entrati in scena da protagonisti per un’opera di arte della demopraxia e della prosperità sostenibile. In quest’ottica, un pensiero va ai partner con cui in questi anni ci siamo fortemente ritrovati: penso soprattutto alla Fondazione Cassa di Risparmio, l’Unione Industriale, la Fondazione BIellezza, i commercianti, gli industriali, la Camera del Lavoro, le scuole come Città Studi o gli asili del nostro territorio, le aziende agricole impegnate sulla sostenibilità e sulla salute, le imprese del tessile sostenibile e innovativo, il terzo settore che progetta welfare generativo come il Filo da Tessere, la finanza etica unita al digitale di Banca Sella Patrimoni e Gruppo Sella, la rinnovata ATL, l’esempio trainante dell’Oasi Zegna, le associazioni giovanili con tra le altre Hydro e Better Places. Tutto questo, unitamente a decine di altri protagonisti che ora non posso elencare, credo sia il patrimonio più importante che si sta costituendo nel Biellese; insieme e ognuno con la propria responsabilità abbiamo investito e dovremo investire per il futuro. Il laboratorio di Biella Città Arcipelago è lo spazio aperto dove questi investimenti saranno quotidianamente messi in gioco. Investimenti monetari, ma anche culturali, e persino esistenziali, nel senso che si investe parte della propria vita nell’impegno di co-creare il mondo in cui viviamo.

A pochi giorni dalla chiusura del 2021, se volgi lo sguardo a un immaginifico futuro, come vedi Cittadellarte tra 1 e tra 100 anni? In che modo si evolverà il piano strategico della Fondazione?
Nel breve periodo miro a rafforzare la struttura della nostra scuola ad ogni livello del percorso educativo fino, e non per ultimo, a quello della formazione continua che le imprese e le organizzazioni di ogni tipo devono mettere in conto ogni anno, sempre di più e per tutti i loro componenti, iscritti e collaboratori. Nel medio pianifico un campus che integri al proprio interno tutte le costituenti della vita umana, dal cibo al vestire, dalla politica alla spiritualità, dalla tecnologia alla scienza, e che sia in continuo rapporto di interscambio, di intelligenza, ricerca e contributo con il territorio circostante e con il resto del mondo a livello globale. Tra 100 anni vedo il Terzo Paradiso, perché i suoi ambasciatori me lo raccontano, sono già qua, sono gli esperti che insegnano ai nostri studenti e a me come fare tutto quanto c’è da fare. Certamente sono ottimista in questo, ma se è vero che non si può costruire quel che non si sa immaginare è altrettanto vero che non basta immaginare per costruire.

Paolo, lavori – e vivi – a Cittadellarte da oltre vent’anni. Quale significato ha per te esserne il direttore? 
Non sono mai riuscito a tenere separate le parti della mia vita, come i miei amici dalla mia famiglia, la scuola dalle mie domande, le mie domande dai miei impegni e dalle mie passioni. A Torino, dove sono nato, mi sono laureato in Economia e Commercio scrivendo la prima tesi del dipartimento che univa l’università al Politecnico. Era una tesi sull’uso e il destino degli edifici industriali abbandonati. Li visitavo di notte inseguendo le presenze e le tracce del passato e del presente che sentivo abitarli e che mi chiamavano quando ai più non sembravano altro che edifici in rovina. Ora vivo, lavoro e abito in un complesso di archeologia industriale che era rimasto in gran parte abbandonato per molti anni. In qualche modo la vita ha risposto alla mia domanda che in quella tesi di laurea, ancora molto ingenua, mi chiedevo. La mia ricerca non è finita con quella tesi, ma anzi oggi scrivo di demopraxia, del rapporto tra l’autore e l’automa in ognuno di noi, e di cosa manca alle cose. E lo faccio non solo in Cittadellarte, ma con Cittadellarte. Per la verità, mi pare di dover ancora fare tutto, o di aver solo appena cominciato.


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