“CURA”, quando da container riconvertiti si creano unità di terapia intensiva
Il sistema CURA (Connected Units for Respiratory Ailments) è un'iniziativa open-source volta a creare ospedali d’emergenza dedicati alla cura e al contenimento del Coronavirus. Il progetto - il primo prototipo è in fase di realizzazione a Milano - mira a migliorare l'efficienza delle attuali soluzioni delle strutture sanitarie da campo, adattandole alle necessità per far fronte alla pandemia.

Un’unità compatta di terapia intensiva per pazienti con malattie respiratorie, alloggiata all’interno di un container ‘intermodale a biocontenimento’*, della lunghezza di circa 6 metri: è su questo innovativo progetto che un gruppo internazionale di designer, ingegneri, medici ed esperti militari ha unito le forze. Il riferimento è al sistema senza scopo di lucro CURA (acronimo di ‘Connected Units for Respiratory Ailments’, ovvero ’Unità connesse per le malattie respiratorie’) che vede già un primo prototipo in corso di sviluppo a Milano – grazie al sostegno di UniCredit – e si tratta di un un progetto open-source teso a rendere più efficiente la costruzione di nuove unità di terapia intensiva. Va sottolineato, inoltre, come sia potenzialmente replicabile in tutto il pianeta (ogni unità funziona in autonomia e può essere spedita ovunque), e quindi non solo al capoluogo lombardo: utilizza, infatti, container riconvertiti per creare stanze di biocontenimento trasportabili in qualsiasi città del mondo, per rispondere con prontezza alla propagazione del Coronavirus – con tutte le drammaticità e criticità che questa pandemia porta con sé – e alla carenza di postazioni nelle terapie intensive degli ospedali. Ogni unità del sistema CURA – concepito, come accennato, per essere una soluzione pronta all’uso – può essere trasportata in differenti modalità ed essere riutilizzata in ogni parte del mondo, rispondendo alle esigenze e alla capacità dell’infrastruttura sanitaria locale.


Crediti immagine: CURA.

A colpire, inoltre, è la rete di differenti professionalità che ha contribuito a dar vita a questo innovativo progetto, che vede coinvolti, in ordine cronologico, le seguenti realtà: CRA-Carlo Ratti Associati con Italo Rota (design e innovazione), Istituto Clinico Humanitas (ingegneria medica), Policlinico di Milano (consulenza medica), Jacobs (Alberto Riva – Master Planning, design, costruzione e servizi di supporto logistico), studio FM milano (identità visiva & graphic design), Squint/opera (digital media), Alex Neame – Team Rubicon UK (logistica), Ivan Pavanello per Projema (ingegneria MEP), Dr. Maurizio Lanfranco – Ospedale Cottolengo (consulenza medica).

Come funzionano i container di CURA? Sono connessi da una struttura gonfiabile e possono generare configurazioni modulari multiple (da 4 a oltre 40 posti letto); alcune unità, inoltre, potrebbero essere posizionate in prossimità di un nosocomio (ad esempio in un parcheggio) per aumentare il numero di postazioni di terapia intensiva, mentre altre potrebbero essere utilizzate per creare infrastrutture autonome di dimensioni variabili.
Ogni container sarà dotato di tutte le strumentazioni mediche necessarie per accogliere due pazienti affetti da COVID-19 in terapia intensiva, con tanto di ventilatori polmonari e supporti per fluidi endovenosi, e questi ‘nuclei’ potranno essere collegati tra loro tramite un corridoio gonfiabile (come si evince dal filmato riportato sotto).


Crediti video: CURA.

Nelle ultime settimane – si legge nella nota stampa del progetto – di fronte alla crescita del numero di pazienti con gravi sindromi respiratorie, spesso con bisogno di ventilatori polmonari, molti ospedali nei paesi più colpiti dal COVID-19, dalla Cina all’Italia, dalla Spagna agli Stati Uniti, si sono trovati in difficoltà ad accrescere il numero delle postazioni in terapia intensiva. Comunque si evolva la pandemia nei prossimi mesi, si prevede che a livello internazionale sarà necessario un numero aggiuntivo di unità di terapia intensiva. Fino ad oggi, la risposta all’emergenza, sia in Cina sia in Italia, ha seguito due strade. Da un lato, la creazione di strutture temporanee come tende ospedaliere. Dall’altro, la costruzione di unità prefabbricate di biocontenimento. Se quest’ultima opzione richiede un notevole dispiego di tempo e risorse, la prima opzione ha dimostrato di esporre il personale sanitario a rischi di contagio più elevati, oltre a mettere a dura prova le operazioni quotidiane, soprattutto sul lungo periodo”.

È in quest’ottica, traendo il meglio dalle due alternative, che potrebbe inserirsi e attivarsi il sistema CURA: “Punta a essere rapido da installare come una tenda ospedaliera – viene specificato nel comunicato – ma è sicuro per le attività mediche come un reparto di isolamento di un ospedale, grazie a dispositivi di biocontenimento. Il progetto segue le linee guida rilasciate dalle autorità cinesi per la lotta al COVID-19 negli ospedali, al contempo rendendone più veloce l’esecuzione. CURA punta a migliorare l’efficienza delle attuali soluzioni per la progettazione di ospedali da campo, adattandole ai bisogni della pandemia da Coronavirus”. Il progetto CURA non si ferma qua: essendo sviluppato secondo una modalità open-source, rimane quindi aperto ad ulteriori contributi e suggerimenti.


* Ottenuto grazie a un sistema a pressione negativa.
Per ulteriori informazioni è possibile visionare il sito ufficiale del progetto cliccando qui.
Crediti fotografici immagini di copertina: CURA.