Da Cittadellarte al Louvre, dal Louvre a Cittadellarte. Un legame artistico divenuto nel tempo sempre più stretto, con radici profonde. Da una parte la realtà situata negli spazi dell’ex Lanificio Trombetta a Biella, all’interno di un complesso di archeologia industriale, che, oltre a ospitare la più ricca collezione di opere di Michelangelo Pistoletto, è un laboratorio creativo, una scuola, in cui nascono e si sviluppano idee e progetti per connettere l’arte a ogni ambito del tessuto sociale, attivando un cambiamento in senso responsabile della società a livello locale e globale; dall’altra l’antico palazzo dei re di Francia, dell’Impero e della Repubblica, tra la Senna e rue de Rivoli, il più prestigioso museo del mondo – primo per numero di visitatori – che copre più di 5mila anni di storia con oltre 700mila oggetti e opere d’arte. L’occasione più significativa che ha portato a suggellare la relazione culturale è stata la mostra di Pistoletto Année 1 – Le Paradis sur Terre (Anno 1, Paradiso sulla Terra), proposta dal Louvre nel 2013. Si è poi passati, lo scorso anno, dalla Francia agli Emirati Arabi Uniti, dove per il suo 5° anniversario il Louvre Abu Dhabi ha invitato Michelangelo Pistoletto ad esporre una serie di 11 quadri specchianti ispirati alla mostra dell’artista al Louvre di Parigi (tutti i dettagli in un nostro precedente articolo). Proprio in quest’ultima occasione, il maestro ha preso parte agli Anniversary Talks: un’esclusiva serie di incontri dal vivo che ha celebrato un capitolo importante nella storia del museo di Abu Dhabi e la sua collezione di opere d’arte da tutto il mondo anche attraverso le voci delle specifiche istituzioni partner, degli artisti e degli storici. A questo proposito, uno degli incontri in programma ha visto come relatori Pistoletto, Nujoom Alghanem, e Yan Pei Ming ed è stato moderato da Donatien Grau, consigliere alla presidenza del Louvre e, in precedenza, consigliere alla presidenza del Musée d’Orsay pour les programmes contemporains. Quest’ultimo, la scorsa settimana, ha incontrato Michelangelo Pistoletto – con il quale aveva già instaurato da anni un legame collaborativo – a Cittadellarte per avviare nuove progettualità: vi proponiamo, per l’occasione, un’intervista a Grau.
Donatien, mettiamo in primis in luce il tuo ruolo. Di cosa ti occupi al Louvre?
Sono consigliere alla presidenza per i programmi contemporanei. La mia mansione consiste nel lavorare con la presidente Laurence des Cars e con tutto il team alle riletture contemporanee del museo. Il Louvre non è un luogo per l’arte contemporanea, ma è il luogo contemporaneo per l’arte: per queste ragioni è necessario rileggere le collezioni, il museo, la storia del posto e la mission. Sono occupato con tutti i dipartimenti per concepire insieme nuovi progetti e nuovi modi di leggere il museo, che non hanno un formato fisso. Sottolineo che, quando mi riferisco agli artisti non intendo solo quelli visivi, ma anche filosofi, registi e creativi di diversi linguaggi. Paul Cézanne affermava che il Louvre è “il grande libro dove impariamo a leggere”: ecco, saper leggere il Louvre è a fondamentale per il presente stesso e, in quest’ottica, dobbiamo offrire diversi modi per rendere possibile questo processo.
Quali parallelismi esistono fra il Louvre e Cittadellarte? Entrambe le realtà, con le dovute proporzioni, non solo ospitano visitatori eterogenei da ogni parte del mondo, ma hanno un profondo legame con il tessuto sociale di riferimento…
Non si tratta propriamente di eterogeneità, perché dà l’idea di elementi che si trovano sì insieme, ma in forme discordanti; diversità e pluralità li ritengo termini più indicati, perché sono modi diversi di essere insieme, proprio come nella città arcipelago di Cittadellarte. A questo proposito, ritenni di particolare rilievo l’intervento di Michelangelo Pistoletto al Louvre Abu Dhabi a novembre scorso, che moderai. Mi riferisco, nello specifico, alla lettura di un estratto sulla città arcipelago del nuovo libro del maestro, La Formula della Creazione. Ritengo significativa, infatti, la visione di un luogo caratterizzato da isole che hanno rapporti fra loro; si rivelò ancor più significativo che questo tema emerse proprio ad Abu Dhabi, che è un arcipelago. In generale, mi affascina la dinamicità del principio della creazione e la prossimità del pensiero museale di Pistoletto, oltre ai quadri specchianti, che ritengo come un museo di ricordi. Questi modi di pensare del maestro e della Fondazione Pistoletto, che offrono uno sguardo al futuro ma allo stesso tempo al passato, sono il sogno del Louvre, che mette insieme la storia umana dall’invenzione della scrittura alla modernità. Quello che emerge come elemento centrale a Cittadellarte è l’essenzialità, così come la creatività individuale e collettiva dell’essere umano.
A Cittadellarte c’è un profondo legame tra arte e sostenibilità. In rifermento a questo binomio, ritieni che l’artista debba sentire una responsabilità sociale?
L’arte moderna si preoccupa e ha a che fare con la sostenibilità, anche perché, come affermava Proust, l’arte è un modo per vivere più a lungo. Molti, infatti, sono diventati conosciuti nel tempo grazie all’arte. Questo non basta: oggi gli artisti devono sentire una responsabilità perché vivono il presente e fanno parte del mondo. La vita contemporanea degli artisti è messa in un metaforico specchio e per questa ragione è divenuto ancor più necessario impegnarsi per la sostenibilità, che è sempre stata un elemento dell’arte, ma oggi è presente in modo più cosciente.
Michelangelo Pistoletto sostiene che i musei non debbano rimanere cristallizzati nel tempo, ma vivere il presente. Qual è, a tuo avviso, il ruolo dei musei nella società contemporanea?
I musei hanno ruolo politico e sociale molto importante. Dove troviamo decine di migliaia di persone riunite in un solo giorno? Magari in una chiesa o un in luogo di culto, in uno stadio per una partita di calcio, in un concerto di una rockstar: in tutti questi casi gli individui che si riuniscono per la determinata occasione fanno parte di una comunità. Il Louvre, invece, è un luogo – in cui convergono 30mila persone al giorno – in cui la comunità è l’umanità. Non è quindi una comunità di interessi, ma di essere umani insieme. Non solo: i fruitori del Louvre sono di origini, culture ed età totalmente diverse tra loro; per questa ragione, il museo è il solo posto dove si va per partecipare al sentimento di essere umano insieme ad altri. Ecco, un posto così, con questa vita, non può non far parte del presente. Quindi, in riferimento alla considerazione di Pistoletto riportata nella domanda, ci sono due strade percorribili: una è affermare che la contemporaneità non interessa al museo – ma, asserendo di non essere contemporanei si dà comunque un punto di vista contemporaneo -, l’altra è rendersi conto che siamo il presente, che esistiamo nel presente, anche alla luce delle 30mila persone che ogni giorno ci visitano, trasformando questo sentimento in un programma ad hoc per il museo.
Alla luce delle collaborazioni con Michelangelo Pistoletto, che cosa ti ha colpito maggiormente del maestro sul piano artistico e personale?
La personalità, la generosità e soprattutto l’energia e l’entusiasmo che pone nel creare e pensare. Per me, tutto questo è affascinante e di grande ispirazione. Reputo particolarmente significativo, inoltre, il fatto che abbia realizzato opere diverse fra loro e che si ponga sempre domande intime e introspettive per sviluppare la sua pratica artistica, reinventadosi continuamente. Dimostra sempre, così, il senso del potere deIl’arte e della creazione. Trovo di particolare rilievo anche la dimensione temporale dei quadri specchianti, che sono di grande impatto e riescono a riflettere più punti di vista.
Che cos’è l’arte per Donatien Grau?
È difficile dare una definizione. Ho sempre vissuto il mio rapporto con l’arte insieme e tra gli artisti, mentre la mia formazione specialistica è la numismatica romana antica. Ritengo che vi siano differenti modi di pensare e vivere l’arte. Basti pensare a Michelangelo Pistoletto e alla sua relazione con Jackson Pollock e Piero della Francesca… tra loro c’è diversità di linguaggio, ma unità nel sentimento di trovarsi di fronte a qualcosa di metafisico e allo stesso tempo umano, ossia una forma di creazione. La bellezza dell’arte, forse, sta proprio nel fatto di non poter rispondere a questa domanda. Posso affermare con certezza, però, che l’arte è lo specchio creativo che l’umanità dà a se stessa.
Volgendo lo sguardo al domani, cosa c’è nel futuro dell’arte?
È sempre complesso riflettere sul futuro, soprattutto per uno storico come me che di solito si occupa di passato e presente – ride, ndr –. Il futuro è sempre una trasformazione degli elementi esistenti: il processo può essere brutale o dolce, ma la bellezza dell’arte, così come nella vita, sta nel fatto che non si può sapere prima quello che ci sarà dopo. Bisogna preoccuparsi, piuttosto, delle menti del presente per dare possibilità alle opere del futuro.