Persone comuni nell’atto di superare una soglia o comunicare attraverso un confine: sono questi gesti e soggetti chiave messi in luce nella nuova mostra del fondatore di Cittadellarte, intitolata Michelangelo Pistoletto. L’esposizione alla Galleria Christian Stein di Corso Monforte 23 nel capoluogo lombardo, infatti, rappresenta metaforicamente la personificazione dei concetti di accoglienza, incontro e di nuove visioni future. Un processo artistico che si articola attraverso la nuova serie di lavori del maestro biellese, ossia 8 Quadri Specchianti. Le opere sono di recente produzione e realizzate per l’occasione, e come si evince dai titoli – Donna che guarda attraverso le sbarre, 2018, Uomo che guarda attraverso la gabbia, 2018, Uscire, 2020; Un passo oltre – giovane donna, 2020 – hanno come tema ricorrente la gabbia intesa come limite da travalicare.
L’iconografia della gabbia è un tema ricorrente nella ricca produzione dell’artista. Nelle prime opere specchianti rappresenta l’habitat di animali imprigionati. Nel 1974 assume un’accezione politica e sociale nell’opera Gabbia composta da 29 grandi lastre serigrafate con il motivo delle sbarre, che diventano prigione per lo spettatore che vi si specchia. Quest’opera nasce in un periodo nel quale le carceri italiane sono luogo di violente proteste e rivolte dei detenuti che sfoceranno in molti casi in tragici eventi. La sensibilità verso i cambiamenti sociali e culturali, l’essere in presa diretta con il presente caratterizzano tutta l’opera di Pistoletto e si configurano talvolta come prefigurazione del futuro: alcune opere create per la mostra sono state realizzate nel 2018 e con i loro soggetti sembrano presagire l’isolamento e l’importanza della solidarietà sociale che hanno contraddistinto le recenti drammatiche vicende.
I Quadri specchianti sono tra le opere più note di Pistoletto, il fondamento della sua attività artistica e della sua riflessione teorica, che all’inizio degli anni Sessanta hanno determinato il successo internazionale dell’artista. “Attraverso l’inclusione nell’opera dello spettatore e dell’ambiente circostante – si legge nella nota stampa dedicata – nei Quadri specchianti il tempo non viene solo rappresentato ma esiste nel quadro. Le immagini che ne derivano sono mutevoli e potenzialmente infinite, prodotte dai riflessi dello spazio in cui l’opera è collocata, si trovano ad interagire direttamente con la rappresentazione fotografica applicata sulla superficie specchiante attivando una comunicazione continua tra: arte e vita, passato e presente, statico e dinamico, finito e infinito, superficie e profondità. Il vero soggetto dei Quadri specchianti non sono le persone o gli oggetti rappresentati dalla figura applicata sulla superficie riflettente ma la dialettica tra la figura e i riflessi generati che creano una nuova logica della visione, della raffigurazione e in senso più ampio del pensiero umano”.