A Brescia, ogni mercoledì mattina, viene curata un’opera collettiva che unisce arte e ambiente: nel tetto del parcheggio dell’Arnaldo Park, un gruppo di volontarie s’impegna a curare un appezzamento di 1200 metri quadrati. Si tratta, nello specifico, del Keopi, uno spazio al confine tra orto e giardino che viene gestito da un team tutto al femminile. Un’opera d’arte aperta, che ha trasformato il tetto di un parcheggio in un suggestivo terreno ricco di verde. Un metaforico ascensore di cromaticità, dove in basso si trovano le grigie lamiere delle automobili e in alto il colorato Keopi. Dietro le quinte dell’iniziativa c’è l’ambasciatrice Rebirth/Terzo Paradiso e ideatrice di MATERiainerte (progetto d’arte relazionale) Patrizia Fratus, che porta avanti con il suo speciale “staff” tutto il progetto.
Prima di addentrarci nell’attività del team, facciamo un salto indietro nel tempo: “Tre anni fa – spiega l’ambasciatrice – quando abbiamo iniziato il progetto con il gruppo, abbiamo ricevuto in comodato d’uso gratuito un pezzo di collina abbandonata. È stata un’esperienza perfetta per cominciare: i rovi avevano colonizzato il luogo e lavorato per noi; poi, piano piano, li abbiamo sostituiti con erbe edule. Abbiamo dovuto abbandonarlo, ma la volontà di continuare con l’operato ci ha portato ad avere, da Brescia Mobilità attraverso l’interesse della nostra assessora alla cultura Laura Castelletti, un campo di milleduecento metri quadrati, in pratica il tetto di un parcheggio in centro a Brescia”.
Nel corso degli anni hanno lavorato con sinergia allo spazio una cinquantina di donne di ogni età, etnia e formazione. Anche se per periodi diversi (chi sporadicamente e chi per anni), non è mai mancato spirito di squadra e tutte hanno fornito il proprio contributo dando differenti impronte all’area. Tante mani che, insieme, hanno dato nuova vita al terreno, tra fiori e ortaggi. Il gruppo ha progettato con la permacultura e coltiva in sinergico, garantendo così armonia tra la produzione e l’ecosistema. “So che l’arte – continua Patrizia Fratus – è il più grande strumento per immaginare e costruire una società più responsabile, ma, quando ho iniziato questo progetto e la mia formazione per realizzarlo, non avrei mai immaginato quanto la terra e le donne fossero così profondamente interconnesse. Va sottolineato anche come questa cultura patriarcale abbia violato tutto ciò che è generativo. Quest’opera è quindi una sorta di viaggio alla ricerca della conoscenza di noi stesse e dello spazio che ci circonda. Lavorare la terra, nella sua apparente semplicità, è qualcosa che ti cura, che ti mette subito davanti quanto il nostro agire produca valore e fa comprendere quanto noi siamo autrici del nostro intorno”.
A cosa lavora, nello specifico, il gruppo? “Coltiviamo – continua – in prima istanza consapevolezza. Ora lo stiamo preparando in modo che, oltre all’auto fertilità e alla verdura per casa, produca un’economia e si possa sperimentare quanto l’auto-produzione possa essere, più ampiamente, autodeterminazione. Vi invitiamo: noi siamo lì ogni mercoledì, sopra l’Arnaldo Park, piazzale Arnaldo; se piove ci troviamo lì di fronte, nella biblioteca Largo Torrelunga che ci ospita. Portateci le vostre esperienze e i vostri semi e noi vi daremo i nostri. Chiunque può partecipare a quest’opera d’arte relazionale”.