Giornali, radio, televisione, testate web… non si parla d’altro. Coronavirus. Si susseguono notizie da ogni organo d’informazione locale, nazionale e internazionale sugli sviluppi di questa malattia, che sta generando timore alimentato anche da titoli giornalistici e annunci spesso mirati più al sensazionalismo che all’oggettiva comunicazione di dati e aggiornamenti. Per avere un quadro dell’allarme sociale globale e locale basta accedere a Google Trend, portale/strumento che permette di conoscere la frequenza con cui viene digitata una determinata parola o frase sui motori di ricerca del web. Il Coronavirus, in Italia, è tra i termini più cliccati in assoluto (non a caso, visto che il nostro paese è, ad oggi, il terzo più colpito dopo Cina e Corea del Sud). E come spesso accade quando un argomento è sulla bocca di tutti, i pareri sono contrastanti: c’è chi minimalizza, asserendo che il Coronavirus non sia altro che una differente forma di influenza; c’è chi paventa scenari apocalittici, con presagi nefasti di morte e contagi a macchia d’olio. Qual è la verità assoluta? Noi, per ora, non la sappiamo ancora. Forse, anche in questo caso, la soluzione parrebbe il giusto mezzo aristotelico, o l’equilibrio trinamico di Pistoletto. Certo è che, secondo l’Agi, il primo grande studio sul Coronavirus ne conferma la bassa letalità.
Ciò che colpisce, questa volta come mai negli ultimi anni, è sapere che chiunque è consapevole di poter essere ‘colpito’. Quando ai telegiornali si viene a conoscenza di malattie diffuse in un contesto geograficamente lontano al nostro, oltre al dispiacere è raro provare paura. Come se aleggiasse una indifferenza o tranquillità sociale: tanto non riguarda noi. Questa volta no. Che si viva in una metropoli o in un paese di provincia è possibile essere contagiati. Senza dimenticare gli incresciosi e condannabili episodi di xenofobia e razzismo – tristemente sempre più numerosi in tutta la nostra penisola – verso individui di nazionalità cinese.
Anche la mancanza di adeguate informazioni può essere fonte di preoccupazione. E quindi definiamo il nemico: il virus che causa l’attuale epidemia di Coronavirus, come riportato in una nota nel portale web del nostro Ministero per la Salute, è stato chiamato ‘Sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus 2’ (SARS-CoV-2); lo ha comunicato l’International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV) che si occupa della designazione e della denominazione dei virus (ovvero specie, genere, famiglia, ecc.). Il Ministero, inoltre, specifica che a indicare il nome è stato un gruppo di esperti appositamente incaricati di studiare il nuovo ceppo di Coronavirus e, secondo questo pool di scienziati, il nuovo Coronavirus virus è fratello di quello che ha provocato la Sars (SARS-CoVs), da qui il nome scelto di SARS-CoV-2. La malattia provocata dal nuovo Coronavirus prende quindi il nome di ‘COVID-19’, dove ‘CO’ sta per ‘corona’, ‘VI’ per virus’, ‘D’ per ‘disease’ e ‘19’ indica l’anno in cui si è manifestata.
Se ci concentriamo sulle percezioni personali, di un singolo cittadino e della sua sfera sociale, notiamo che il Coronavirus è ormai al centro di ogni dialogo, di carattere formale e informale. Chi, in questi giorni, non ha parlato, nelle applicazioni di messaggistica istantanea, di Coronavirus? Quale cena con amici o familiari non ha avuto questa situazione come oggetto di confronto? Probabilmente nessuno. E ciò che colpisce è la novità. Forse mai, negli ultimi anni, è accaduto qualcosa di simile. Queste riflessioni individualistiche e collettive sono state frutto di un’escalation, un climax ascendente (o discendente, in questo caso): le prime avvisaglie, i sospetti, i contagi iniziali… fino a sfociare nella situazione attuale, che coinvolge il mondo intero. Qui, a Biella, le sensazioni seguono quel dualismo accennato in precedenza: chi ironizza con post sui social network, chi è allarmato dalla situazione globale. La domanda che ricorre – con una preoccupazione collettiva – è se anche nel territorio laniero si possa essere colpiti da questa malattia. Nella giornata di ieri, ad esempio, sembrava potesse esserci un caso di Coronavirus nell’ospedale cittadino (poi smentito) che ha scatenato un putiferio mediatico e di preoccupazione in tutta la provincia.
Al di là delle numerose restrizioni che stanno prendendo piede in questi giorni, un’altra vicenda può aver scatenato una ulteriore consapevolezza sulla criticità della vicenda: il rinvio di alcune gare di Serie A, che dovevano giocarsi ieri, ma sono state posticipate a data da destinarsi. Sia chiaro, non si tratta di minimizzare o rimandare a questo singolo episodio la gravità sociale del Coronavirus, ma è stato una leva che ha smosso, in una dimensione nazionale, dei dubbi. È quando la normalità viene a mancare, che si insinuano sospetti. Ecco, tutti sappiamo il peso che il calcio ha in Italia, dal punto di vista economico e sportivo ed è senza dubbio una delle discipline più seguite. E che si arrivi a rinviare i match fa nascere un interrogativo anche ai meno avvezzi a carpire i dettagli che ruotano intorno alla questione Coronavirus. Significa che la situazione è realmente da non sottovalutare.
A dare vera linfa alle preoccupazioni è la recente ordinanza del Ministero della Salute, che ha provveduto a una sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado (viaggi d’istruzione inclusi) e prevede l’interruzione di manifestazioni di qualsiasi natura e di servizi al pubblico di musei e altri istituti di cultura. Comunichiamo, in quest’ottica, che tutte le attività di Cittadellarte rivolte al pubblico e gli spazi della Fondazione Pistoletto sono da considerarsi temporaneamente chiusi.
(In ottemperanza dell’ordinanza emanata dal Ministero della Salute d’intesa con il presidente della Regione Piemonte “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019”, Cittadellarte-Fondazione Pistoletto sospende le visite guidate ai suoi spazi, le attività delle Terme Culturali, i laboratori didattici e le attività didattiche di Accademia Unidee da lunedì 24 febbraio a domenica 1 marzo 2020 compreso; info: https://www.gazzettaufficiale.it/…/id/2020/02/25/20A01278/sg. Anche lo store sarà chiuso, mentre la caffetteria “Al Bistrot Le Arti” rimane aperta con gli orari abituali).
Risulta superfluo aggiungere dati sui contagiati, sulle morti o sugli aggiornamenti della ricerca (sui quali vi rimandiamo a organi d’informazione più accreditati per le nozioni medico-sanitarie). Non abbiamo la presunzione di analizzare la questione dal punto di vista scientifico, ma ci affidiamo alle parole di Sara Forti, medico pediatra: “In realtà è un nuovo virus, sì, ma dà dei quadri clinici banali – chiarisce – al peggio simili all’influenza. Anzi, quest’ultima ha ancora oggi ha una mortalità 6 volte più alta rispetto al Coronavirus. Può rappresentare un problema solo per individui gravemente malati, per anziani, immunodepressi o persone con patologie croniche. Nei bimbi piccoli, come altri virus che conosciamo da anni e che non ci preoccupano, possono portare a un impegno respiratorio importante”.
Qual è quindi il problema di questo virus se agli adulti sani può portare solo tosse, raffreddore, febbre e quindi un banale quadro simil-influenzale? “È che si tratta un virus nuovo – risponde la dottoressa – quindi non abbiamo gli anticorpi per affrontarlo. Perciò potremmo ammalarci contraendolo tutti nello stesso momento e questo potrebbe diventare un problema sanitario per il numero simultaneo di ammalati. Diventa una criticità per i medici e per le strutture ricettive sanitarie che non riuscirebbero ad accogliere contemporaneamente i pazienti. Quindi è a questo che servono le misure preventive: mascherine che evitano il contagio, eventuale chiusura di luoghi pubblici e altre sospensioni sono mirate a cercare di dilazionare i tempi in cui ci si ammala, per non essere colpiti tutti insieme visto che la sanità italiana potrebbe avrebbe difficoltà a curare nello stesso momento troppe persone. Ma, sottolineo, non per la gravità dei quadri clinici”. Dalle parole della dottoressa, in parte rincuoranti, si evince come alla base della criticità ci sia la mancanza di risorse per affrontare, tutta in una volta, l’emergenza virus. Come qualunque problema, se affrontato step by step, senza farci coinvolgere da un’isteria collettiva – seppur in parte giustificata vista l’inedita situazione a cui si deve far fronte – potrebbe assumere un’altra forma. Oltre alle adeguate misure di prevenzione, è quindi opportuno non diffondere fake news e informare conoscenti, familiari e amici sulla reale situazione. Questo è già un primo passo per combattere la malattia.