Prosegue la nostra intervista a ‘episodi’ a Tiziana De Tora e Marco Papa, che hanno pedalato per 1233 km per diffondere i principi del simbolo trinamico di Michelangelo Pistoletto e portare la sostenibilità nei luoghi in cui si fermavano ispirandosi all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. I due ambasciatori Rebirth/Terzo Paradiso, dal 5 al 25 agosto, hanno viaggiato in bici lungo il percorso che attraversa i confini di 4 stati (Svizzera, Francia, Germania e Paesi Bassi) e li unisce, di fatto, fisicamente e geograficamente, mediante una linea d’acqua. Per comporre il mosaico della loro avventura, andiamo a metterne in luce ogni parte in una serie di articoli che vi proporremo settimanalmente sul nostro Journal. Pronti a scoprire la loro storia? Vi proponiamo la seconda puntata (per leggere la prima cliccare qui).
Cosa vi ha lasciato dell’esperienza? C’è un aneddoto significativo che non dimenticherete mai?
Quando parti per un viaggio, è diverso da una vacanza: la scoperta ti impone dei codici di interpretazione completamente differenti, donando ai tuoi sensi una maggiore attenzione e ai tuoi occhi una memoria dello spazio. Il senso stesso della percorrenza si amplia, lasciando che le prospettive conducano ad un punto lontano dall’indifferenza.
Noi, già da diversi anni, abbiamo deciso di non andare più in vacanza, ma di viaggiare per metterci in gioco e fare del viaggio stesso una provocazione e un mezzo di riflessione.
Quest’anno ci siamo assunti un impegno più forte: dare una risonanza al processo progettuale, relativamente al nostro ruolo di ambasciatori Rebirth/Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto, facendo in modo che il percorso fosse comune per chiunque volesse seguirci e trarre una consapevolezza dei propri mezzi per emularci.
L’esperienza ci ha lasciati intatti nella responsabilità del linguaggio: il ‘viaggesco’ è fiabesco ed ‘evolvente’, traducendo l’immaginazione e il sogno in un battito allenato alla visione.
Non dimenticheremo facilmente quei dieci minuti nei quali, a Colonia, il cielo è passato dal sole di un tramonto al nero di un temporale irruento e al bianco di una serie incalcolabile di fulmini sul Reno, quasi stessero illuminando il paesaggio per l’atterraggio delle stelle, il tutto condito dalla pace dello sguardo del responsabile del camping, che, riferendosi alla peculiarità climatica di quei luoghi, ne raccontava la normalità!
Con quest’ultimo ne è nato un confronto umano sulla difficoltà del comunicare, in diversi modi e diverse lingue, gli stessi concetti, apportando validi esempi riguardanti le molteplici sfumature che impongono costumi e abitudini per ciascuna cultura o nazionalità. Dalla comune generalizzazione sulle differenze folcloristiche agli effettivi fattori ambientali che producono le ‘sbavature comportamentali’ (quelle che generano un ormai impenetrabile egoismo), per arrivare all’eroismo intellettuale di chi lavora per rigenerare la coscienza di un bene globale.
Questo è l’incredibile di questi viaggi: la capacità di relazionarsi, per urgenza ed effettiva necessità, abbattendo le barriere che sospendono la condivisione! È questo tipo di viaggio a darti quella libertà specifica, non programmabile, inestimabile, traducibile in una incontenibile facoltà di intendersi ed accogliersi!
Guardare diventa vedere, e viceversa, oltre il velato delle difese prodotte dal malessere. Incontrarsi, per strada, da subito, crea una tangenza diretta, una trasversalità di interessi possibili, una reciproca apertura alla diffidenza o alla curiosità, ma comunque al prodotto positivo: una risposta è un ‘più’. E quando si è in due, in coppia ancora meglio, ci si presenta con una disponibilità alla moltiplicazione.
Quando dal viaggio torni alla vita che ci si ostina ad etichettare come ‘reale’, bisogna essere onesti, al punto di cambiare direzione: forse è proprio questa la risposta più profonda alla domanda. È ora di cambiare direzione! Cambiare prospettiva!