Arte dell’equilibrio #72 | Luca Timpani, come saluterai?
L'avvocato e art influencer è il 72esimo partecipante dell'iniziativa "Arte dell'equilibrio/Pandemopraxia" lanciata da Cittadellarte. Luca Timpani propone un'analisi sul ruolo che nel corso della storia hanno ricoperto la stretta di mano e il bacio, "usanze millenarie" che con l'avvento del Coronavirus stanno venendo meno. L'ospite risponde poi alla domanda di questa puntata della rubrica: "Al momento - ha affermato - credo sia presto per dire quando i saluti riprenderanno piede in luoghi di lavoro, riti religiosi, eventi sportivi o ad una cena tra amici, ma sono convinto che la forza di quel bisogno, quella necessità di connessione basata sulla natura umana sia più forte della paura di una pandemia".

Come saluterai?

Coronavirus: vietato baciarsi, abbracciarsi e darsi la mano.

Alla base delle sempre più restrittive misure che tutti i paesi stanno prendendo per affrontare l’emergenza sanitaria in corso, c’è la necessità di evitare contatti ravvicinati tra le persone.
Ormai da mesi infatti, gli esperti ci chiedono di ridurre i momenti sociali, le uscite e di evitare i contatti fisici. In poche parole, ci è stato chiesto di rinunciare alle nostre abitudini, ai nostri calorosi “Ciao” e alla nostra italianità.
Ma si possono cancellare usanze e gesti così radicati nella nostra cultura?
In effetti le nostre vite sono piene di toccanti rituali che creano sentimenti di connessione tra le persone, sia letterali che psicologici.

Stele epigrafica greca del quarto secolo, 405 a.C. (Wikimedia)

Se andiamo a scavare nel passato – e l’arte in questo caso può esserci di grande aiuto – scopriamo che i saluti sono usanze millenarie che hanno avuto significati diversi nel corso della storia, tanto da sviluppare una coreografia ed una simbologia automatica nel nostro quotidiano.
La stretta di mano, per esempio, è un gesto che risale a tempi antichissimi e già in epoca remota era un simbolo di concordia universale. Se ne trovano le prime tracce in epoca babilonese, nell’incontro tra il re assiro ed il comandante di Babilonia, come raffigurato dal trono di Shalmaneser III conservato al museo nazionale di Baghdad.
Nel mondo classico invece, la stretta di mano compare su vasi, tombe e templi nelle scene di matrimoni o riti funerari. In Grecia per esempio, ve ne sono i primi richiami nell’Iliade e nell’Odissea e, in campo figurativo, si ricorda l’immagine di due dee (Hera e Atena) che si cingono in segno di rinnovato accordo in una stele del V secolo a.C. conservata al museo dell’Acropoli di Atene.

Cambiano i contesti, ma le strette di mano simboleggiano una condizione di fiducia e mutualità fino ai giorni nostri, quando continuano ad essere usate in segno di rispetto, pace e di alleanza.
Con il cristianesimo invece, è nato il rito del “bacio” che fu introdotto dapprima in ambito divino, per poi essere usato nelle cerimonie religiose. Nella “Lettera ai Romani”, San Paolo istruiva i seguaci a “salutarsi con un santo bacio”.
I musulmani baciano ancora la pietra nera alla Mecca, gli ebrei baciano il muro del pianto a Gerusalemme, mentre i cattolici usano baciare i piedi al Papa (o l’anello ai cardinali) come segno di estrema devozione al sovrano.
Per secoli il bacio ha simboleggiato (e simboleggia) oltre che un gesto d’amore, un segno per suggellare accordi, amicizia o addirittura infedeltà.

Basti pensare al bacio di Giuda, raffigurato in decine di dipinti (come quello di Giotto nella Cappella degli Scrovegni), o ai più contemporanei baci di Klimt, Roy Lichtenstein o Bansky.
Al momento credo sia presto per dire quando i saluti riprenderanno piede in luoghi di lavoro, riti religiosi, eventi sportivi o ad una cena tra amici, ma sono convinto che la forza di quel bisogno, quella necessità di connessione basata sulla natura umana, sia più forte della paura di una pandemia.
Per ora ritengo sia utile (oltre che vantaggioso) migliorare altri tipi di comunicazione. Potremmo essere più creativi e andare oltre i nostri limiti, testando nuovi concetti di espressione e magari utilizzando le arti come campi di ricerca per le generazioni future. Di fatto, potremmo imparare a comunicare utilizzando più sensatamente le parole (e per questo ringraziamo l’infinito vocabolario della lingua italiana), o accompagnando quelle semplici frasi stereotipate quali “Ciao, come stai?” con profondi contatti visivi o con più accentuati e vivaci movimenti corporei… in fondo, a noi italiani, piace tanto gesticolare!

Luca Timpani
@concettotimpani
www.concettotimpani.com

 


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