Dove abiterai?
Case e Città dell’Anima dall’infinito plurale
Il percorso di una nuova idea di futuro
Abiterò in case e città intelligenti, flessibili, mutevoli, interconnesse, dove potrò finalmente coltivare un’etica della mente e del corpo alla ricerca dell’infinito plurale, delle culture, dei segni e dei linguaggi dell’uomo.
Abiterò spazi e luoghi coltivabili come in un ‘orto della mente’, Case e Città dell’Anima, felice sintesi di una misura dell’esistenza tra identità e bellezza. Una misura altra ripensata sull’equilibrio dei valori e sul dialogo tra psiche e fisicità, tra uomo e ambiente.
Coltiverò, quindi, spazi e territori che sappiano ritrovare il senso del vuoto e del pieno, capaci di coniugare arte, architettura, tecnologie, lavoro, culture e natura, in un’idea di polis in grado di interconnettersi con la molteplicità, la complessità e l’interculturalità della nuova condizione glocal; un luogo di incontro creativo dell’articolazione delle differenze e delle identità come valori fondanti di una società.
La pandemia, con la sua tempesta e modalità terrificanti, ha svelato il limite della condizione urbana e ha posto l’urgenza di una diversa misura dello spazio dell’esistenza e delle relazioni umane, ossia ‘Misura dei Valori’ contro i disvalori della negazione, incentrati su quell’idea di consumo di cui il mondo globalizzato ha fatto la sua ragione speculare. Ora un futuro segnato da possibili emergenze ci impone di ripensare tutto ciò.
Il metron è errato, dunque, perché fuorviante; ha geometrizzato il mondo impoverendolo di umanità e spiritualità. La casa intelligente, post-Covid-19, non corrisponde più ai criteri normativi, funzionali e tecnici dello stile razionalista. Occorre dare nuova forma al corpo e l’anima della città, dell’architettura, della casa; pensare, quindi, un habitat multiforme, adattabile ad ogni condizione e mutazione, carico di una bellezza quale sintesi di un nuovo rapporto tra uomo natura e artificio.
Una casa plurale, dunque, che sappia adattarsi alla realtà globale del circuito della comunicazione, pronta a reinventarsi dinanzi alle sfide e alle incognite del futuro. Una casa dotata, allora, di ogni strumentazione tecnologica e digitale, concepita con spazi attrezzati a rispondere alle nuove esigenze lavorative, di apprendimento, di cura della salute, e finanche di interscambio comunicativo e socializzazione. Casa non più soltanto ‘paradisiaco’ luogo della sfera individuale ma spazio ‘condiviso’, multifunzionale, autosufficiente nella sua suggestiva articolazione, tutta da reiventare.
Una casa ‘pezzo di città’, non per rinchiudersi ma per aprirsi ad una nuova idea di polis libera dall’inquinamento e dai condizionamenti perversi di uno sviluppo senza senso. Riprogettando la casa riprogetteremo allora la città, lo spazio pubblico, annulleremo il centro e le periferie, salveremo l’idea di città.
Nei prossimi decenni occorrerà accorciare sempre più le distanze tra la casa, la strada, la rete, il web, ricostruire l’identità dell’uomo capace di adattarsi alla nuova realtà globale. Ecco le città del terzo millennio, ‘città d’arte e case intelligenti’.
Abiterò allora forme plurali come insieme di assonanze e dissonanze, di unità e disunità, uno spazio dove le idee e i progetti di una comunità si impongono alla ricerca di nuovi confini e spazi di libertà. Una multipolare visione del tempo e dello spazio, in cui interferenze e connotazioni plurali interagiscono in uno scenario che invita ad uno nuovo alfabeto del pensiero creativo e della forma per una diversa cultura etica ed estetica.
Come artista, architetto, teorico, al di là di ogni formalismo ed estetismo, ho sempre pensato la forma come trasfigurazione del pensiero umano, visione creativa dell’unità globale.
Dinanzi l’imperante bellezza formale dell’estetico, ho contrapposto per anni la bellezza plurale dell’artistico, la sua illuminante, visibile trasversalità. Ecco perché non ho mai cercato lo stile ma la forma, lo stile che per molti è divenuto ben presto rifugio e trionfo dell’autoreferenzialità, negazione della forma, dell’architettura e della cultura. Così la vulgata dei poteri ha distrutto identità, luoghi, valori, città e paesaggi.
In posizione dissonante e marcatamente eretica in questi anni ho difeso la ricchezza e il fascino di una nuova identità formativa rilanciando con tanti compagni di viaggio una diversa cultura del progetto coniugando ricerca e sperimentazione, attraversamenti e contaminazioni. Con molti di loro in più occasioni, contro i rischi di una deriva urbana, senza precedenti nella storia dell’urbanistica, ho difeso l’unità e l’equilibrio della bellezza plurale, costruita in tanti secoli di storia, denunciando l’alienante condizione di fuori luogo in cui sono costrette a vivere tante comunità, defraudate di identità, culture e vocazioni.
E pur non avendo mai amato la pluralità, ho sempre cercato il plurale, l’unità delle differenze, l’unità dei percorsi impossibili, il dialogo e l’ascolto delle diversità, lo spiazzamento degli orizzonti capovolti, gli eretici percorsi della trasversalità e dell’articolazione multipla, come arte del costruire.
Ecco perché abiterò in ‘Case e Città dell’Anima’ dall’infinito plurale.