Arte dell’equilibrio #76 | Fabio Bix, come ti divertirai?
L'artista è il 76esimo partecipante dell'iniziativa "Arte dell'equilibrio/Pandemopraxia" lanciata da Cittadellarte. Fabio Bix, in un gioco di specchi, ripercorre il percorso temporale che l'ha portato a divenire un artista, delineando le caratteristiche delle sue opere. L'ospite di questa puntata si focalizza poi sulla domanda chiave della rubrica e rivela come vorrebbe divertirsi nel futuro, immaginando un dialogo tanto semplice quanto profondo con la nipote.

Come ti divertirai?
Sono lento, lento, lento… ci ho messo 30 anni a diventare bambino.
A 33 sono venuto al mondo sul serio, cioè ironicamente, ossia ho iniziato a scrivere non solo cartoline da Igea Marina, bensì libri, testi teatrali, rubriche su quotidiani e riviste, in cui gioco e ironia erano tratti distintivi di una poetica che sorprese, in primis, me stesso.
Verso i 40 mi scoprii artista visivo: dapprima, nelle scarpe, ho scovato volti; poi, non sapendo cucinare né disegnare, ho cucinato disegni con la pastasciutta che mi era scaduta; con le carte da poker ho scolpito il vento; negli scarti dei marciapiedi ho inciampato lo sguardo in favore di una cosmogonia di elementi figurativi sorprendenti; infine, ora, da circa 3 anni, scolpisco fazzoletti di carta da naso facendoli sembrare maestose sculture marmoree grazie a giochi di prospettiva coi palazzi e le piazze più belle del mondo.

Nel labirinto degli specchi che è la memoria, quella visiva fu l’unica scheggia affilata su cui potevo contare da giovane (non ho ricordi della mia infanzia né di quel che ho fatto un mese o un giorno prima). Ultimamente mi sta abbandonando anche la memoria visiva.
Già: io continuo a esser lento e la mia perdita di memoria è sempre più rapida.
Mi chiedi come mi divertirò?
Mi immagino già, davanti allo specchio, mentre mi dico “mmh… questo tizio l’ho già visto. Mi sembra di conoscerlo”, ma sarà una stagione breve. Presto verrà il tempo in cui nemmeno lo specchio potrà restituirmi a me stesso. Allora mi divertirò a vedere mia nipote ridere di me, mentre assieme alle foglie mi cadrà un dente, io lo raccoglierò, lo osserverò stupito, le dirò che forse è una pepita d’oro o che a ben grattarlo ne verrà un diamante o un genio della lampada. Lei mi farà notare che ha le radici. “Quindi se lo piantiamo – le dirò – crescerà un albero di biglie luccicanti con cui tutti i bambini che siamo potranno giocare!”. Lei sussurrerà che i miei occhi sono biglie in cui si specchia il mondo.
Io le chiederò di avvicinarsi – perché a quel tempo si potrà stare vicinissimi – e le dirò: “Guarda bene, guarda meglio e dimmi cosa vedi riflesso…
Lei dirà “Io!
Tu?
Sì. Nei tuoi occhi sono riflessa io”.
Allora avevi ragione!: nelle biglie che sono i miei occhi sì specchia il più bello dei mondi possibili, ossia tu, gioventù!”.
E rideremo. Di brutto. Anzi, di bello! Stretti in un abbraccio, certo. Perché a quel tempo non solo sarà possibile, bensì l’abbraccio sarà la più naturale delle abitudini che questo periodo ci avrà lasciato in dote. Da abbinare alla fantasia, che nessuno ci può portare via…

Fabio Bix

 


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